Un libro di poesie. Da leggere un poco per volta. Da riprendere in mano. Da capire. I dubbi partono dall’autore stesso quando curiosamente precisa che si tratta di righe che vanno spesso a capo. In questo itinerario di sola andata il mare è sempre presente e tante sono le metafore marine che accompagnano il lettore. Gli inevitabili contrasti che il mare ispira quando diviene mezzo di sopravvivenza di uomini in cerca di un futuro migliore, si mescolano e creano un osmosi di significati plurimi: il mare per questi uomini è acqua selvatica e sudore salato. Si tratta di un mare sognato, desiderato, atteso a cui ognuno attribuisce una forma differente: una mezza luna coricata, il tappeto di una preghiera, i capelli di una madre. Invece il mare diviene all’improvviso il contorno merlato del proprio paese l’ostacolo da affrontare, il luogo lagrimevole da cui partire.
Da giorni prima di vederlo il mare era un odoreun sudore salato ognuno immaginava di che forma.Sarà una mezza luna coricata, sarà come il tappeto di preghierasarà come i capelli di mia madre.Cos’era invece? Un orlo arrotolato sulla fine dell’Africa,gli occhi pizzicati da specchietti, lacrime di accoglienza.
È l’attesa che precede il
viaggio e il momento della condivisione. È l’attimo della speranza partecipata
e il tempo della generosità assetata, ubriaca di sensazioni, fintamente esibita
nelle parole dei navigatori senza scrupoli: è il prezzo per salire sul mare di nessuno, è il desiderio che si
coniuga con l’ignoto. E il mare oscillante e accompagna il prosieguo del cammino,
diviene l’unico testimone silenzioso della paura, il solo a contrastare l’odore degli assassini.
Beviamo sulla spiaggia il tè dei berberi,cuciniamo le uova rubate a uccelli bianchi.Pescatori ci offrono pesci luminosi,succhiamo la polpa da scheletri di spine trasparenti.L’anziano accanto al fuoco tratta coi mercantiil prezzo per salire sul mare di nessuno.La barca è una sella più comoda di una cavalcaturail mare è un movimento di cammello.Per abbondanza, vomitiamo i pesci,dal corpo un’onda di restituzione.Il marinaio è armato, ha paura di noi usciti dal deserto,fa mosse di minaccia, le donne si difendono le orecchie.Sono in due, stanno larghi, ci tengono a distanza,tre metri vuoti e noi stretti davanti.Hanno ammazzato già, si sente dalla puzza di paura,di notte è più forte l’odore degli assassini.
Tutte le poesie della
prima parte rinviano alle situazioni fin qui sintetizzate. L’autore coniuga i
tratti drammatici e fin troppo legati alle notizie di cronaca sugli sbarchi, anche
una parte biblica. Se esiste un Dio che impone
di provare meraviglia per il creato, vi è anche un Dio non cercato dagli
uomini. In mare aperto non si invoca, non esiste nessuna supplica d’aiuto. La
terra è l’antitesi del mare. Il coro collettivo di preghiere è vuoto, rimane a
terra, lontano, quando si canta per le mandrie, quando le donne curavano il fuoco nel cerchio di pietra.
“……Un’ondata punta la barca in giù verso di noiL’uomo con il fucile cade a faccia avanti.Afferro l’arma dalla parte del ferro, lui la stringe dal legno,glielo tolgo, l’alzo sopra le braccia e lancio al mare.Una forza di ondate nel mio corpo pareggia la tempestaPianto le gambe nel mezzo della barca, si fa largo intorno.Il nostro Dio comanda di provare meravigliadavanti a tutto quello che vi incontro a noi.Lascia alla meraviglia un tempo, fino al sangue,
È una poesia a tinte
forti, scabra, che racconta, è una parola che scuote e che vuole essere
testimonianza. È un grido dove purtroppo trova spazio l’orrore e la morte. Il
popolo è protagonista delle battaglie di vita, è forte nelle proprie terre
africane, scacciato dalle proprie case con
il seme sputato il più lontano
dall’albero tagliato, fino ai campi del mare. Un popolo di sabbia intriso
di ferro nel sangue, con la calce negli occhi, il fodero di cuoio, un popolo la cui Patria è la cenere fresca di vecchi e di
animali partita col vento. Guerra, devastazione e morte si rincorrono da
oriente a occidente da e per il mare. Con Solo
andata si rivive il lungo e difficile viaggio “emigrante” fin troppo visto,
spesso vano, discutibile.
Dalla camicia sfilo la mia lama, sono addosso all’uomo,l’apro dal basso ventre in su, poi lo rovescio in mare.Il marinaio al timone si fruga addosso un’arma, grida,tutto il mio corpo è il manico di un ferro per squartareFosse un uomo salterebbe nei metri di nessunodove sto io per il combattimento.Resta al suo posto, vado con il coltello basso e pochi passiQuello si volta al mare, si butta dentro vivo con le scarpe.Siamo senza guardiani e senza guidanella corrente, giro il timone, torna di fianco il mare.La barca è un pezzo di terra preso a colpi di vangai viaggiatori sciolgono le gambe, occupano i metri.
Mariangela Lando
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