Nel capitolo VIII della
Poetica, Aristotele, parlando dell’unità
d’azione, precisa che per dare coesione al narrato non bisogna concentrarsi su un
solo personaggio, dato che non tutte le azioni di un solo personaggio sono, de facto, rilevanti per dare i contorni
di una giusta drammaturgia. Nell’Odissea,
ad esempio, si può tralasciare di raccontare la finta pazzia di Odisseo, mentre
è fondamentale ragionare e parlare intorno alla sfida lanciata dall’itacese al
dio Poseidone.
Nel romanzo Il ladro di nebbia, edito da Longanesi, Lavinia Petti sembra disinteressarsi del precetto aristotelico, alla stregua, né più né meno, di quanto fece, secondo la tradizione orfica, il dio Phanes. Phanes, emerso dall’uovo cosmico deposto da Chronos (il Tempo) e da Ananke (la Necessità) generò tutto quanto, "lo scibile e il non scibile". Poi egli si disinteressò del potere, dato che era “già tutto” e lasciò lo scettro a sua figlia Nyx (la Notte) che poi, a sua volta, lo cedette ad Urano. Lavinia Petti, in una storia che contiene già tutto, appunto si disinteressa di raccontare: semplicemente, come una bambina che vede il padre intagliare la zucca di Halloween nel giardino di un faro alla fine del mondo, sorride e si perde nelle storie. Il ladro di nebbia è un libro di storie perdute e di storie ritrovate.
Nel romanzo Il ladro di nebbia, edito da Longanesi, Lavinia Petti sembra disinteressarsi del precetto aristotelico, alla stregua, né più né meno, di quanto fece, secondo la tradizione orfica, il dio Phanes. Phanes, emerso dall’uovo cosmico deposto da Chronos (il Tempo) e da Ananke (la Necessità) generò tutto quanto, "lo scibile e il non scibile". Poi egli si disinteressò del potere, dato che era “già tutto” e lasciò lo scettro a sua figlia Nyx (la Notte) che poi, a sua volta, lo cedette ad Urano. Lavinia Petti, in una storia che contiene già tutto, appunto si disinteressa di raccontare: semplicemente, come una bambina che vede il padre intagliare la zucca di Halloween nel giardino di un faro alla fine del mondo, sorride e si perde nelle storie. Il ladro di nebbia è un libro di storie perdute e di storie ritrovate.
In una Napoli brumosa e
piovosa che ricorda molto da vicino quella tratteggiata nel bellissimo film d’animazione
L’Arte della Felicità di Alessandro
Rak (e recensito in maniera eccellente dallo youtuber Dario Moccia), Antonio M.
Fonte, scrittore di successo “un po’ per caso”, si muove svogliato ascoltando
qua e là le esistenze altrui al fine di trovare la giusta fonte d’ispirazione per le
proprie di storie, le storie che andranno a comporre i suoi libri. Fonte appare un
uomo in perenne bilico tra mondo reale e mondo immaginario che, il più delle
volte, si scatena in tutta la sua “surrealtà” quando, alla sera accoccolato
sulla sua poltrona preferita e sorseggiando un bicchiere di latte tiepido, accarezza
il pelo della sua gatta siamese: “Da lei scaturiscono le storie”. Una vita non
ordinaria ma di ordinaria noia sembra profilarsi per il protagonista de Il
ladro di nebbia. In realtà, o per meglio dire in finzione (che poi è la stessa
cosa), non sarà così. Infatti, per una serie più o meno sfortunata di eventi,
Antonio M. Fonte, a partire dal giorno del suo cinquantesimo compleanno, si ritroverà a dover viaggiare attraverso mondi fantastici, in
cui non soltanto la realtà è, per così dire, capovolta, ma dove lo sono anche
le storie stesse che invece di essere create dal nulla, come quando si è
davanti ad un foglio bianco, debbono essere “ritrovate dal tutto”, neppure si
fosse lo svogliato dio Phanes.
Petti scrive il suo
romanzo usando un linguaggio colloquiale e mettendo in piedi un universo che ha
la stessa consistenza dei videogiochi su cui intere generazioni hanno speso i
propri pomeriggi. Videogiochi però che, invece di essere giocati con un
semplice joystick, vengono direttamente interpretati dalle proprie gambe, come
quando da ragazzi si giocava a nascondino nei boschi dietro casa. Sono mondi
molto affascinanti e ben tratteggiati, da Vanesia, il regno delle illusioni, a
Nechnaebel, il regno delle occasioni perse, attraversando città oceaniche e
caotiche come Balàl sino ad arrivare alla Casa sulla collina, dove dorme il
passato che si è voluto sotterrarare.
Si è molto parlato di
questo romanzo, affermando che sia il primo esempio, almeno in Italia, di urban-fantasy, da parte di un’esponente
di quella generazione, chiamata “Harry Potter – generation”, che appunto dai
libri di J. K. Rowling ha tratto la sua linfa vitale. Diciamo che, come tutte
le definizioni che vogliono ridurre una creazione artistica ad una corrente “giovanile”,
si tratta di una definizione riduttiva per una scrittrice che riesce
letteralmente a far scaturire un mondo, anzi “infiniti mondi” come scrisse a
suo tempo Giordano Bruno, dalla sua penna. Una penna feconda, che non si perde
in “infiniti fronzoli” ma che riesce invece a tenere attaccato il lettore alla
storia, leggera e appassionante come una serie tv da “popcorn e risate” e
pesante e struggente come un film “d’autore su cui ragionare e piangere tutta
la notte”.
La storia d’amore (che
sia reale, immaginaria oppure “scritta a tavolino” ha poca importanza a questo
punto) con Genève Poitier, la ragazza “dai capelli verdi” conosciuta una sera
del 1990 su un ponte di Ginevra durante la “Festa dell’Acqua” mentre suonava “lo
strumento del diavolo” ovvero un’armonica di bicchieri, ragazza appunto
conosciuta sotto le stelle e mai dimenticata lungo i giorni dallo scrittore, è
giocata su sentimenti molto forti affrontati con una penna molto lieve. Un amore
che si snoda lungo mondi improbabili, con arresti improvvisi, ripartenze
sbagliate e addii così struggenti che fanno contorcere le budella neppure si
stesse ascoltando le note degli The Smiths nella loro Please,
Please, Please, Let Me Get What I Want (versione uscita come b-side il
24 agosto 1984 per le Rough Trade Records). Petti comunque non è mai patetica, o per lo meno non lo è nel
senso corrente, semmai è molto più vicina al valore classico/epico del termine:
lei è simpatica, nel senso che “sa
condividere il dolore con gli altri”.
Quindi in questo Il
ladro di nebbia, tra padri fantasma, conti vampiri, madri troppo brave a ballare
per passare una vita sulle punte, pittori che passano ad imbrattare di bianco
le proprie tele, amori infranti come i cristalli di un bicchiere che cade e
città immortali che sorgono dalle brume della (in)coscienza, nasce una grande
storia per un grande romanzo contemporaneo italiano, che non ha niente da
invidiare a omologhi stranieri (ammesso e non concesso ve ne possano essere in giro per
il mondo), uscito per Longanesi e destinato ad essere ricordato. Oppure destinato
anche ad essere dimenticato, tanto ci saranno sempre scrittori, ballerini,
pittori e sognatori che s’inventeranno universi paralleli dove andare a ritrovare
il tempo, così come le storie.
Mattia Nesto
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