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#CritiComics | "La distanza": partitura per pause di cuore, strade di mare e incontri di stelle

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La distanza
di Lorenzo Urciullo (Colapesce) 
e Alessandro Baronciani
Bao Publishing, 2015
 

pp. 200
€ 16 cartaceo






Il maestro di pianoforte, qualsiasi maestro di pianoforte, durante una delle lezioni introduttive, dice sempre una frase che pochi considerano importante  ma che ha una portata capitale non soltanto nella musica occidentale, ma anche nella vita di ogni latitudine: “Nella musica contano più le pause delle note”. Apparentemente un controsenso, in realtà no. Le pause, nella partitura musicale, sono nate grazie al lento lavorio dei monaci nel Medioevo, e segnano un momento di silenzio ben delimitato. Allo stesso modo le distanze, fisiche e ideali, nei rapporti e nelle vite delle persone, segnano un preciso momento di separazione. La distanza, graphic novel edita da Bao Publishing e scritta da Lorenzo Urcillo meglio noto come Colapesce e da Alessandro Baronciani, si traduce proprio in questo modo: una pausa piena di sole, distanze da colmare e vuoti a, meravigliosamente, perdere.

La storia è una tipica storia estiva fatta di partenze, pomeriggi noiosi che è meglio passare in ammollo, amori pieni di fretta e di sole e tanta musica che leggera si espande nell’aria. Ma questa storia è anche  una tipica storia siciliana, dove l’isola si erge, oltre che da sfondo, anche a sorta di “personaggio-ombra”. Non soltanto è un viaggio, neppure troppo breve, dalla Sicilia “fenicia” ovvero da Punta Raisi/ Palermo alla Sicilia“greca” cioè Siracusa/Pantalica, ma è anche un percorso attraverso l’animo “dell’essere siciliani” che è bene riassunta in una frase di Mario Sgalambro:

Là dove domina l’elemento insulare è impossibile salvarsi. Ogni isola attende impaziente di inabissarsi. Una teoria dell’isola è segnata da questa certezza. Un’isola può sempre sparire. Entità talattica, essa si sorregge sui flutti, sull’instabile. Per ogni isola vale la metafora della nave: vi incombe il naufragio. Il sentimento insulare è un oscuro impulso verso l’estinzione. L’angoscia dello stare in un’isola come modo di vivere rivela l’impossibilità di sfuggirvi come sentimento primordiale. La volontà di sparire è l’essenza esoterica della Sicilia. Poiché ogni isolano non avrebbe voluto nascere, egli vive come chi non vorrebbe vivere: la storia gli passa accanto con i suoi odiosi rumori ma dietro il tumulto dell’apparenza si cela una quiete profonda.

Molto di quanto scritto da Sgalambro può essere ricondotto a Nicola, il protagonista. Nicola dice di “essere stato prima schiavo di un call–center a tempo determinato ed ora schiavo libero a tempo indeterminato”: è un trentenne disoccupato con molta arte e poca “parte”, come tanti, come (quasi) tutti. È un chitarrista (“come tutti”), ha passato anni ed anni ad ascoltare musica indie inglese e vive un momento di difficoltà (eufemismo) con la sua ragazza Carla che oggi vive a Londra. Un giorno, curiosando nel negozio di dischi di Piero, il mitico Music Import di Catania, incontra per caso Francesca da La Spezia che, assieme all’amica francese Charlotte, vuole intraprendere un viaggio della Sicilia. Nicola, che da lì a qualche giorno sarebbe dovuto partire per Londra per tentare di ricucire il suo rapporto con Carla, si offre come Cicerone dell’isola. Prima di colmare una distanza bisogna sempre creare i pretesti giusti per una partenza, così da scavare tra sé e la prossima distanza una nuova partenza, si potrebbe motteggiare se avessimo davanti a noi un bicchiere di bianco in riva al mare.

Ne nasce quindi un viaggio che consta di tappe obbligate, come la scoperta, da parte delle due turiste “nordiche” di angoli freschi dove poter fare il bagno oppure dell’incanto dei palazzi di Noto. Una specie di “Viaggio in Sicilia” infinito che dai tempi di Goethe ai nostri non è ancora arrivato alla sua meta conclusiva. Ma è finito il tempo per colmare le distanze e la partenza troppe volte rimandata, ora non lo può essere più, o forse no? Su questa domanda ruota la storia, come una fiamma luminosa nella notte nera di San Giovanni.




I disegni sono netti, hanno colori molto forti che ricordano la Sicilia senza essere per forza di cosa “da cartolina”. Disegni che hanno una possanza tridimensionale molto marcata e che sembrano quasi voler uscire dalle pagine della graphic novel, per balzare fuori e ballare con noi una musica strana. Su tutto domina la luce e le notti stellate d’estate: immagini fresche e genuine come una granita alla mandorla. Un fumetto per pantaloncini, maniche di camicia corte o arrotolate e sguardo fiducioso e molto ironico verso un futuro che non arriva mai.

Quello che conta, in questa strana estate indiana e siciliana è il nero d’avola, le stelle nel cielo, la musica degli Smiths nelle orecchie e un nuovo/vecchio amore nel cuore: quello per le avventure che durano una vita. E che, alle volte, si possono rivelare nelle sembianze di una driade dai capelli di cioccolato fondente incontrata all’Ypsigrock.



E che la musica, gli spazi e le distanze continuino ad allontanarci ed avvicinarci in un eterno ritorno dei diversi.

Mattia Nesto

Tavole riprodotte per autorizzazione della casa editrice