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#CritiCINEMA - Il paradiso delle signore: Zola e la BBC a confronto

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Se l’arancione è il nuovo nero, è altrettanto vero che, di questi tempi, una serie TV è più apprezzata di un film. Sempre pieni d’impegni e sempre di corsa, preferiamo brevi episodi a lungometraggi: ci appassioniamo alle storie, ci affezioniamo ai personaggi e aspettiamo con ansia crescente l’uscita del capitolo successivo. Siamo ritornati ai tempi dei romanzi di appendice, solo che ora li guardiamo su video e non li leggiamo su carta di giornale. I produttori e gli sceneggiatori, sempre a caccia di storie interessanti, hanno come bacino di ispirazione preferenziale la carta stampata, sia essa di fumetti (ad esempio “Gotham”), narrativa moderna (come non citare “Game of thrones”?) oppure grandi classici. Proprio a quest’ultima categoria appartiene lo sceneggiato in due stagioni della BBC “The Paradise”, libera reinterpretazione del romanzo “Au Bonheur des dames” di Émile Zola.

“Al Paradiso delle signore”  risale al 1883 ed è l’undicesimo capitolo della saga dei Rougon- Macquart, l’epopea che narra le vicende e le disavventure di una famiglia sotto il Secondo Impero Francese. 
Questo romanzo, in particolare, si incentra su Octave Mouret, scaltro e sanguigno provenzale che apre, nella Parigi di fine Ottocento, l’antenato dei nostri moderni centri commerciali, appunto “Il paradiso delle signore”. Giunge a cercare impiego presso il magazzino Denise, giovinetta di campagna rimasta orfana e con due fratelli al seguito affidati alle sue cure. La ragazza è timida, impacciata e nipote di uno dei bottegai di quartiere che si vede ormai andare in rovina a causa del nuovo e spregiudicato modo di condurre gli affari di Mouret. Una storia d’amore tra i due sembra impossibile e fuori da ogni logica: Mouret la trova piuttosto insignificante, da principio,  e la povera Denise deve difendersi dal mobbing da parte delle colleghe e dell’amante del padrone, Madame Desforges. Eppure Mouret perde la testa per la rettitudine e la viva intelligenza della ragazza che, dopo lunghi tentennamenti ed esami di coscienza, decide di convolare a nozze con il suo padrone. 

“The Paradise” prende l’avvio dalla trama di Zola, ma giunge a risultati e conclusioni molto diverse: si tratta di un ottimo esempio di cose il classico, fonte di ispirazione, sia stato adattato ai gusti di questo millennio. Anzitutto, la storia viene spostata in Inghilterra con tutti le necessità e gli adattamenti del caso: tutto si ammanta di qualunquistico perbenismo inglese. Madame Deforges, da frivola mantenuta, viene trasformata in Katherine Glendenning, rampolla della più alta nobiltà britannica; Bourdoncle, nel romanzo misogino e freddo braccio destro di Mouret, diviene Mr Dudley, padre di famiglia e uomo di buon cuore che funge da grillo parlante per il suo datore di lavoro.

Mouret viene inglesizzato in John Morey ed è forse l’unico personaggio che mantiene lo spessore che riscontriamo nel romanzo di Zola: pur non essendo provvisto dell’animosità provenzale, è scaltro, appassionato e non esente da una certa doppiezza. Denise, per incontrare i gusti del pubblico moderno, viene privata della fragilità zoliana e diventa una brillante ed indipendente maga del marketing e del merchandising e le sue esitazioni nella relazione con Morey non sono date dal decoro e dal buon costume, ma dal desiderio di mantenere la sua indipendenza e la sua carriera. Chi però subisce la maggiore trasformazione è proprio il grande magazzino, “Il Paradiso”.

Era quella la cattedrale del commercio moderno, solida e leggera, fatta per un popolo di compratori

Zola lo dipinge come una macchina, un nuovo luogo di culto dove le donne vengono irretite e coinvolte in orge di acquisti dal sapore quasi di baccanale. “Il Paradiso” è una forza prepotente, oscura e totalizzante della vita di Parigi: assorbe e strappa tutto intorno a sé. Mangia le vecchie botteghe che vengono assorbite per la continua espansione; strappa ai bottegai del commercio al dettaglio ogni ragione e possibilità di vita; strappa persino la vita alla cugina di Denise, abbandonata dal promesso sposo perché invaghito della scostumata Claire, commessa del grande magazzino. Eppure è una forza inevitabile ed inarrestabile come il progresso.
Dio mio! Quanti dolori! Quante famiglie che piangono e quanti vecchi gettati sul lastrico! Quanti spaventosi drammi e rovina e miseria! E lei non poteva salvare nessuno e sentiva dentro di sé che tutto ciò accadeva per il bene: che ci voleva quel mucchio di miserie per la salute di Parigi.
Nello sceneggiato, “Il Paradiso” assume una connotazione quasi angelica, proprio per far onore al proprio nome. Non a caso, i colori scelti per rappresentarlo sono il bianco e l’azzurro a differenza dei rossi e oro della versione di Zola. È un faro luminoso di speranza e modernità. Eliminate tutte le abitudini orgiastiche così tipicamente francesi, assistiamo a sessioni di shopping e lunghi salamelecchi. I rapporti tra i colleghi, lungi dalla cattiveria violenta continentale, si limitano a qualche velenosa frecciata, ma di sapore bonario, quasi come liti tra fratelli. “Il paradiso”, anche per chi ci lavora, è una casa, un posto sicuro che non si può fare altro che amare.

“The Paradise” e “Al Paradiso delle signore” non parlano di una storia d’amore e Denise e Mouret/ Morey non sono i protagonisti di una vicenda alla Cenerentola. Nel romanzo, l’elemento amoroso è presente in maniera molto marginale e nello sceneggiato viene messo solo per mantenere viva la trama. Il vero protagonista, come già si evince dal titolo, è proprio il grande magazzino, il nuovo modo di fare commercio che sconvolge il mondo fino al allora conosciuto. E se “The Paradise” pecca un po’ di perbenismo e stempera un po' questa epocale rivoluzione, ha come grande merito quello di far scoprire uno dei romanzi di Zola che, ingiustamente, rimane troppo in ombra nel ciclo dei Rougon- Macquart.

Edizione di riferimento: "Al Paradiso delle signore", 1994 Newton Classici, trad. Ferdinando Martini