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#taoyouth2015: Pariolini domestici (e non). Letizia Muratori, "Animali domestici"

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Animali domestici
di Letizia Muratori

Adelphi, 2015


Prendete un ambiente, per così dire, “protetto”: il quartiere romano Parioli, la severa patina medioborghese dei suoi palazzi “dritti” e “analoghi”. Osservate i suoi coloni, distrattamente sospesi fra l’appagamento e l’aspirazione – volutamente frustrata – a emanciparsi da un sostrato culturale, in fondo, indelebile. Un’umanità “normale” proiettata su un fondale incolore, neutro, sul quale Letizia Muratori, in Animali domestici, dipinge l’affascinante, misteriosa complessità delle relazioni umane.

Quale istinto spinge a prendersi cura di un animale? Chiara, “pariolina” dissidente e “canara” per passione, sottrae i cani a chi, incostante, non li ha amati abbastanza. Di essi conosce ogni dettaglio, ogni abitudine; è qualcosa di più dell’affetto: è devozione. Vitale e pura, “piena di slanci e priva di curiosità” è forse il personaggio più commovente, più sincero del romanzo, memorabile nella sua “pazzia” che è in fondo, semplicemente, immensa capacità di amare.



“Non l’ho mai seguita": Letizia – la voce narrante, scrittrice di professione – e Chiara sono cresciute insieme, ma due nature diverse le hanno fatte allontanare. Se Chiara addomestica, Letizia si fa regolarmente addomesticare: dalle donne, ma soprattutto dagli uomini della sua vita. Ecco dunque un brulicare di figure forti e volitive – Simonetta, l’amica del liceo; l’impetuosa e rancorosa domestica Almas; l’editor Tullio; Marco, l’ultimo, petulante fidanzato – attraverso le quali il lettore può intuire la sagoma di una donna che sembra vivere le relazioni distrattamente (“una che quando ci si mette neanche se ne accorge”), in qualche modo sempre osservando la sua vita – da brava scrittrice – dall’esterno; ma incapace di scrivere d’amore perché, forse, non lo ha mai compreso. E forse proprio per questo finisce per tornare sempre, costantemente da Edi Sereni, l’affascinante, cinico e anaffettivo padre di Chiara. Come un “micio” che è fuggito seguendo il “richiamo ingannevole di una vita mai vissuta”, Letizia ritorna infine dal suo “padrone”, accontentandosi di un rapporto di franca indifferenza che è, in fin dei conti, solo un comodo surrogato dell’affetto.

Sono questi gli “animali domestici” del titolo: uomini e donne legati a un ambiente chiuso e sicuro, sempre in bilico fra restare e fuggire, ma nel profondo spaventati, come chiunque sia cresciuto nella sicurezza di un quartiere borghese, dal “pericolo che viene solo da fuori, è esterno”. Letizia Muratori presenta questo mondo “a parte” attraverso i suoi protagonisti, meravigliosamente caratterizzati: c’è chi vi si è adattato e chi, invece, come i “randagi” Edi e Chiara, non ha mai voluto farne parte. Non c’è morale né giudizio, solo lo sguardo contemporaneamente curioso e distratto da “pariolina qualsiasi” di Letizia, che con la sua “recita eterna” di fughe e ritorni ci mostra quanto in realtà assomigliamo ai cani e ai gatti che, senza un apparente desiderio di evasione, popolano le nostre case.

Federica Consonni

Questa recensione di Federica Consonni è vincitrice della prima edizione del contest letterario Taoyouth (sezione B), aperto agli allievi delle scuole di eccellenza italiane e nato da una collaborazione di CriticaLetteraria con la Scuola Superiore di Catania e la sua associazione Alumni, la Rete degli Allievi degli Rete Italiana degli Allievi delle Scuole e degli Istituti di Studi Superiori Universitari e il festival letterario Taobuk di Taormina. La ospitiamo con piacere sul nostro blog, felici di dare spazio a penne giovani che vogliono dar voce al loro senso critico e, soprattutto, al loro amore per la bella letteratura. - Laura Ingallinella