Serenità.
L’arte di saper invecchiare
di Wilhem Schmid
Traduzione di
Federico Ferraguto
Fazi Editore , 2015
pp. 90
euro 14
Prendo a prestito le parole di Marco
Paolini che, nel suo spettacolo Album di
Aprile, fa un monologo che recita più o meno così:
Adulto deriva dal latino adolescere che vuol dire
crescere.
Io oggi conosco molti più adulteri che adulti.
Crescere significa che le tue possibilità, infinite
in giovinezza, si sono seccate e che è arrivato il momento di lasciare spazio a
quelli che sono venuti dopo di te, altrimenti fai tappo
Ecco allora perché il libro Serenità. L’arte di saper invecchiare del
filosofo Wilhelm Schmid è tanto prezioso: perché c’insegna, senza nessun tipo
di “lezione frontale” bensì tramite l’esperienza (la carica da 90 che reca con sé con la vecchiaia),
la propria di esperienza, di come si possa
affrontare la vita.
Fazi Editore pubblica questo testo, inserito all'interno della colonna Campo dei Fiori e tradotto in
modo eccellente da Federico Ferraguto, nell’ambito di una sorta di “scuola di vita” che assieme al sessantenne
pensatore bavarese sta affrontando attraverso una serie di volumi che hanno
tutti caratteristiche non dissimili, le quali si assommano soprattutto nell’ultimo
episodio, giustappunto questo. È un libro agile, di breve durata ma di pesante
significato, in cui l’argomento, l’arte
del saper invecchiare (con quell’elisione della e finale di invecchiare tremendamente e fascinosamente agée) viene
diviso in dieci capitoli che l’affrontano da diversi punti di vista. Pur essendo
fondamentalmente molto più un libro di filosofia che un “manuale di vita”, il
linguaggio è semplice, piano, non si utilizzano continui (e talvolta inutili)
riferimenti a filosofi o pensatori del passato e non c’è alcuno spazio, se non
veramente limitatissimo, a parole di uso strettamente
tecnicistico. È una sorta di lunga chiacchierata, magari in una caffetteria
immersi nell’odore della crema nera (uno
dei motivi per i quali la vita va vissuta, scrive lo stesso autore),
durante il quale Schmid fa, in prima battuta, i conti con se stesso e
facendolo, in seconda, fa anche i conti con noi guidandoci con mano, come una
sorta di nonno che accompagna il nipotino al parco, attraverso i migliori sentieri
per affrontare in modo degno e consapevole la vita. Questo piccolo manualetto
può anche essere considerato, in numerosi dei suoi capitoli, anche come una
specie di mini-guida per “le buone maniera della vita”. Per fare un esempio
quante volte, nella nostra frenetica e ansiogena vita, ci troviamo a camminare
dietro ad una signora o signore anziano e sbuffare come delle locomotive, non
riuscendo proprio a capire come si possa “camminare così piano” e domandosi se
quella vecchina dai capelli azzurrognoli
o quel signore col soprabito kaki non “lo facciano apposta ad essere così lenti”.
Seppur possa sembrare un ragionamento puerile e di bassa levatura, anche il
filosofo se lo fa e scrive
Nessuno può scegliere il decorso della propria vecchiaia, e tanto meno può farlo nell’ultimo quarto della sua esistenza. Nessuno ha deciso di indebolire le ginocchia oppure di finire depresso o demente. Nessuno vuole piegarsi o raggrinzirsi. Ma succede. Per questo la modernità ha creato spazi extraterritoriali per chi è avanti con l’età e per chi è molto vecchio, come i ricoveri o gli ospizi, dove non è necessario tener dietro alla velocità della vita. In questo modo li salva dai giovani, che gli corrono sopra, o dalle macchine che li investono. Li sottrae al traffico di tutti i tipi, anche per non sentirti obbligata a tenerne conto. Pure a me capita spesso di urtare, mentre cammino, persone anziane. Io, che ancora sono un giovane vecchio, un “junior senior”, le considero troppo lente. Il fatto di essere incapace di capire come si faccia a camminare così lentamente è ingiusto e non è certo un segno della mia serenità. Queste persone si fermano in ogni momento per trovare un respiro e io penso che sono davvero vecchie, molto più di me. Non riesco a realizzare che tra poco sarò uno di loro.
Ecco il tono che usa Schmid per la
disamina delle diverse situazioni. Serenità. L’arte di sapere invecchiare è un
libro non soltanto utile oggi, ma lo sarà anche domani e doman l’altro. In fondo in una società che idolatra la “filosofia”
del “per sempre giovani” della canzone Forever
Youg degli Alphaville, non bisognerebbe mai scordarsi di quanto scrive Neil Young in un’altra
canzone, l’indimenticabile Old Man:
Old
man look at my life
I’m a lot like you were
old man look at my life
I’m a lot like you were
I’m a lot like you were
old man look at my life
I’m a lot like you were
E se a dirlo, anzi a
cantarlo è un artista del calibro di Neil Young, non sarebbe male prestargli
ascolto. In fondo, è stato giovane anche
lui. Questo libro parla anche di noi, solo a partire da domani.
Mattia
Nesto
Social Network