Letteratura italiana. La storia, i classici, l'identità nazionale
di Alberto Asor Rosa
Roma, Carocci (Sfere), 2014
pp. 253
€ 19,00
Carocci,
del cui “Bollettino di Italianistica” Asor Rosa è stato direttore nel decennio
2004 – 2013, ha raccolto e pubblicato nel 2014 undici tra interventi, saggi,
riflessioni, lezioni e conversazioni dell’italianista romano classe 1933.
Autore
di saggi determinanti nel panorama della critica letteraria contemporanea dagli
anni Sessanta (tra tutti, Scrittori e
popolo, Samonà e Savelli, 1965; Genus
italicum, Einaudi, 1977), cattedra di Letteratura italiana alla Sapienza di
Roma tra 1972 e 2003, ideatore e direttore della Letteratura italiana Einaudi (23 volumi tematici pubblicati tra
1977 e 2001), Asor Rosa è un riferimento per chi, avventurandosi nella
storiografia letteraria, cerchi mappe definite e chiare, per orientarsi intorno
a periodi storici, generi, correnti, autori.
I
suoi saggi, per citarne alcuni, sul romanzo italiano (“La storia del ‘romanzo italiano’? Naturalmente una storia ‘anomala’”,
apparso nel terzo volume Einaudi della Grande Opera Il romanzo, a cura di Franco Moretti), su Pinocchio (“Le avventure di
Pinocchio”, nel terzo volume delle Opere
della Letteratura italiana Einaudi, Dall’Ottocento al Novecento) sul Novecento
europeo (“Per una interpretazione del
Novecento”, all’interno del terzo volume Mappe della letteratura europea e mediterranea. III. Da Gogol’ al
Postmoderno, a cura di Gian Mario Anselmi, Bruno Mondadori) sempre
accessibili e discorsivi nello stile, fanno luce sui profondi legami tra opera,
operare letterario e contesto storico, artistico, culturale di riferimento.
Delle
obiezioni di fondo che sono state mosse al suo metodo (una letteratura troppo
sottomessa alla storia; una prospettiva severamente desanctisiana-Croce-gramsciana
del cammino letterario italiano che procede inevitabilmente e positivisticamente
ad un culmine, ad un acme finale; una rigidità non del tutto suffragata dai
fatti letterari nel costruire “equazioni perfette” tra opera e contesto, evento
ed effetto), l’unica che forse val la pena ricordare, è aver individuato in
Calvino (nel Calvino intero, e per quanto riguarda la storia del romanzo
italiano, nel Calvino di Se una notte
d’inverno un viaggiatore e nelle sue Lezioni
americane, che chiudono, a suo dire, il Novecento e il cammino del Secondo
Millennio), nella sua opera, il culmine del percorso del romanzo italiano,
della prosa italiana. Dico che vale tenere in vita l’obiezione a questa scelta,
perché il libro del 1979 di Calvino – e l’opera in prosa, forse – appare troppo
debole per reggere, prova ultima, l’intera struttura del ragionamento, che pure
è sensato.
Si
potrebbe dire che un discorso valido nelle sue linee essenziali (il cammino del
romanzo italiano da Manzoni agli anni Settanta), cada allorché Asor Rosa
sceglie, al termine del percorso, un romanzo che non è all’altezza degli esempi
precedenti, e che meno si adatta a servire lo scopo del critico, che meno si
presta a essere riconosciuto termine del romanzo del Novecento italiano, del
romanzo italiano, ultima acquisizione da cui dover partire, per poter scrivere
ancora.
A
parte ciò, ad Asor Rosa va riconosciuta l’attenzione al rapporto tra
letteratura e storia che, al di là delle novità della critica letteraria del
Novecento, e dei suoi approcci metodologici recenti – dallo strutturale al
semiologico, e di cui comunque il critico ha tenuto conto e, nel tempo, si è
avvalso – è propedeutico a chiunque voglia avvicinare un’opera o uno scrittore.
Solo
la miopia di una certa critica letteraria rivendica la necessità di studiare
l’opera senza incistarla nella storia, anzi svincolandola, ritenendo ciò
superfluo, se non riduttivo del fatto letterario in sé. Soprattutto
nell’insegnamento universitario, in tempi di deflagrazione di ogni sistema e
gerarchia del sapere, l’approccio storiografico – anche storicistico – dovrebbe
essere premessa necessaria ad ogni corso perché, se è vero che si deve leggere
l’opera come un assoluto dal contesto, non si può nemmeno abdicare alla
spiegazione, al racconto necessario del tempo e dello spazio in cui essa ha
visto la luce, pena una formazione mozza, un disordine, una poca cognizione
della letteratura nella storia che va a detrimento dell’opera stessa, della sua
comprensione. Prima di qualsiasi approccio, metodo e strumento, lo
storiografico, la cognizione storica, è ineludibile e essenziale a tutti gli
altri, punto di partenza che non si può dare per scontato.
Gli undici interventi della silloge Carocci, suddivisi in cinque parti, quasi tutti già pubblicati singolarmente in altri libri (di cui si consiglia, sempre a cura di Asor Rosa, Letteratura italiana del Novecento. Bilancio di un Secolo, Einaudi, 2001), trattano del rapporto tra storia e letteratura, della questione dei classici, del Novecento, del problema del metodo.
Alla
prima parte in cui si enunciano – nel primo saggio, con fin troppa chiarezza
forse – principi fondamentali dell’epistemologia letteraria, e
dell’italianistica in particolare, segue una seconda in cui il critico si
interroga sul concetto di canone (“Il
canone delle opere”) e su quello di classico (“Il tempo dei classici”), fino ad una conversazione con Corrado
Bologna sul legame tra questi due concetti.
Con
“I fondamenti epistemologici della
letteratura italiana del Novecento” si apre la parte dedicata al Novecento,
seguita dalla più importante, la quarta, in cui si dibatte di “Metodo e non metodo della critica
letteraria”.
È
importante, la quarta sezione, perché essa ospita, rivisto in forma di saggio,
l’intervento “Su storia, geografia
e…letteratura”, in cui Asor Rosa stronca l’operazione, a cura di Gabriele
Pedullà e Sergio Luzzatto, dell’Atlante
della letteratura italiana, (tre
volumi usciti tra 2010 e 2013 per Einaudi), che avrebbe voluto percorrere la
storia della letteratura italiana da una prospettiva geografica – sulle orme di
Carlo Dionisotti e del suo pionieristico Geografia
e storia della letteratura italiana, Einaudi, 1967 – e che invece è
risultata essere una disordinata miscellanea di saggi, legati fragilmente da
alcuni riferimenti spazio-temporali, peraltro non del tutto condivisibili, quando
non fortemente arbitrari (manca del tutto, rileva Asor Rosa, ad esempio, nel
primo volume, una sezione dedicata ad una “Età
siciliana”, fondamento di tutta la
letteratura successiva, della letteratura italiana tout-court).
Il
saggio è importante, anche se forse troppo caustico, soprattutto se si tiene
conto che i curatori dell’Atlante,
per tutta risposta alle obiezioni su metodo e struttura dell’opera, si sono
limitati a tacciare Asor Rosa di stizza livorosa perché, forse, non più figura
così importante del mondo Einaudi, di cui è stato per tre decenni elemento
essenziale.
Chiude
il libro l’ultima sezione, personale, che ospita, oltre un saggio sul libro di
Manfredi Tafuri, Progetto e utopia.
Architettura e sviluppo capitalistico, Laterza, 1973, il discorso che Asor
Rosa tenne alla Sapienza di Roma al momento del congedo dall’insegnamento
universitario, nel 2003, “Cinquantadue”.
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