di Carlo
Ferrucci
Rogas Edizioni
pp. 236
14,50 €
La storia, la grande storia dell’arte,
della musica, della pittura e delle arti in genere è fatta di piccoli gesti,
che divengono capitali col passare dei tempi. Ma non è sempre così. Quando il
29 luglio (un giorno di caldo e di morte) a Auvers-sur-Oise, Vincent Van Gogh
decise di usare un vecchio revolver preso in prestito per “scacciare i corvi e
i cani che lo distoglievano dalla realizzazione del quadro” il mondo dell’Arte
non venne scosso in alcun modo. Infatti la detonazione di uno strumento pensato per uccidere, seppur condotta attraverso un metodo piuttosto discutibile (dato che l'olandese rimase mezzo morto ed agonizzante, non avendo avuto quello che si
poteva dire una "grande mira") da parte di un pittore misconosciuto sarebbe passata
sotto silenzio se il mondo, al di là dei ristretti cerchi dei mercati e delle
aste, non fosse esso stesso su un baratro. Questa è la storia de La pianista di Van Gogh di Carlo
Ferrucci, edito da Rogas Edizioni: il vecchio mondo sta per morire e alcuni,
tra quelli vi fu Vincent Van Gogh, l’avevano capito prima del tempo. Il colpo
di pistola del pittore è il primo vagito della grande morte che porterò il
secolo nuovo. Margherita, la “pianista di Van Gogh”, animo candido da “piccolo
mondo antico” intuisce soltanto che tutto sarà spazzato via” e proprio per
questo, nonostante qualche titubanza, non muove un passo: l’onda d’urto è
troppo carica di magia e di arte per potersi scansare.
La pianista di Van Gogh è un diario
immaginario che Margherita, la figlia del dottor Gachet, tiene lungo i due mesi
in cui la sua famiglia venne a contatto, tramite il fratello e mercante d’arte
Theo, con Vincent Van Gogh, “il mio triste pittore olandese”. Scritto in un
linguaggio colloquiale e pieno di dubbi per la propria condizione femminile (e
quindi sempre e comunque partente da un dato quasi biologico di inferiorità),
il diario ci racconta l’arte dell’olandese vista, per così dire, “di dietro”,
ovvero attraverso le mille sfaccettature della vita di tutti i
giorni assieme ad “un insano portatore di colori”.
Uno dei temi più interessanti nel libro
è quello del vecchio mondo, anche ma non solo della pittura, che si contrappone
al nuovo. Il vecchio e sicuro ma anche asfissiante mondo delle costrizioni,
delle “buone regole” e dei comportamenti secondo misura, viene messo in crisi
dal combinato disposto incarnato Van Gogh, che per la sua alterità alla condizione del
“distinto borghese” e per la sua visionaria pittura, mina nelle fondamenta
questo vecchio mondo. Margherita, espressione di un microcosmo di provincia,
viene “travolta da un insolito destino nel giallo mare di grano di luglio” dall’incontro
con il pittore. Ella, che si è sempre dedicata alla musica come ad un hobby
passeggero, man mano che conosce l’arte e la personalità di Van Gogh, capisce
sempre più l’intima connessione fra le diverse espressioni artistiche,
soprattutto pittura e musica.
Ed ecco che, nonostante un sentimento
che per ovvie ragioni “dinastiche” non potrà mai deflagrare (come invece deflagrerà,
pur in modo sbadato, il revolver dell’olandese), Margherita Gachet sempre più propone i brani dei
grandi compositori in accoppiata a Van Gogh che dipinge. Così facendo, ella scopre “un nuovo mondo
fatto di verdi, rossi e gialli accecanti”.
Perché infatti “i nuovi pittori”, come
inutilmente tenta di spiegare l’olandese all’incredulo padre di Margherita, non
dipingono per la bellezza, per la fama o per entrare nell’armonia cosmica,
bensì
Lo volete capire, sì o no, che quello che dipingiamo è sudore delle nostre mani, luce dei nostri occhi… carne della nostra carne?
Ferrucci, in questo come in altri brani,
sviluppa bene il concetto di sincera necessità della nuova arte, così come dell’urgenza
del nuovo mondo. Margherita, in bilico tra due diverse crune temporali, inizia
a vibrare come un oggetto sottoposto ad una pressione immane. Il punto di
rottura, come c’insegna la fisica, dovrà presto arrivare, prima o poi. Ma tra
il mercato d’arte, riflesso del galoppante mondo capitalista che tutto
sbriciola, e il “bazar dei sentimenti” scatenatesi nel cuore di Margherita, La
pianista di Vann Gogh, pur non raggiungendo picchi di “grande” letteratura ci
fa capire una cosa: non è da uno sparo che si inizia una rivoluzione, ma da una
pennellata di rosso più vivido e rosso del proprio stesso sangue.
Mattia
Nesto