24 ottobre 2015, Milano in pieno
fermento BOOKCITY 2015. In occasione di questo evento l'Instutiut
Français ospita nel bel palazzo di Corso Magenta il Festival de la
fiction française, un bel ciclo di incontri con autori francofoni.
Oggi è la volta di Adrien Bosc, all'attivo col suo primo libro,
tradotto col titolo italiano di Prendere il volo (qui la nostra recensione). Un romanzo
poliedrico dove i protagonisti sono le 48 vittime del disastro aereo
del Constellation dell'ottobre 1949. Una “moderna Spoon River”,
dove la storia di ogni passeggero diventa un romanzo a sé.
Adrien Bosc ha ventinove anni e le
sue parole sono cariche e pacate. È intervistato da Marco Missiroli
che con una battuta di apertura sottolinea come Bosc sia stato in
grado di fare tutto ciò che in Italia si fatica a fare: aprire una
propria casa editrice, scrivere un romanzo, vincere un premio
importante. Secondo Missiroli molto del successo di Prendere il volo è dovuto a una peculiarità
stilistica del romanzo: è scritto in prima persona. Là dove
generalmente ci si sarebbe aspettati una terza persona, Bosc entra
nel suo romanzo e prende parola. Ecco la rivoluzione che spiega il
successo, soprattutto di critica.
Ma quale è stata la scintilla?
Bosc risponde È partito da un fait divers,
persino lontano nel tempo e senza alcun rapporto personale, e cerca di tracciare le fila della genesi del suo romanzo. Semplicemente una sera si trova casualmente a vedere un video di una
vecchia trasmissione francese, dove era presente come ospite il
liutaio che costruì il violino di Genette Neveu, vittima
dell'incidente. E da lì torna indietro nel tempo, a questo 1949,
consapevole che "ogni storia è il migliore medium per
esprimere alcuni elementi che si hanno a cuore". In
questo caso: il destino umano, democratico e imperscrutabile.
Il
fatto di cronaca è quindi solo il punto di partenza per un'analisi
più profonda e universale. Dopo aver visto questo video Bosc si
interessa alla vicenda del Constellation, consapevole che la Francia
aveva per anni associato tutta la questione al solo Marcel Cerdan,
famoso pugile e amante di Edith Piaf che perse la vita in quella
occasione: "la storia di Marcel Cerdan aveva lasciato in
anonimato tutto l'aereo". Così
decide di indagare, e per parecchio tempo si dedica solo alla ricerca.
Sul crinale dell'inchiesta
giornalistica raccoglie
molti dati, si reca sul luogo dell'incidente, ma non riesce a trovare
la forma giusta per organizzare il suo testo. Aspetta
infatti sei mesi per "far
riposare la storia, e cresce
sempre più in lui la consapevolezza di non voler scrivere
un libro di storia, di non volere l'oggettività giornalistica, la
verità pura". Del resto, "il
fatto poteva essere letto sui giornali". Vuole
scrivere un romanzo, dove si potessero conciliare la velocità della
scrittura, quella che definisce "recit d'urgence",
e la fixité più
tipica del romanzo.
Marco Missiroli e Adrien Bosc parlano di Prendere il volo (Guanda, 2015)
C'è un momento preciso in cui capisce quale
strada prendere. La svolta in realtà coincide con un capitolo, dove racconta di aver telefonato al figlio di una delle
vittime e di aver compreso da lì quanta tragedia ci fosse dietro il
fatto di cronaca. La via dell'inchiesta non è più percorribile,
serve una mediazione, che dia risalto al fatto che "la vita e la
realtà sono capaci di superare la finzione: è come se la modalità di scrittura si sia imposta dopo
questa telefonata". Non rinuncia
però alla prima persona: "la costellazione è visibile solo
quando si uniscono le stelle guardando il cielo". Ecco
la spiegazione alla sua scelta, una scrittura che sappia svelare,
guidare alla comprensione di quello che è il tema centrale della
vicenda: il destino umano. Che ha poco a che fare con Dio e più con
la casualità della vita, con l'esser qui e ora. O sul Constellation
la notte tra il 27 e il 28 ottobre 1949.
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