L’intestino
felice
di Giulia Enders
Sonzogno, 2015
Traduzione italiana Paola Bertante
pp. 251
euro 16,50
di Giulia Enders
Sonzogno, 2015
Traduzione italiana Paola Bertante
pp. 251
euro 16,50
Quando si arriva in fondo a L’intestino felice di Giulia Enders si hanno due reazioni,
una consequenziale all’altra: la prima, immediata come le risate improvvise che
pagina dopo pagina le similitudini della ricercatrice tedesca ci hanno
strappato, è più o meno “e io che credevo
fossero solo budella” e la seconda, leggermente più lenta ad arrivare ma
inesorabile è “ci penserò due volte prima
di strafogarmi senza ritegno di gelato alla vaniglia per una delusione d’amore”. Già perché il
libro edito da Sonzogno e brillantemente tradotto da Paola Bertante è una
divertente, ironica e interessante esplorazione del nostro “intimo più intimo”:
ovvero dell’intestino che da “l’organo
meno studiato perché avente a che fare con i nostri scarti e rifiuti” diviene
“il re del nostro corpo”.
Se non apparisse blasfemo il paragone, Giulia Enders attua un’operazione
molto simile, date comunque le differenze, a quella condotta a suo tempo dal
poeta ligure Giovanni Boine. Boine,
“carissimo poeta” ebbe a dire Eugenio
Montale di lui, scrisse nel 1918 Frantumi seguiti da plausi e botti.
E uno allora può dire, ve lo concedo amici lettori: “Ma che c’azzecca un poeta sperimentale come Boine con Enders, abile
comunicatrice scientifica pronta a limare ogni asperità per raccontare al
meglio una realtà oscura”. A questo punto vi guarderei negli occhi e con un
sorrisetto (forse mascherante “un dolore di stomaco” per troppi mojitos a
seguito di discorsi sui “poeti liguri”) vi direi: “Appunto”.
E già perché Boine, dopo la tragedia della Grande Guerra con tutto
il codazzo di retorica e panegirici vari sul “destino d’Italia”, si concentra
sulle cose piccole, insignificanti, su ciò che“quello resta sul bagnasciuga”
di Finale Marina.,l'esatto opposto insomma delle possenti tematiche che avevano
dominato la scena letteraria ed artistica italiana e non solo. Parimenti Giulia Enders,
partendo dal presupposto che la Medicina e soprattutto lo studio del corpo
umano sia stato, anche per le influenze di certe scuole psicoanalitiche, via
via “cerebrizzante”, ovvero ci si concentra sul cervello, lo si elegge, a torto
od a ragione “re del corpo”, tralasciando tutto gli altri parla dell'ultimo degli ultimi: l'intestino, questo sconosciuto.
Enders, nei capitoli iniziali, confessa che l’idea da cui è scaturito il
volume è stata “bella e banale” come quelle che solo i bambini, e talvolta, ma
troppo raramente, hanno i grandi. L’autore della “domanda scatenante” è stato
un coinquilino: “Giulia mi spieghi la
cacca?”. Posso capire le risatine da studenti delle medie, ci stanno tutte,
anche Giulia ha riso, ma poi si è messa a riflettere. Nonostante avesse aver
studiato medicina e divulgazione scientifica non ha saputo rispondere con
prontezza. Allora si è messa a studiare l’argomento ed ecco il libro in
questione.
Libro che, dobbiamo ribadirlo, forte del grandissimo successo
editoriale in Germania (dove di problemi “di stomaco” se ne intendono, a
giudicare da quanto scritto dalla stessa autrice), sta riscuotendo ampi
consensi anche qui da noi, grazie soprattutto ad una grande traduttrice, ovvero
Paola Bertante. Bertante si è letteralmente “messa nei panni della Enders”,
cercando di capire come rendere nel modo possibile, il tedesco di una giovane
studiosa di comunicazione e divulgazione scientifica, quindi tutt’interessata a
che il suo messaggio arrivi al maggior numero delle persone. Paola Bertante ha
centrato l’obiettivo, grazie ad un lessico piano, moderno e al passo con i
tempi, che ha reso fedelmente la freschezza dell’edizione originale.
Il libro, oltre che presentarsi come un’utile, anzi utilissima sorta di
“baedeker dell’interiore, anzi delle
interiora”, fare luci su parecchi misteri del nostro corpo (come non è vero
che è meglio mangiare in posizione eretta, qual è la postura migliore per
sedersi sulla tazza del wc oppure ancora non è vero che quando il mio stomaco
brontola è perché ho fame) è un susseguirsi di spassose similitudini, puntuali
ed utili per spiegare il discorso.
Personalmente questi paragoni sono stati la parte che ho maggiormente
apprezzato nel libro, forse perché hanno “la bellezza elementare” di certi
spezzoni animati di “Superquark”
old-style. Ad esempio stiamo seguendo, nel capitolo “Intestino tonale” il viaggio di un pezzo di torta nell’intestino
tenue.
Durante il viaggio in questo canale, la poltiglia
di torta scomparirà quasi completamente nelle pareti; più o meno come Harry
Potter sul binario 9 e ¾ (…) Se la poltiglia di torta avesse orecchie per
sentire, forse potrebbe addirittura udire gli “incoraggiamenti”. Nell’intestino
tenue sono particolarmente numerose le cellule peacemaker. Queste cellule
trasmettono piccoli segnali elettrici. È come se qualcuno stesse dicendo ai
muscoli: “Su, su, forza!”… e poi ancora: “Su, su!”. Così evitano di distrarsi e
reagiscono come se stessero danzano al ritmo di un basso da discoteca
Questo un piccolo esempio del “tono” con il quale vengono trattati gli
argomenti proposti. “L’intestino felice” è un libro che si legge “tutto d’un
sorso”, come non si dovrebbe fare con un bicchiere d’acqua gelata (e ce lo dice
Giulia Enders e quindi le dobbiamo credere!). E poi, lasciatecelo dire,
finalmente un libro di medicina in cui si può leggere: “Un breakdancer chiamerebbe il movimento the snake, oppure the worm, i
medici invece lo chiamano peristalsi propulsiva”. E allora, parafrasando
una vecchia sigla di un cartone animato, invece di “Esplorando il corpo umano”, “Ballando
il corpo umano”.
Mattia Nesto
Social Network