Per
Cristo e Venezia
di Sibyl von der
Schulemburg
il prato casa
editrice, 2015
pp.326
€ 25
Una storia può essere avventurosa sino a
cominciare dall’autore del libro, anzi prima, dal padre dell’autore del libro. È
il caso di Per Cristo e Venezia,
uscito per il prato casa editrice, che è il risultato di un curioso
procedimento libresco: la base, il substrato è il racconto Der König von Korfu, racconto realizzato attorno al 1950 da Werner von
der Schulemburg, a cui poi è stato aggiunto la rielaborazione definitiva della
stessa figlia di Werner, Sybil, insigne psicologa ticinese. Ne viene fuori un
libro strano, non soltanto dall’anima perfettamente bilingue come è del resto
per l’autrice (eternamente sospesa tra l’elemento germanico e quello italiano/veneziano)
ma anche una storia realizzata in due tempi che però si ritrovano nelle
avventure adriatiche del capitano Matthias von der Schulemburg, capostipite di
entrambi i due “successivi” Schulemburg.
La vicenda tratta appunto del capitano militare
Matthias von der Schulemburg che, dopo essersi contraddistinto come uno dei più
importanti e abili capitani militari del XVIII° secolo, viene raggiunto da una
serie di personaggi molto curiosi e seducenti (tra i quali spicca la nobildonna
veneziana Angiolina Aimée Mocenigo
della Torre) i quali tentano in tutti modi di convincerlo ad una “missione
folle”: proteggere il fianco sinistro del principe Eugenio di Savoia che di lì
a poco avrebbe lanciato una violenta controffensiva contro i turchi ottomani
nelle pianure dell’Ungheria. Ma qual è il “fianco sinistro del mondo
Occidentale”? È un’isola ricolma di profumi, di storia e di sole l’ultimo
baluardo di cristianità nell’Adriatico e batte bandiera veneziana: è l’isola di
Corfù, l’ultima perla del collier adriatico che il Gran Turco vuole strappare
prima di agguantare e stringere, una volta per tutte, il niveo collo della
decadente Venezia.
Matthias von der Schulemburg si ritrova
a doversi muovere in un mondo diplomatico/militare dove ogni parola e decisione
deve essere soppesata con la massima cura, soprattutto se si ha a che fare con
le grandi potenze diplomatiche dell’epoca, ovvero l’Impero Absburgico, rappresentato
dall’ “impossibile rivale”, il Principe Eugenio di Savoia (che sarà sempre “vissuto”
da Schulemburg come l’unico veramente del suo livello) e dai rappresentanti della Repubblica di
Venezia, tutti occupati a “dissipare ogni ricchezza in fastosi carnevali
aspettando l’inesorabile fine”.
E, trattandosi di Venezia, non si può
che non respirare un’aria di “fastosa decadenza” tra le pagine del libro che
molto spesso insiste sull’anima pragmatica e tutta d’un pezzo del generale nato
nel 1661 a Magdeburgo, ma anche non priva di attenzioni e slanci verso l’arte. Più
di una volta, infatti, durante la narrazione si può osservare “l’uomo di guerra”
diventare “uomo di arte” e soffermarsi con viva attenzioni sui capolavori della
pittura veneta.
I due Schulemburg padre e figlia
insistono molto sulla natura “fratta” del condottiero, che pur incarnando, come
abbiamo già avuto modo di sostenere poc’anzi, le virtù del Settentrione, riesce
anche, sia per una fine educazione che per caratteristiche sue proprie, ad
abbracciare anche le qualità del Meridione. Ecco perché egli allora è il
perfetto interprete del ruolo, va detto un poco altisonante, di Federmaresciallo
della Serenissima. Un ruolo tanto eminente per un compito tanto gravoso:
infatti la Repubblica di Venezia non s’interessa o quasi alla guerra, è troppo
occupata a celebrare feste, la situazione della fortezza di Corfù è quindi disastrosa,
gli intrighi (anche mossi abilmente dagli stessi ottomani) sono all’ordine del
giorno e la situazione politica non è delle migliori. Insomma come ogni eroe che
si rispetti, anche Matthias dovrà vedersela con “situazioni più grandi di lui”.
Una cosa da sottolineare è l’eccellente
impaginazione e rilegatura del volume. Il prato ha realizzato infatti un’edizione
di grande pregio, con una scrittura chiara, un’ampia tavola cronologica e dei
personaggi e in più vi è un’interessante prefazione della stessa Sibyl che spiega
i curiosi “motivi editoriali” che hanno portato a questo Per Cristo e Venezia
(il motto dei soldati alla difesa della rocca corfiotta). Certamente è un libro
che presenta più di una pecca, come ad esempio un'eccessiva lentezza nello
svolgimento dell’azione, la mancanza di rifinitura di certi personaggi
(soprattutto quelli maschili come i diplomatici veneziani) e una certa ritrosia
ad abbandonarsi a fini descrizioni degli ambienti e degli scenari che forse
avrebbero giovato per dare un po’ di colore locale.
Tuttavia Per Cristo e Venezia è una
storia appassionante, che racconta sì uno scenario di guerra secondario
rispetto “alla gran sortita ungara” di Eduardo di Savoia contro i Turchi, ma
comunque sempre basilare in un momento in cui tutto l’Occidente era, occorre
dirlo, minacciato su più fronti. Forse Matthias difese con tanto ardore la
rocca veneziana perché amava in maniera bruciante la città lagunare: un
insegnamento di non poco conto anche per i nostri odierni amministratori,
evidentemente affetti da “disamore cronico” per le nostre povere, tristi e
imbruttite città d’Italia.
Mattia
Nesto