Eureka Street
di Robert Mcliam Wilson
Fazi editore, 2015
traduzione italiana Lucia Olivieri
pp. 388
Euro 18.50
Tutte le storie sono storie d'amore
Un incipit folgorante apre Eureka Street, il romanzo più celebre di Robert Mcliam Wilson da poco riedito da Fazi per il pubblico italiano, e immediatamente rivela al lettore una delle numerose chiavi di lettura del romanzo mentre, capitolo dopo capitolo, sentenze e brani non dissimili per il grado di partecipazione che sanno suscitare nel lettore, si susseguono nella storia. Ed è, almeno per la sottoscritta, un romanzo di contraddizioni, tali sono i sentimenti contrapposti che questo libro ha fatto nascere in me: la cruda bellezza di alcune pagine, il difficile contesto storico sociale mirabilmente evocato dall’autore che diventa a tutti gli effetti protagonista del romanzo, quella Belfast degli anni Novanta in cui il quotidiano è scandito da attentati e paura, mi hanno catturata totalmente; mentre non con la stessa partecipazione ho seguito la vicenda personale dei due protagonisti, Chuckie e Jake, le cui vite si intrecciano a tanti altri personaggi sopra le righe, bizzarri e disperati in un fiume difficile da arginare di abbandoni, alcol e risse, famiglie disfunzionali, violenza e povertà, milionarie imprese fondate sul nulla, amori incredibili. Un microcosmo popolato da personaggi improbabili per cui è difficile non provare un certo affetto, ma dalle cui vicende dopo un po’ si finisce anche per essere sopraffatti. Dove la storia di questi trentenni non riesce a conquistare fino in fondo il lettore – o forse solo me, chi può saperlo? – le incertezze e i sogni di questi stessi uomini che dal caos di un quotidiano scandito da attentati e violenza cercano in qualche modo di non farsi sopraffare sono per me ciò che rende la commedia umana messa in scena da Wilson una piccola perla da riscoprire.
Non mi soffermerò sull’incredibile vicenda biografica dell’autore stesso - che chiaramente ha fornito non poco materiale per il romanzo - a chi ancora non la conosca basta una rapida ricerca online per apprendere sommariamente come sia approdato alla scrittura dopo momenti di difficoltà; nè voglio dilungarmi troppo sulla trama che è solo una delle componenti della storia e, per certi versi, nemmeno la più importante: al centro della scena due amici d’infanzia, Jake e Chuckie, cattolico il primo e protestante l’altro, in una città dove le tensioni sociali e politiche sono arrivate al culmine eppure capaci tra loro di un affetto profondo, viscerale, naturalmente disinteressato a differenze religiose, politiche, culturali. Chuckie è un sempliciotto, grassottello e insicuro, cresciuto da una madre single (il padre, li aveva abbandonati molto tempo prima) che, al pari degli altri, rimane del tutto allibita dall’inatteso successo negli affari del figlio; senza particolari talenti o cultura, se non una fantasia sfrenata che mette insieme progetti strampalati e del tutto irrazionali, Chuckie riesce infatti a creare un impero – di cosa precisamente non lo sa neppure lui – e, fatto ancora più straordinario, conquista l’affetto di un’americana bellissima e intelligente dal pesante fardello emotivo che dagli Stati Uniti l’ha condotta a Belfast. Jake, che del gruppo è il più sensibile, complesso e solo, ha come molti un passato di abbandoni, violenza e guai, finchè la giusta famiglia adottiva gli ha dato un’opportunità; diventato adulto sembra incapace però di superare la fine di una relazione importante, tra un lavoro e l’altro, una birra e l’altra, ciò che disperatamente cerca è qualcuno da amare e uscire da quel baratro di disperazione e solitudine che a tratti sembra consumarlo. Intorno a loro il gruppo di amici trentenni, proletari e incasinati almeno quanto i protagonisti, ognuno a suo modo impegnato nella lotta alla sopravvivenza, qualche figura genitoriale sullo sfondo, ragazzini allo sbando, attivisti politici e terroristi, vagabondi, amori da una notte e poliziotti violenti.
La narrazione in terza persona – della storia di Chuckie, della situazione politica – si alterna alla voce malinconica di Jake che accompagna il lettore nella sua vita, tra le strade di quella città che nonostante tutto ama così profondamente, in un quotidiano scandito dal rumore sempre più vicino degli attentati ma a cui Sarah, la compagna di Jake, è sfuggita, stanca di quella vita.
