di Carlo Rovelli
Milano, Adelphi, ‘Piccola Biblioteca
Adelphi’, 2014
pp.88
€ 10
Il Novecento è anche, tra le altre, il
secolo delle grandi rivoluzioni della fisica. Il cammino della fisica nella
decodificazione della realtà e nella spiegazione del cosmo, di ciò in cui ci
muoviamo e delle ragioni per cui tutto ciò esiste, è stato vertiginoso, a volte
diseguale ma sempre appassionante, al punto che, vicini alla fisica, nel tempo,
si son trovati ad essere anzitutto scrittori e romanzi, sensibili alle
evoluzioni della scienza. Negli anni Sessanta e Settanta, le lezioni di
Pedullà, si ricorda, mostravano il profondo legame tra l’evoluzione della forma
romanzo e l’evoluzione della fisica tra Ottocento e Novecento. Il percorso che
ha portato a essere consapevoli della nostra relatività nel sistema
dell’universo, ha portato, nel tempo, il romanzo a superare limiti o costruzioni
arbitrariamente centralistiche della narrazione (autore forte, soggetto forte,
narrazione oggettiva) a favore di un lento sgretolamento di questa prospettiva
e di tali soluzioni. Il risultato è stato un romanzo sperimentale,
congetturale, ipotetico, libero dal concetto di tesi quanto da quello di trama
e semmai, come testimoniato dal postmoderno, aperto alle fascinazioni
dell’imprevisto; liberato dalla tirannia dei nuclei (narrazioni forti) e
suggestionato dall’inseguimento dei satelliti (episodi marginali che assurgono
a fatti centrali perché inaspettati, nuovi all’autore anzitutto).
Carlo Rovelli, fisico veronese che insegna
in Francia, ha curato, per la “Domenica del Sole24Ore”, nell’ultimo anno, una
serie di brevi lezioni sulla fisica, che percorressero l’evoluzione della
scienza nel tempo, attraverso i momenti dei suoi grandi scatti, delle grandi
rivelazioni e teorie degli ultimi secoli, della modernità – da Newton a
Einstein, dalla quantistica al problema del tempo, a quello del calore.
Adelphi ha raccolto in volume queste
lezioni, che hanno ottenuto un grande riscontro di pubblico: il libro si vende,
si legge, si gusta. Veloce, agile, affascinante quando getta l’occhio
sull’ignoto che il futuro ci riserva, quando racconta le grandi evoluzioni del
pensiero moderno.
Non stupisca la passione per questo
libretto, per queste sette brevi lezioni: Rovelli ha, anzitutto, come
obbiettivo, l’accessibilità. Il libro è ben scritto, semplice (forse troppo, in
alcuni casi) ma non semplificatorio, rapido ma non dozzinale. In un paese come
il nostro, dove la cultura è sempre stata – ed è ancora – affare di pochi, in
cui un frainteso senso di erudizione ha portato, nei secoli, intellettuali e
scrittori a disdegnare il pubblico, scegliendo una prosa volutamente involuta,
difficile, inaccessibile, questo libro testimonia un fatto ineludibile eppure
sempre dimenticato: la semplicità è dei grandi, e l’accessibilità non è uno
stigma, bensì un punto d’onore per chi lo pone come scopo, allorché voglia
raccontare qualcosa.
L’accademia italiana, che non ha ancora
perdonato a Montanelli, Cervi e Gervaso l’operazione della Storia d’Italia, insuperato campione di vendite che ha davvero fatto gli italiani (e li ha resi edotti
delle nostre vicende nazionali fino ad allora oscure e sconosciute, con una
lingua accessibile e un racconto coinvolgente), non è mai riuscita a
comprendere che l’accessibilità è elemento essenziale dell’unificazione
nazionale, della possibilità della cultura di attecchire davvero nel corpo
della nazione, della crescita di un paese. Per questo la Storia d’Italia da un lato, ma anche le narrazioni straordinarie e
lucide dell’Antica Roma o della scienza nel tempo di Piero Angela e del figlio
Alberto, infine queste brevi e gustose Lezioni
di fisica meritano il successo che ottengono: è il successo che dimostra,
per dirla con Dickens, che il linguaggio semplice è l’ideale per portare tutti
nelle acque profonde del pensiero, per offrire a tutti questa possibilità.
Un libro gustoso e veloce (non arriva alle
novanta pagine) cui tuttavia è d’uopo avanzare un’obbiezione, relativa
all’ultimo capitolo, intitolato ‘Noi’. Allorché Rovelli sposta la sua
attenzione dalla fisica all’uomo, al futuro prossimo dell’umanità, finisce
anch’egli per cadere nella trappola socialista, catastrofista, ambientalista
che tanto è di moda negli ambienti della sinistra italiana e occidentale. Anche
ciò prova un fatto incontrovertibile, e cioè che indipendentemente dalle
capacità e dalla statura nel proprio campo di studi, questa stessa cultura,
quando voglia trattare argomenti quali la politica, l’ambiente, la demografia
ecc., rivela un pressappochismo imbarazzante, tirando fuori luoghi comuni triti
e ritriti, tra l’altro ritenuti inconfutabili, infine lasciando una vaga
sensazione di amaro, per aver voluto inficiare con opinioni politiche
(maggioritarie e fasulle, tra l’altro) un discorso che, tenuto sul filo della
fisica, fino allora era stato svolto così bene. Rovelli, nel suo ultimo
capitolo, dà per scontate alcune situazioni del nostro mondo, dell’umanità, dà
per scontati alcuni problemi, quando invece essi non lo sono, né le soluzioni
che tutti invocano paiono davvero le migliori – sebbene siano le più promosse e
sostenute. A monte di tutto ciò, credo, è un ateismo che impedisce a un fisico
di tale levatura di non assumere uno sguardo codificato sul mondo, quando vi si
rivolga.
A riprova di ciò, basti il fatto che pochi
giorni fa, il 27 giugno, su “Il Foglio” di Claudio Cerasa e Giuliano Ferrara, è
stato pubblicato uno straordinario articolo di Umberto Minopoli che tratta la
stessa questione dell’ultimo capitolo del libretto di Rovelli (e cioè ‘Noi’, il
futuro della fisica, della civiltà e soprattutto la questione di ‘Dio’) con ben
altra levatura e capacità filosofica.
Minopoli, ripercorrendo le ultime
agnizioni e scoperte della fisica, si interroga sulla questione ‘Dio’ – una
questione che si pone con sempre maggior forza alla scienza recente – rivelando
una curiosa contraddizione: al punto cui si è giunti, è più difficile dimostrare
l’inesistenza di Dio – con tesi metafisiche, arditamente surreali e
indimostrabili nel loro impeto ateista e casualista – che ammettere invece la
possibilità che all’origine del tutto vi sia stata l’Intelligenza Creatrice.
Rovelli, ateo convinto, non prende in
considerazione tale ipotesi. La conseguenza, sul piano etico e politico
(nell’ultimo capitolo, cioè) è una prospettiva vagamente catastrofista,
luogocomunista e essenzialmente disinformata di come le cose realmente vadano.
Minopoli chiude meglio di Rovelli, quindi, il libro che Rovelli ha scritto. Per
questo, di seguito si allega il link dell’articolo del “Foglio”. Chi volesse,
può integrare le sei belle lezioni del fisico veronese con l’ultima,
magistrale, etica, fisica e filosofica di Minopoli: