Evelyn: dalle Juvenilia, un ironico romanzo breve di Jane Austen


Foto di Debora Lambruschini


Evelyn
di Jane Austen
Rogas edizioni, giugno 2015

Edizione tradotto e curata da Adalgisa Marrocco
testo inglese a fronte

pp. 77
€ 7,90



Pochi testi sono stati oggetto di inesauribile curiosità e desiderio di riscrittura, rivisitazione, trasposizione dalla pagina scritta a forme artistiche anche molto diverse, come l’opera di Jane Austen; di fronte ai romanzi dell’autrice inglese (e per certi versi potremmo dire alla stessa personalità della scrittrice) sembra davvero che mai nessuno abbia provato sentimenti simili al timore reverenziale che accompagna, per esempio, una scrittrice come Virginia Woolf (a sua volta grande estimatrice della Austen). Banalmente: siamo portati a riferirci all’autrice di Pride and Prejudice con inusuale confidenza, la cara zia Jane, mentre mai e poi mai ci passerebbe per la testa di azzardare tanta informalità con la Woolf. Di fatto, quelle storie così intime, domestiche e famigliari in cui la Austen racconta sentimenti e fatti comuni mediante la straordinaria ironia ed arguzia che caratterizzano le sue opere, sono state oggetto di appassionate letture ed altrettanto appassionate riscritture (spesso davvero dissacranti), pellegrinaggi alla ricerca dei luoghi reali che hanno ispirato i romanzi (penso, per esempio, all’interessante viaggio sentimentale compiuto dalle sorelle Hill nel 1901, raccontato in Jane Austen: i luoghi e gli amici, pubblicato lo scorso anno ancora una volta da Jo March edizioni), trasposizioni televisive e cinematografiche di ogni tipo. Segno naturalmente di un interesse mai diminuito nei confronti dell’opera austeniana, capace di dialogare con i suoi lettori a distanza di due secoli e prestarsi ad innumerevoli forme di reinterpretazione: a volte è attualizzazione di situazioni e personaggi e la fonte originale è lo spunto per raccontare una storia ambientata nel mondo contemporaneo (vedi per esempio libri e film della serie di Bridget Jones, in cui l’influenza del mondo austeniano è chiara fin dal nome del protagonista maschile, Darcy), altre – piuttosto interessanti – il pretesto per raccontare un ambiente in qualche modo familiare ai lettori da un punto di vista del tutto nuovo (e qui mi riferisco a Longbourn house, edito lo scorso anno da Einaudi). La figura della stessa autrice è stata oggetto di alcune interessanti analisi, in forma di saggi o film che miravano a ricostruirne una biografia spesso romanzata, in linea con l’ideale che nel tempo i suoi lettori hanno costruito. Potremmo andare avanti su questa strada per pagine e pagine, tanto sembra costante ed inesauribile l’interesse nei confronti della Austen e della sua opera, ma non è questa la sede o quanto meno lo scopo attuale.


La questione sulla quale vorrei invece brevemente riflettere, riguarda la pubblicazione quasi completa di ogni scritto di un autore tanto apprezzato e venerato come la Austen e che richiama l’attenzione del suo pubblico ad ogni “nuova uscita” o riscoperta. Pur apprezzando profondamente il coraggio dimostrato da quegli editori che anche nei tempi attuali scelgono di guardare alla produzione letteraria passata e colmare quei vuoti nella ricostruzione della bibliografia dell’autore, dal punto di vista del lettore – che è, appunto, l’angolazione con cui voglio osservare il testo qui proposto – il pericolo in cui spesso possiamo incorre è quello di trovarci di fronte a testi incompiuti, acerbi (molte riscoperte sono infatti primi esperimenti letterari), ripresi da vecchie edizioni e presentate senza un adeguato apparato critico e bibliografico a supporto dell’opera. È il caso, in parte, di Evelyn, breve romanzo – o “tale” come forse sarebbe più appropriato definirlo – componimento giovanile della Austen, proposto dalla giovane casa editrice Rogas con testo inglese a fronte. Opera datata 1791 e già parte del terzo volume degli Juvenilia austeniani, appare come una sorta di esperimento letterario incompiuto, di cui l’autrice aveva scelto di lasciare ai nipoti James Edward Austen-Leight e alla figlia Anna Lefroy il compito di scriverne il finale, in quello che potremmo definire come il primissimo esempio di rilettura e proseguimento di un testo austeniano da parte di autori differenti. Se è notevole l’ironia di questo testo giovanile e che preannuncia quel particolare stile che la Austen poi maturerà, resta tuttavia difficile comprendere la scelta editoriale di proporre Evelyn nella forma qui presentata, privo come vedremo di adeguato apparato critico bibliografico e isolato dal resto degli scritti che compongono i già citati Juvenilia, al momento - se non sbaglio - mai tradotti in italiano.

