di Bridget Foley
Edizioni e/o, agosto 2015
Traduzione di Nello Giuliano
pp. 330
€ 18
Traduzione di Nello Giuliano
pp. 330
€ 18
Per trovare
un punto o un luogo su di una cartina occorre, ce lo insegnano fin dalle
elementari, la longitudine e la latitudine. Se queste due coordinate
servono per orientarsi fuori “nel gran mondo
del reale” allo stesso modo per districarsi e comprendere in maniera rapida cosa
sia questo Hugo e Rose di Bridget Foley bisogna utilizzare la seguente spiegazione: un libro che
parte come un “Corto Maltese più giovane e al femminile” e finisce come una
sorta di “thriller à la Gone Girl”. Ecco perché il volume uscito per Edizioni
e/o non è una storia qualunque. Forse la grafica di Emanuele Ragnisco e la
traduzione di Nello Giuliano (che, va detto ad onore di cronaca, si prende
qualche libertà di troppo e non utilizza sempre un linguaggio azzeccato e
consono) sviano un po’ la “forza”, anche la “violenza” se si vuole, di una
storia che nel momento in cui si torce su se stessa prende delle pieghe
talmente inaspettate da farci sobbalzare sulla sedia.
La vicenda
narra di Rose, casalinga e mamma di tre figli, sposata con Josh, chirurgo di
successo, la quale, dall’età di otto anni, data in cui a seguito di una caduta
dalla bici ebbe una commozione cerebrale, quasi quotidianamente, sogna di un’isola
misteriosa, con spiagge di sabbia rosa e vegetazione tropicale, abitata da un
ragazzino, di nome Hugo, che da praticamente tutta la vita è il suo compagno di
giochi “sognanti”. Hugo e Rose così abitano un mondo tutto loro, fatto di
conchiglie che si mangiano come caramelle, di granchi fatti della consistenza
dei soffioni e di città inviolabili che mai si riusciranno a raggiungere.
Quest’esistenza
fratta e divisa, da un lato la vita reale con i suoi problemi e la sua routine
di tutti i giorni, e dall’altra la fantasiosa vita dei sogni, nella quale il
tempo non esiste e i corpi sono incorruttibili (mentre la Rose della vita vera,
anno dopo anno, sfiorisce nel corpo e nella mente, la Rose del sogno
rimane intatta e perfetta, bella come era quando era un’adolescente, se non di
più), è logico che provochi dei contraccolpi. Infatti non soltanto Rose, che ha
il compito di educare tre figli nel migliore dei modi, si trova a disagio a
dover gestire questa carica emozionale che ogni notte vive, ma anche deve,
diciamo così, fare i conti con la “presenza/non presenza” di Hugo. Rose si
chiede: è una persona reale? Hugo esiste o è soltanto frutto della mia
immaginazione? Quale rilevanza hanno i sogni delle casalinghe?
Ma ecco
che, per caso perché questa è anche e soprattutto una storia sul caso (una
falla in una diga, una giornata di pioggia, una velocità troppo elevata sono
tutti fattori che rientrano a sommo titolo in essa), Rose scorge nel flaccido
profilo di un inserviente di fast-food gli occhi “cioccolato” dell’Hugo dei
suoi sogni. Da qui, ritrovando la splendida figura psichica nella piuttosto
orrida figura fisica, la donna cade in una sorta di spirale maniaco-compulsiva. Trascura
il proprio aspetto sempre di più (Bridget Foley, che insegna scrittura creativa
alla New York University, non ci risparmia praticamente nulla di quest’ambito),
trascura il marito e trascura i figli. Perché lei è tutta protesa “nel mondo
dei sogni che tracima, sempre più, nel mondo reale”. Spia Hugo, lo pedina fino
a casa, sente che in maniera inesorabile le loro due esistenze devono entrare
in contatto.
L’idillica
isola di Hugo diviene così la palestra per progettare i piani futuri e, via via
che la storia prosegue, sempre di più i confini tra mondo reale e mondo del
sogno cedono e si compenetrano. Probabilmente una buona parte del libro è quasi superflua e
si può tranquillamente espungere dato che si capisce, una volta che dato reale
e dato irreale si fondono, come la vicenda per forza di cose “non potrà
prendere una bella piega”.
E qui
scatta quello si era citato all’inizio, ovvero il thriller. Già thriller, dato che una vicenda così intricata
non si può sciogliere se non con un atto di forza, financo di violenza. Il finale
sarà sorprendente per certi aspetti e sarà la parte migliore, da un punto di
vista stilistico e di qualità letteraria. Foley metterà in campo tutta la sua
conoscenza dei meccanismi narrativi per tenere il lettore fermo con gli occhi
puntati sulla storia, che è diventata “una brutta storia”, di Rose e Hugo. Ecco
il merito di Hugo e Rose. Ovvero il fatto che parta come un libro che sfiora la
mediocrità, del genere fantastico potremmo dire (ma, ad esempio, Il Ladro di
Nebbia di Lavinia Petti che abbiamo già recensito qui
è massimamente superiore, e per qualità e per intreccio), ma poi si evolve e deflagra in un finale palpitante. Come a dire che i sogni sono finiti ed è arrivato il momento
di svegliarsi e di affrontare la dura realtà: anche a costo della propria vita. Reale o irreale.
Mattia Nesto