Sabato 19
settembre presso il WOW – Museo del
Fumetto di Milano in occasione della mostra “Zio Paperone e i segreti del
deposito” è avvenuto l’incontro, in collegamento via Skype, con Keno Don Hugo Rosa, uno dei maggiori autori di
storie sul papero milionario e vincitore nel 1995 del prestigioso Will Eisner Award (massima onorificenza in fatto di “comic strip”), In particolare Don Rosa ha disegnato la celeberrima
“The Life and Times of $crooge McDuck” vera e propria pietra miliare, dopo le avventure firmate da Carl Barks, di Zio Paperone. La
videoconferenza, alla quale ha partecipato anche Dan Shane, autore degli
accurati progetti del deposito di Paperone da cui Don Rosa ha tratto lo
spunto per una recente storia, è stata un utile appuntamento sia, ovviamente,
per approfondire il tema legato ai “paperi dei fumetti” sia per capire le
logiche (e contro-logiche) editoriali.
Donald Trump VS Donald Duck: le differenze al di qua e
al di là dell’Oceano
Don Rosa ha
raccontato come la fruizione dei fumetti sui paperi sia molto più forte in
Europa rispetto che in America. Negli Stati Uniti infatti il mercato è dominato, almeno
a partire dalla seconda decade degli anni Quaranta (la cosiddetta “Golden Age”)
dalle avventure dei supereroi, vera e propria “palingenesi” degli ideali a
stelle e strisce. Naturalmente anche i paperi e le avventure Disney in generale
sono lette, ma in misura ridotta e soprattutto sono apprezzate da un pubblico
compattamente composto da soli bambini. In Europa il confine è meno netto ed è
per questo che, a parte luminose eccezioni come il “maestro” di Don Rosa Carl
Barks, in Europa e soprattutto in Italia gli autori di “duck tales” sono così
raffinati e hanno la possibilità di esprimersi ai massimi livelli: perché
l’immaginario non è occupato solo da eroi in calzamaglia e perché anche gli
adulti leggono, con sommo piacere, le storie di Zio Paperone.
In questo senso
“The Life and Times of $crooge
McDuck” va proprio in controtendenza. È una graphic-novel a tutti gli effetti
in cui viene raccontata, così come anche lo stesso titolo suggerisce, non
soltanto la storia di Zio Paperone, “uno dei pochi personaggi Disney ad avere
un background molto forte” ha ricordato Don Rosa, ma anche il tempo di Scrooge
McDuck ovvero gli USA tra la fine dell’Ottocento e la fine degli anni Quaranta,
gli anni che segnarono il Secolo Americano. Occorre anche citare il fatto che,
nuovo dato di differenza tra America e Europa, come Zio Paperone sia percepito
al di qua dell’Oceano come personaggio principale mentre Paperino è la “spalla
ideale”, che sta sempre una spanna dietro. In Europa invece le cose si
ribaltano ed anzi il pubblico vede in Paperone quasi un personaggio “negativo”,
un avido capitalista che vessa Paperino, dall’animo “buono”, il quale ha come
unico interesse quello di vivere in santa pace. Eppure già Stefano Baricco in
una approfondita ed eccellente introduzione al volume “Zio Paperone” edito da
Bur nel 2000, aveva illustrato che Zio Paperone sia il “motore delle storie”,
il meccanismo scenico senza il quale non vi sarebbe avventura e suspense ma
soltanto una bigia monotonia.
Scena tipo:
Paperino è accollato sull’amaca, Qui, Qui e Qua o stanno leggendo il Manuale
delle Giovani Marmotte oppure progettano qualche dispetto allo zio. L’aria è
tersa, il cielo azzurro e non si muove una foglia. Ma ecco che, come un fulmine
a ciel sereno o se si preferisce come un deus
ex machina, il telefono squilla, anzi urla, trasformandosi quasi antropomorficamente nel viso e nell’ugola di Zio Paperone che
intima allo sciagurato nipote di presentarsi, in meno di un paio di secondi, al
Deposito perché “c’è da partire” alla volta dell’Iran per cercare il tesoro
perduto di Dario il persiano. Facile quindi capire come Baricco sottolinei
l’assoluta preminenza drammaturgica, per così dire, di Paperone su Paperino.