Seduto davanti a casa, i rumori della notte sembravano quelli di un vecchio disco rigato. Lontani cigolii di vecchie auto usate, il sordo ronzio degli elicotteri sopra le case, la risata di una donna, simile allo stridulo verso di un uccello ostinato. Infine, da West Belfast, lo spietato quartiere all’altro capo della città, giunse una raffica di colpi che forse erano spari, forse no. Poi il silenzio.
Romanzo di formazione, storia di amicizia virile, di amore e solitudine, di dubbi, insicurezze e problemi di persone comuni in una città e una nazione da tempo immemore impegnata in una feroce lotta, per mezzo di una narrazione perennemente in bilico tra crudo realismo e istanti più lirici. Belfast, crudele e bellissima, il caos della politica che si riflette sulla vita privata e rende difficile trovare un punto fermo, la stabilità. In quelle parole di Jake con cui il romanzo si apre c’è già traccia di tutta la profonda solitudine e malinconia del personaggio, eroe romantico mosso dall’ardente desiderio di arginare questo caos grazie all’amore:
Ci sono delle notti in cui ti rendi conto di avere ormai trent’anni e la tua vita ti sembra ormai agli sgoccioli. E pensi che non riuscirai mai a concludere niente e che nessuno ti bacerà mai più.
Nei sorrisi di una cameriera, negli sguardi timidi di una ragazzina, nel bel mezzo di una manifestazione di pace degenerata in rivolta, cerca il conforto necessario per superare la fine della relazione con Sarah e uscire dalla solitudine. Chuckie invece è in fondo più ottimista e spensierato, meno incline alla riflessione, ma anche per lui l’affetto di una donna avrà risvolti inattesi.
Entrambi – così come altri personaggi di questa storia - in modo differente si confrontano con la paternità: padri assenti o mai conosciuti, di sangue o elettivi, paternità inaspettate ed altre negate, semplice istinto di affetto e protezione o desiderio viscerale di creare una famiglia propria. E così la maternità: sofferta, negata, rifiutata, a volte conflittuale e irrisolta altre volte semplicemente istintiva.
Su tutto, ancora, domina quello sfondo storico sociale più volte citato che si fa protagonista, l'attualità politica di un passato storico recente: Belfast, gli anni Novanta e le tensioni tra cattolici e protestanti, l’Ira, le bombe, la paura, la devastazione:
Per quanto incantata e sfavillante, Belfast parla chiaro. Le bandiere, le scritte sui muri e i fiori sui marciapiedi parlano chiaro. È una città in cui la gente è pronta a uccidere e a morire per pochi brandelli di stoffa colorata. Questo si aspettano i due popoli che l’abitano, divisi da quattro, o otto, secoli di differenze religiose e civili. Un’assurdità, un rompicapo che avvelena il sangue, una spirale senza fine che impedisce ogni cambiamento.
L’ennesimo attentato questa volta colpisce più da vicino i protagonisti della storia, segnando quasi uno spartiacque in un prima e un dopo dominato comunque dal caos; ma la bomba a Fountain Street in qualche modo è differente e la narrazione stessa si fa più dettagliata, l’attentato non è più rumore e fuoco in lontananza o l’ennesima notizia annunciata alla radio, è qualcosa di vicinissimo di cui essere testimoni diretti, in cui le vittime vengono presentate ognuna con la propria storia mentre il narratore ricostruisce la scena:
Tali eventi sono messaggi. Sono stati concepiti per dirci qualcosa, o almeno per indicarci qualcosa: non sono fine a se stessi, sono delle dimostrazioni. Guardate cosa siamo capaci di fare, dicono. Guardate cosa siamo capaci di fare a tutti voi.E noi ne siamo atterriti. Ma è proprio il nostro terrore lo scopo che si prefiggono, non per nulla sono detti atti di terrorismo. La loro essenza, la sostanza e il frutto di questa massiccia operazione di relazioni pubbliche è la reazione della cittadinanza.
È romanzo ma è anche, purtroppo, una pagina della storia recente che assomiglia a molte altre storie nel mondo, di ieri e di oggi, in cui il terrorismo si chiama con sigle differenti e ogni volta cerca il modo di giustificarsi.
di Debora Lambruschini
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