Ma partiamo dal testo e dalla storia: l’ironia, si diceva, che caratterizza il componimento, opera sarcastica in cui la Austen prende in giro i romanzi rosa e sensazionalistici tanto in voga al tempo per costruire una storia grottesca in cui il protagonista, Frederick Gower è un antieroe tratteggiato sulla falsariga di quei gentiluomini virtuosi, audaci e misteriosi di tanti celebri romance amati dal pubblico di fine settecento e inizio ottocento cui l’autrice si diverte qui, come si diceva, a fare il verso. Giunto nell’incantevole villaggio di Evelyn, nell’Inghilterra del Sud, il giovane rimane immediatamente affascinato dalla natura e dalla tranquillità del luogo, dalla cortesia dei suoi abitanti che sembrano vivere tanto pacificamente, al punto da desiderare di stabilirsi egli stesso in quel luogo.

"Dolce signora", disse Mr Gower, toccato e quasi commosso da quella prodiga offerta, "la magnificenza d'animo mostrata da qualcuno per il quale io non sono che uno sconosciuto rende più ardente il mio desiderio di trovare una dimora in questo delizioso villaggio. Cosa non darei per diventare vostro vicino, per essere benedetto dalla vostra amicizia e dalla conoscenza più profonda della vostra virtuosa natura!

Dimentico quindi dei doveri che lo avevano condotto in quelle zone, il gentiluomo su consiglio della bella locandiera appena incontrata viene mandato a chiedere ospitalità alla ricca famiglia del posto. Questi, dimostrano fin da principio una straordinaria generosità e benevolenza nei confronti del giovane sconosciuto il quale, di lì a poco, ottiene la bella dimora di famiglia, denaro e la mano della primogenita dei signori Webb. Soddisfatto per quanto è riuscito così prontamente ad ottenere, Mr Gower si stabilisce quindi come da suo desiderio nell’incantevole Evelyn, ma la sua tranquillità è presto turbata dalla notizia della morte della sua cara sorella delle cui sofferenze egli si era dimenticato, ahimè distratto dalle fortune della sua nuova vita. Seguiranno un breve viaggio, cavalcate notturne e signori arroganti, padri orgogliosi e innamorati perduti, amori che consumano, lutti e matrimoni, fino ai due finali alternativi pensati dai nipoti della Austen.

Una piccola breve storia quindi, dove con piccola non si vuol certo sminuire il valore di un’opera giovanile ma già godibile per arguzia ed ironia dissacrante che sfida le convenzioni sociali e narrative del tempo per mezzo di un protagonista che non nasconde un’anima cinica, interessata ed egoista, pronta a sacrificare chiunque nella conquista della personale felicità. Il tutto presentato col tono lieve che si addice ad una satira di questo tipo, il cui scopo sembra essere un piacevole esercizio letterario in cui mettere alla prova l’inclinazione dell’autrice alla fine ironia, lasciando ai suoi cari il piacere di immaginare il finale che ritenevano più appropriato e che saranno poi due conclusioni diverse a questa storia, entrambe comunque velate di una certa oscurità e richiami alla moda gotica di quegli anni. Echi quelli del genere gotico che qui e là pare di sentire tra le righe della storia tracciata dalla Austen che ancora una volta ironizza su mode e stili del proprio tempo, che piega a suo piacimento per una storia in cui l’egoismo di Mr Gower si sposa perfettamente col suo essere protagonista assoluto, che con cinica incuranza trae vantaggio da ogni occasione si presenti lungo il suo cammino. Ma senza in fondo diventare mai un personaggio davvero negativo, nemmeno un personaggio in un certo senso tanto è breve la storia, accennata la psicologia del protagonista: Mr Gower è un gentiluomo distinto, che non si crea il minimo scrupolo di fronte alla soddisfazione del proprio interesse.
Un testo quindi interessante sotto molti punti di vista, che tuttavia – ribadisco – è difficile immaginare nell’edizione qui presentata, isolato dagli altri scritti giovanili raccolti nei Juvenilia e con il solo supporto della breve introduzione di Adalgisa Marrocco, anche traduttrice e curatrice del libro; sarebbe forse stato più saggio, a mio modesto parere, proporre una traduzione di tutti i testi giovanili della Austen, rivedendo l’apparato critico e bibliografico arricchito magari di contributi recenti o traduzioni di testi critici importanti mai apparsi in lingua italiana. Quel che resta è uno scritto satirico senz’altro apprezzabile per quel wit che tanto caratterizzerà la voce più matura dell’autrice e che è un piacere rileggere, ma che in questa veste, in fondo, poco aggiunge nella ricostruzione della bibliografia austeniana.

di Debora Lambruschini