A merenda con Melanie Raabe:
ho dimenticato di mangiare i dolcetti per parlare con lei di trappole, scrittura, e paranoia.
Linda non esce di casa da undici anni. È un mistero per la stampa e per i suoi fan. È Elena Ferrante ma meno romantica e più paranoica. Quando domando a Melanie Raabe, autrice del libro, se secondo lei è possibile scrivere senza stare tra le persone, nel mondo, lei mi risponde di no, mi dice che Linda riesce a lavorare ai suoi libri solo perché fino a una certa età è stata una come tante, che usciva e parlava con la gente. Lo ammetto, mi viene da contraddirla. Vorrei dirle che a me Linda sembra una che rifiuta il mondo e tutto ciò che è altro da lei, una donna priva di meraviglia e stupore, e che quindi mi appare molto strano che riesca con successo a descriverlo nei suoi libri. Ma non lo faccio. Un po’ perché Melanie Raabe è una persona di rara cortesia e gentilezza (sono arrivata in ritardo all’incontro con lei e gli altri blogger ma mi ha accolto come se nulla fosse accaduto) e soprattutto non incalzo con i miei dubbi, perché noto che Melanie conosce bene la sua protagonista. Mi accorgo che dietro la costruzione di questo personaggio c’è un lungo lavoro di riflessione, quindi mi fido di lei.
Qualcuno tra i blogger presenti scherza sul suo successo e le chiede se anche lei mira a diventare ricca come la protagonista del suo libro. Melanie è onesta e risponde che al momento, grazie a questo primo romanzo, ha dovuto abbandonare la sua attività da giornalista, e che anche se molto felice, non riesce ancora a definirsi una scrittrice. Un’onestà non così ovvia se si pensa all’enorme successo ottenuto da “La Trappola”, venduto in quindici Paesi, definito International Hot Property della Fiera di Francoforte, già in procinto di diventare un film.
Melanie Raabe è stata paragonata da tanti a Wulf Dorn. Più che fare un paragone è stato detto che lei fosse “la versione femminile di Wulf Dorn”. Senza polemizzare su quanto ancora l’editoria stabilisca e accentui una netta differenza tra scrittura e scrittura femminile, prima ringrazio la sua casa editrice italiana, Il Corbaccio, per non avere decorato il libro con un’inutile fascetta che sottolineasse il fatto che avesse scritto un thriller nonostante fosse donna, e poi chiedo a Melanie cosa ne pensa del confronto con lo scrittore tedesco. “Wulf Dorn è la migliore versione possibile di Wulf Dorn” mi dice “e io, nel mio libro, sono stata la migliore versione possibile di me stessa”.
Una risposta che mi è piaciuta molto. Così tanto che dopo, quando il tempo delle domande è finito, chiacchiero con Melanie di altro; parliamo del ritardo dei treni, delle difficoltà che affrontano gli scrittori emergenti, di quanto veniamo bene in foto insieme.Mi rendo conto che avrei potuto parlare di più del suo libro, dell’intreccio psicologico, della “trappola” che altro non è il racconto che noi facciamo a noi stessi della nostra vita. Ma non l’ho fatto. Proprio come non lo faccio adesso con voi.Per godersi a pieno una grande storia è necessario leggerla e raccontarla con la propria voce: dunque, buona lettura.
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