Scrittori in ascolto: Ho incontrato Ferzan Ozpetek, per il resto non so

Sei la mia vita
di Ferzan Ozpetek
Mondadori, 2015

€14,45


Cominciamo con qualcosa che con Ozpetek c'entra tutto e niente. Cominciamo con un’espressione che non sopporto “tutto e niente”, appunto, quindi cominciamo male. È il 2002, faccio le medie, ho tredici anni. Non sono la ragazza più popolare della scuola, anzi, sono una sfigata. Invito le mie amiche a casa per guardare insieme un film. Loro scelgono l’orario, cosa mangeremo, quante saremo. Io scelgo il film. Ci mettiamo sul divano e schiaccio play. Dopo i primi quaranta minuti le mie amiche iniziano a ridere, qualcuna insinua che non sono normale, altre si annoiano. 

Se mi aveste chiesto nel 2012 la trama di Le fate ignoranti, vi avrei risposto che è la storia di un uomo investito da una macchina. All’epoca era tutto ciò che vedevo e capivo di quel film. Era il motivo per il quale volevo condividerlo con le mie amiche, per mostrare loro una scena che io non riuscivo a comprendere a pieno ma che trovavo bellissima. Quella sera rimane uno dei racconti più brutti e più divertenti della mia adolescenza, un aneddoto che tiro fuori spesso con gli amici di oggi, concludendo “beh, meno male che non era ancora uscito Nymphomaniac”. Quando sabato stavo seduta sulla metro in attesa di incontrare Ferzan Ozpetek, in occasione di un evento per blogger, organizzato da Mondadori e da quella bella gente di Bookcity, non riuscivo a smettere di pensare che avrei incontrato l’uomo responsabile di aver scritto il film per il quale fui vittima di numerosi scherni. Ero molto contenta. 

Ozpetek è arrivato che quasi non ce ne siamo accorti. E non perché abbia una presenza che non desti attenzione, al contrario, ma perché è arrivato come arriva un amico a un appuntamento con altri amici, con naturalezza. Subito ci ha parlato di un fioraio, e poi del suo ultimo libro, Sei la mia vita. Il libro l’avevo letto (se non voi non l’avete fatto, leggetelo, che tanto io odio le recensioni che raccontano per filo e per segno la trama, quindi non lo farò) perciò la storia del fioraio mi interessava davvero molto di più. Poi c’è da dire che quando Ozpetek ti parla non riesci a staccargli gli occhi di dosso. No, calmi, non mi sono innamorata stile fan di Justin Bieber, ma davvero penso che il modo di parlare di questo regista ma pure scrittore, turco ma anche italiano, sia irresistibile, capace di costruire immagini in ogni sillaba. 

Sei la mia vita è una lunga lettera d’amore. Una di quelle che sarebbe meglio non ricevere perché poi “cosa rispondo?”, una di quelle che probabilmente non hanno bisogno di risposta. E infatti l’uomo al quale si rivolge, il suo compagno, non dice mai nulla. Un caso di mutismo? Il racconto di un eterno logorroico? Niente affatto. Sei la mia vita descrive benissimo quella rara situazione, che si verifica poche volte nella vita, in cui si ama a tal punto che non c’è bisogno che l’altro risponda, non c’è alcuna necessità di riscontro, perché le parole di uno si nutrono della sicurezza degli sguardi dell’altro, perché raccontare agli altri è raccontare a noi stessi. Posso dirlo? E 'sti cazzi! Mica è facile! Non è facile vivere un’esperienza del genere e scriverne poi un libro, che è molto simile a mettersi nudi in mezzo a una piazza urlando a squarciagola tutti i propri pensieri. Non leggetelo se vi siete appena lasciati con il fidanzato/a, non leggetelo se credete che tanto amore possa nascondere qualcosa, non leggetelo se siete delle persone che se entrano in casa di uno sconosciuto riescono a resistere alla tentazione di aprire i cassetti. Perché Sei la mia vita è la stessa identica cosa: è aprire gli armadi, rovistare tra le lenzuola, entrare nel bagno di uno sconosciuto. 

Leggendo Sei la mia vita, mi è venuto in mente il discorso che Wislawa Szymborska ha tenuto nel 1997, in occasione del conferimento del Premio Nobel. “L’ispirazione, qualunque cosa sia, nasce da un incessante non so”, ha detto la poetessa polacca. Allora, ho chiesto a Ozpetk cosa non si sa quando si scrive un’autobiografia, e cosa si impara dopo. “Anche se sono tutte vicende realmente accadute, e parlo di persone realmente esistite” – ha detto lo scrittore – “io racconto fino a un certo punto, racconto solo quello che voglio raccontare. Perciò il non so rimane sempre, e poi c’è la memoria; scrivendo il libro mi sono ricordato di molte persone che sono passate dalla mia vita e che in un modo o nell’altro hanno lasciato un segno.”

Vorrei trarre delle conclusioni, dirvi cosa ho capito dal libro, ma mi appello anche io alla bellezza-del-non-so. Non so perché quel giorno del 2002 scelsi di far vedere Le fate ignoranti a delle adolescenti crudeli, e non so perché Ferzan Ozpetek abbia deciso di scrivere Sei la mia vita, non so se al suo compagno sia piaciuto, non so. Non so e sono contenta così. 

Giulia Muscatelli