Il
Cerchio
di
Dave Eggers
Mondadori,
2014
pp.391
€
20,00
Ce l’avete presente Miss Italia, o Miss
qualsiasi cosa, quando le chiedono quale sia il suo più grande desiderio e lei
risponde “La pace nel mondo”? Ecco, in quel momento mi verrebbe voglia di
andare lì, scuoterla dalla fascia e chiederle: scusa ciccia, sai almeno da cosa
si dovrebbe iniziare?
Che lei sia in grado o meno di rispondere
a questa domanda poco importa. Poco importa al pubblico che la vota, la guarda,
la ama. Perché come si fa a non adorare una dolce ventenne il cui unico
desiderio è vedere gli esseri umani mangiare zucchero filato e cavalcare
unicorni rosa?
Il Cerchio, multinazionale che ricorda
molto Google incorporato a Twitter e Facebook, più o meno si basa su questo
principio: vuole la felicità dei suoi utenti.
Vi racconto di un mondo in cui due fidanzati
si lasciano e lei sa esattamente come lui passa le giornate, così una sera si
reca nel ristorante in cui sta cenando, lo fa ingelosire e i due tornano
insieme: succede oggi con Facebook, e sì, forse è un’imboscata, ma che c’è di
male? Infondo era per amore.
Poi vi racconto di un mondo in cui ogni
giorno vengono rapiti sette bambini, e in cui una società progetta un
microchip per poterli controllare e riesce a eliminare il problema: questo è il
Cerchio. E anche se quei bambini saranno per sempre monitorati in ogni
loro singola mossa, si pensa che sia un giusto prezzo da pagare per garantire
loro un’infanzia serena.
Il Cerchio è il luogo dove la sicurezza è
più importante di ogni altra cosa, dove la privacy assume un’accezione
negativa, e dove mancata condivisione significa mancata onestà.
Difficile giudicare sbagliate le
decisioni di persone che operano ai fini della nostra tranquillità. Mae, la
protagonista di questo romanzo, l’ha capito da subito. Quando entra a far parte del Cerchio è una sfigata. Posso
dirlo? Simpatica sì, ma una sfigata secondo i canoni da loro stabiliti. Non è
popolare sui social, ama divertirsi semplicemente andando in kayak, e svolge a
pieno le sue mansioni.
Inutile scomodare Andy Warhol, e la sua
celebre frase su fama e futuro. Interessante forse citare mia nonna, che da
piccola quando mi rifiutavo di adempiere ai miei doveri, mi riprendeva
dicendomi: un giorno sarai grande e dovrai assumerti le tue responsabilità. Curioso
pensare come io ai tempi credevo che mai sarei diventata grande, proprio come
ora noi crediamo che mai diventeremo i mostri del Cerchio. Ma sicuramente
fondamentale tirare in causa Gustave Le Bon. Povero Gustave, preso in
considerazione ogni volta che si parla di totalitarismo, citato da Mussolini; non
sta certo riposando in pace ora!
“Le
folle non si lasciano influenzare dai ragionamenti. Le folle sono colpite
soprattutto da ciò che vi è di meraviglioso nelle cose” scriveva in Psicologia delle Folle. Libro dentro al quale sembra teorizzato il
personaggio di Mae, il modello che i grandi Capi assumono per convincere il
popolo che le loro opinioni siano le uniche da seguire.
Mae in pochi mesi diventa ambasciatrice
della trasparenza, la donna che ha il compito di mostrare al mondo quanto si
lavori bene nella sua azienda, e quando sia importante essere chiari e limpidi
agli occhi degli altri.
La vera innovazione compiuta da Eggers in
questo romanzo non risiede certo nell’aver costruito un mondo iper controllato dalla
tecnologia. Ciò che più spiazza è l’evoluzione negativa della protagonista,
l’annientamento delle sue emozioni. Caratteristiche che spingono il lettore a
voltare pagina, tra le altre cose, solo per vedere fino a che punto si può
spingere la stronza. E la stronza, da vero personaggio pessimo quale è, regala
grandi dispiaceri ma anche interessanti riflessioni, fino alla fine.
Lei, come chi la comanda, è convinta di
operare nel giusto. Non ammettono critiche al loro sistema perché davvero
credono sia il migliore in circolazione, l’unica soluzione per salvarci dalle
brutture del mondo.
Alla fine Eggers, per quanto metta in
gioco nuove tecnologie e macchine del futuro, tratta lo stesso tema che
affrontano da sempre i grandi romanzi: la paura della morte. Il terrore che
tutti abbiamo di andarcene senza aver lasciato un segno, l’inesistente limite
per raggiungere tale scopo.
“Il Cerchio” è molto lontano dall’essere
una distopia. Non vi è un mondo al di fuori da quello creato dal Cerchio,
perché tutti (fatta eccezione per pochi individui) ne vogliono far parte.
Quindi non vi è una scelta da operare tra un mondo e l’altro. Mae infatti non
ha mai un dubbio, durante il suo percorso le viene concesso di agire come
meglio crede. E anche quando viene
ripresa per le sue azioni considerate inadeguate, lei si convince, o
peggio ancora pensa davvero che sia esclusivamente per il suo bene.
In questo caso l’espressione “The Circle
is watching you” non funzionerebbe, perché prima di tutto il Cerchio vuole
essere guardato più che guardare. Queste “brave persone” si adoperano per “migliorare il mondo” senza
forzature, senza violenza. Le loro armi sono il principio di imitazione e il
desiderio di controllo, sentimenti che tutti proviamo. Le loro armi esistono
già nelle persone, sono le emozioni più profonde all’interno di ognuno di noi.
Dave Eggers ha dichiarato al New York
Times di non aver mai visitato il campus di una multinazionale come Google o
simili, e che quindi non si è ispirato a queste per scrivere il libro. Sicuramente
ha letto Huxley visto la spontaneità con la quale i suoi personaggi si affidano
al nuovo sistema, e Orwell, libro che lui spessa dichiara di amare, o si è divertito a guardare “The social
Network” prima di scrivere che l’inventore del Cerchio è “un
venticinquenne in felpa e cappuccio con sindrome di Asperger”, o probabilmente ha solo osservato il
mondo che lo circonda. Se voleste contattarlo per avere risposte a queste
domande non provate con Facebook e Twitter, lo scrittore non è sui social. Forse perché “chi li conosce li evita”?