Oliver Sacks è un neurologo che ha un dono
speciale: quello di saper raccontare storie.
L’ho incontrato con L’uomo che scambio sua
moglie per un cappello. Splendido. Uno Schopenhauer in camice bianco
e stetoscopio che non disquisisce chiuso in una stanza, ma studia – da
scienziato – la volontà dell’uomo e il legame tra soggetto e oggetto,
focalizzandosi sugli aspetti neurologici. Tanto dipende dal mondo che ci
circonda, tanto dalla percezione che si ha di esso. Quando trovai quel
mucchietto d’ossa dagli occhi vuoti che sarebbe diventato il mio gatto, mi
ricordai del libro e mi chiesi quale percezione potesse avere lui di quello che
lo circondava. Per inciso, il mio gatto si chiama Oliver.
Quell’altro Oliver, il medico, entrò davvero
nel mio privato alla lettura di Risvegli. In quel libro Sacks racconta
la sua esperienza coi pazienti colpiti da encefalite letargica. Si tratta di una
patologia che negli anni Venti ha fatto misteriosamente “addormentare” persone
in tutto il mondo. Sacks, a quasi cinquant’anni dall’epidemia, si trova a
lavorare in una struttura poco fuori New York dove sono ricoverati alcuni
pazienti colpiti da encefalite. È una malattia strana e misteriosa, con aspetti
in comune ad altre patologie neurologiche, come il morbo di Parkinson. Il
fulcro della narrazione riguarda quella sorta di “risveglio” che i pazienti
hanno in seguito alla somministrazione di un farmaco allora all’avanguardia: la
levodopa – cura, guarda caso, del morbo di Parkinson.
Risvegli, Adelphi, 1987 |
Da parecchi anni il morbo di Parkinson aveva
colpito una persona a me vicina. Con Risvegli mi sembrò di trovare
quelle risposte che, in qualche modo, lenivano il mio senso d’impotenza. Divenni
accanita lettrice di Sacks. Lo usavo come la mia cartina al tornasole. Le sue
pagine le imbevevo di quanto vedevo attorno a me e mi davano i riscontri che cercavo.
I suoi libri mi hanno aiutato a comprendere, mi hanno permesso di dividere i
fili di una matassa incomprensibile e dolorosa. Ho potuto seguire il bandolo
della malattia, quali comportamenti erano imputabili al morbo e quali alla
levodopa. Ho compreso cosa si nasconde dietro al volto di un parkinsoniano,
cosa accade al suo corpo e al suo spirito. Non mi sono sentita persa davanti
alle assurde allucinazioni visive, avevo a disposizione un intero libro
dedicato all’argomento. Sacks mi ha insegnato ad accettare i comportamenti
compulsivi senza cercare una spiegazione che fosse razionale per me – lo era in
qualche modo nell’universo del parkinsoniano.
Quando leggi Sacks ti senti parte di un’umanità
complessa e fragile, eppure meravigliosa nel suo essere mortale. Da qualche
tempo il dottor Sacks ha comunicato al mondo di stare per morire. Continua a
confrontarsi attivamente con gli altri, nonostante il cancro. Talvolta scrive
un articolo per qualche giornale. Nell’ultimo racconta di sentirsi appena
infiacchito e di dimenticarsi spesso che la morte gli è così vicina. Le sue
performance in piscina si sono solo di un poco rallentate. Dice di avere avuto
una vita lunga e piena, di essere grato per questo. Scherza sul legame che per
lui hanno sempre avuto i compleanni e gli elementi della tavola periodica, dice
che forse non arriverà a festeggiare il bismuto, l’ottantatreesimo compleanno.
Ho letto quell’articolo con Oliver avvinghiato a una gamba – il mio gatto. Oliver,
quest’anno raggiunge l’ossigeno, otto anni. Sulla percezione ne avrebbe di cose
da dire, ma preferisce darmi un morso.
Manuela Cortesi
L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Adelphi, 1986 - 2001 |
Allucinazioni, Adelphi, 2013 |
L'articolo a cui si fa riferimento:
http://www.nytimes.com/2015/07/26/opinion/my-periodic-table.html?_r=1