Medesimo fatto che lo stesso Don Rosa ribadisce, spiegando come, per scrivere
una storia di Scrooge, abbia bisogno di numerosa documentazione: “Tra tesori, imperi perduti e civiltà
scomparse debbo passare settimane nelle biblioteche per informarmi. Grazie a
Zio Paperone mi sono fatto una cultura. In un’epoca in cui non c’era Internet e
la televisione con le storie del Paperone di Carl Barks si poteva viaggiare con
la fantasia dappertutto”.
“Do it yourself better”: la filosofia punk dello Zio
Paperone di Don Rosa
Don Rosa è un
autodidatta. Infatti, proveniente da una famiglia originaria del Veneto, egli
cresce a Louisville in Kentucky, da un padre proprietario di una ditta di
costruzioni. “La mia formazione
scolastica, di cui voglio sottolineare il fatto non ricordi un’acca – dice
Don Rosa durante la conferenza – si è
inserita proprio concentrata a fare di me un ingegnere civile: ecco perché per
quasi vent’anni e tutt’oggi faccio l’imprenditore edile”. Alle storie di
Zio Paperone si è avvicinato tardi, a 37 anni: “Quasi per caso ho disegnato una storia, Zio Paperone e il Figlio del
Sole – ricorda l’autore – Ero
convinto fosse una questione di una volta e mai più. Invece con sorpresa la
storia è piaciuta tantissimo e da lì non ho mai smesso”. Don Rosa afferma
come uno dei fattori che ne hanno decretato il successo, “ancora per me, tutt’oggi, inaspettato”, sia il fatto che i lettori
avevano percepito come l’autore di quella storia non fosse un autore
professionista, ma un vero appassionato, uno come loro: “Io sono sempre stato odiato dagli art-director e dagli editor –
afferma sorridendo l’italo-americano – Mi
giudicano un parvenu, uno con un tratto troppo grezzo per essere definito un
disegnatore: forse hanno ragione, forse sono solo uno che traccia linee su un
foglio e che poi diventano storie”.
La vicenda sull’opera più importante di
Don Rosa, la “Paper Dinastia”, è una storia molto punk, se si può passare il
termine. “Io non amo essere visto come
autore Disney ma piuttosto come autore di storie di paperi – dice il
fumettista con forza – Non condivido la logica
industriale della Disney, per questo ho lavorato per la danese Egmont. E ai
tipi della Egmont, dopo aver saputo che la Disney aveva intenzione di fare una
saga su Zio Paperone, ho suggerito di anticipare la casa statunitense –
prosegue l’intervistato – Caso vuole che
hanno proposto di farla fare proprio a me ed io sono stato ben felice di
realizzarla”. Ecco la forza di questa saga.
È una saga matura, piena di
riferimenti storici, biografici e rende Zio Paperone un personaggio molto
profondo, così lontano dagli stereotipi Disney. Lo Scrooge McDuck di Don Rosa è
un “homo faber”, che scopre il mondo con la forza del suo entusiasmo. La
lezione del fumettista è una lezione molto punk: fate le cose da voi, seguite i
vostri sogni con tenacia. Non c’è niente di meglio e niente di peggio per un
uomo, perché si hanno tutte le responsabilità, ma anche i meriti, sulle proprie
spalle. Forse proprio per questo, come del resto recita una famosa pagina
Facebook, ci sono ancora tanti “Ventenni che piangono leggendo la Saga di
Paperon de’ Paperoni”. In conclusione c’è stato anche il tempo per una lieta
notizia: nel 2016 si rivedranno nuove storie di Don Rosa anche in Italia. Un
arrivederci quindi con il Papero più famoso del mondo, “il numero uno prima dei
numero uno”.
Mattia Nesto