Ann-Marie e Gloria all'Hotel Manin (foto di ©Cletteraria) |
17 settembre 2015, h. 18.30
Hotel Manin, Milano
È un tardo pomeriggio che stenta a diventare sera, quello in cui incontro con altri blogger e amici Ann-Marie MacDonald, in occasione dell'uscita di L'età adulta (leggi la recensione). Ci sono alberi e cinguettii che hanno poco a che fare con l'autunno alle porte e molto con l'idea di rinascita che è racchiusa nel romanzo. Romanzo duro, a tratti claustrofobico, per l'atmosfera angosciante in cui vive una madre-scrittrice che non riesce a smarcarsi dalla sua figura di madre ma soprattutto dal suo passato.
Ann-Marie lo confessa: c'è molto di autobiografico, a cominciare dal fatto che anche lei, come la protagonista Mary Rose, è nata in Germania, in una base Nato. E come il suo personaggio è una donna "multitasking", abituata a dividersi tra scrittura, recitazione, lavori per lo schermo e per il teatro. Non sa dire quale se recitare e scrivere siano lavori ugualmente faticosi, ma certamente rintraccia molti punti di contatto e quasi di sovrapposizione nel suo percorso: è stato dopo aver scritto Buonanotte, Desdemona, la prima commedia in cui non ha recitato, che ha iniziato una rapida virata verso la scrittura pura, che avrebbe generato Chiedi perdono (in Italia, 1999), il primo grandissimo successo letterario. La versatilità è fondamentale: «è come in agricoltura: se fai ruotare le colture, hai sempre un terreno fertile. Così io scrivo commedie e romanzi alternando le mie forme creative e tenendole vive».
Riflessi... (foto di ©GMGhioni) |
È passato molto tempo da allora, ma nei suoi romanzi Ann-Marie tratta sempre tematiche scomode e complesse: «Sono loro che scelgono me e io ubbidisco». Alla base della poetica della MacDonald, la priorità per la verità:
«La verità deve sempre emergere. Credo che lasciare una porta aperta alla comprensione dei lati sommersi sia già un lietofine».
E per arrivare a questa rivelazione, la ricerca della verità si manifesta nel disagio, nel dolore, nella malattia fisica e mentale, dilaniando la protagonista Mary Rose, che è continuamente sbatacchiata tra ciò che sa e ciò che immagina. La memoria è frammentaria e va ricomposta: «È come quando lasci tanti oggetti in cucina: li sapresti nominare uno per uno, ma solo tornando nella stanza ti rendi conto della loro immagine globale». Anche la demenza della madre di Mary Rose, Dolly, è così: tanti ricordi frammentari, «come biglie che scivolano dappertutto e sono difficili da fermare».
La stessa difficoltà di vivere e di ricostruire il passato si manifesta nella struttura del romanzo, composto da un movimento in avanti (i capitoli sono ordinati cronologicamente da lunedì a domenica) e da tante «porte d'ingresso» che portano indietro (tra flashback, tessere dei libri che sta scrivendo Mary Rose,...). La MacDonald confessa che ci è voluto molto per rendere organica questa struttura. All'inizio scrive tutto in modo intuitivo per «capire la natura della bestia»! Solo dopo un po' riorganizza ciò che ha creato, ma deve avere sotto gli occhi tutta la trama. Insomma:
«Anche se fa un po' impressione, un libro è come una sorta di Frankenstein: ho lì tutte le parti da mettere insieme, ma prima di arrivare alle ossa, ho bisogno degli organi vitali. Forse è più complesso così, ma preferisco avere tutto sul tavolo.»
Ann-Marie MacDonald in ascolto - Foto di ©GMGhioni |
Quando ci confessa le sue abitudini di scrittura, Ann-Marie ammette che è molto difficile riuscire a organizzare la quotidianità, ritagliando il tempo per scrivere: «gli scrittori sono bravissimi a procrastinare!», commenta ridendo. In effetti, gli impegni della vita di tutti i giorni, i figli (lei ha «due bellissime principesse, di 10 e 12 anni»), il lavoro fanno sì che uno scrittore possa darsi molti alibi. In più, non tutti i giorni sono produttivi, ma bisogna ammettere che anche questi «giorni corrosivi» sono funzionali e fanno parte del processo creativo.
«Ci vuole molta fede e molta costanza: la prima è necessaria per la parte spirituale, diciamo; la seconda è fondamentale per mettere in pratica la fede».
Poi c'è il processo revisorio, in cui la MacDonald è impietosa: addirittura, montagne di scritti non vedranno mai neanche "la luce" con la stampa, ma si fermeranno allo stato embrionale di file sul computer. Scrivere, in ogni caso, non ha un grande ruolo catartico: certo, c'è dall'autoanalisi fondamentale per ognuno di noi, ma vi è di più la ricerca della verità. Capita (raramente, dice Ann-Marie) di provare un vero e proprio piacere quando nella rilettura sente di aver liberato qualcosa di reale, che può suonare vero anche al lettore. Sì, perché «il libro non esiste finché non c'è il lettore», che lo legittima e gli ridà vita.
Fondamentale, poi, nella vita come nella scrittura, l'ironia: «L'ironia è quel che mi fa andare avanti!». E così di spiega la sua propensione a scrivere commedie, ma racconta anche lo stupore di quando, a 14 anni, ha scoperto al liceo i vari tipi di ironia. «Senza ironia, non potrei scrivere. Certo, bisogna stare attenti e non esagerare con l'ironia troppo amara, né mai finire nel cinismo, che è invece nemico del processo creativo».
E infatti, anche in un romanzo drammatico e fortemente angosciante come L'età adulta, non mancano flash che fanno sorridere della quotidianità, della curiosità dirompente del vicinato e di tante piccole esagerazioni della routine. Un'autrice completa, generosa, che ha saputo in un'ora aprirci la porta del suo presente ma anche del suo passato, senza schermi di sorta, ma anzi con l'incoraggiamento di un sorriso.
GMGhioni