Parata di cavalieri, maghi, zar e paggi: La Lanterna Magica di Molotov di Rachel Polonsky

La Lanterna Magica di Molotov
di Rachel Polonsky
Adelphi, 2015

Traduzione di Valentina Parisi

pp. 399
28 € 





La Lanterna Magica di Molotov di Rachel Polonsky, uscito per i tipi Adelphi, si basa sulla figura retorica della sinestesia, cioè dell’accostamento di due parole (ma in questo caso di due concetti, realtà, mondi) appartenenti a due piani sensoriali (o tematici) diversi, anzi opposti. Infatti non v’è nulla di più, apparentemente, dissonante della figura di Vjačeslav Michajlovič Molotov, politico e diplomatico sovietico, firmatario del famigerato accordo di non belligeranza con la Germania hitleriana, il, giustappunto, patto Molotov-Ribbentrop e mandatario di numerose deportazioni e fucilazioni, e la lanterna magica, ovvero un “balocco per bimbi”, quel giocattolo che il Marcel della Recherche era solito usare durante le sue notti insonni. 

Eppure, Rachel Polansky, nata inglese ma “innamoratasi della Grande Madre  Rus' ”, accosta questi due immaginari così sinestetici per affermare un unico concetto, ma poderoso, magniloquente e infinito come è la Federazione: ovvero che la Russia è nata e cresciuta, verrebbe da dire pasciuta, nelle contraddizioni. La Russia è al contempo la terra della guerre con le palle di neve per le vie dei quartieri di Mosca e l’infinita landa degli orrori dei cosacchi, dei tatari, degli imperiali e dei sovietici.

Un libro anche di viaggio, di continui e febbrili spostamenti da una parte all’altra della Russia, sia “nel grande”, cioè con avventurosi tragitti via treno, in cui si macinano migliaia di chilometri senza magari incontrare anima viva, per poi sbucare, nel cuore di una notte artica, in una piccola e sudicia stazioncina illuminata, dove una vecchia signora vende agli assonnati viaggiatori  una brioche alle verze.  Ma anche un viaggio “nel piccolo”, nei dintorni di Mosca, dove si è fatta la storia, dove alle battaglie e alle uccisioni si sono annodati gli amori e i segreti di diplomatici e spie che sono parte costitutiva dell’animo russo.

Un eterno balletto, in cui alla dimensione pubblica, quella delle “prospettive” e delle grandi vie illuminate della “nuova Mosca di Putin”, in cui al posto dei miseri negozietti sovietici la cui insegna recitava “Pane”, “Formaggio” o “Carne”, ora fanno bella mostra di sé scintillanti boutique alla moda o enormi store di diamanti e orologi di lusso. Ma anche quella degli appartamenti nobili, un poco nascosti, in cui ancora, forse ancora per poco, si respira l’aria della “vecchia Russia”, quella dei ricevimenti imperiali, dei sotterfugi per scalzare questo o quel funzionario di partito e, perché no, anche luogo in cui le spie, le amanti delle spie e le “spie delle spie” tramavano all’ombra di preziosi samovar.

393 pagine grumose, come la “nera terra d’Ucraina”, in cui sfilano, per l’appunto come personaggio “di una lanterna magica” fatti, persone e cose della più varia natura. Scorrono sulla parete di un’ideale storia della Rus’ i grandi scrittori, i grandi pensatori, i grandi scienziati, le grandi donne, le poetesse e i poeti, i politici e i generali, gli assassini e le gran dame mantenute, i poveracci e le persone qualunque. Polansky riesce, grazie alla sua squisita e totale passione per i libri, tale da non commettere errore se la si definisce una “bibliomaniaca della più chiara specie”, a tenere unito tutto questo coacervo di mondi e personaggi dissonanti l’uno con l’altro. E lo riesce a fare proprio grazie ai libri, i libri della biblioteca personale di Molotov, che può consultare grazie al fatto che, per le traversie del destino e della vita, il suo appartamento moscovita sia proprio quello che, illo tempore, occupò il “braccio destro di Stalin”.

Una biblioteca variegata e inaspettata così come sono le pieghe della storia russa, che ospita un’accurata selezione di grandi opere (soprattutto romanzi, che Molotov amava ardentemente), ma anche resoconti storici, etnografici, diari di esploratori, stralci di discorsi politici, opere sociologiche, qualche libro di poesia, una raccolta degli scritti di Winston Churchill (in cui il diplomatico sovietico si premurò di sottolineare con cura le parti in cui egli stesso veniva citato) e molto altro.

Ecco che si instaura tra i libri, gli autori, i luoghi e la Polonsky un dialogo continuo, in cui agli spostamenti “geografici” fanno seguito gli “intermezzi del pensiero”. La scrittrice britannica infatti continua a volgere la mente sia ai grandi scrittori russi sia agli oscuri autori di libri improbabili, magari sorpassati dalle mode e “ritrovati”, come il tempo del bel Marcel, in qualche mercatino improvvisato di una città di provincia.

Un lento lavoro di recupero e al contempo di oblio, perché tutto deve trascorrere. Anche l’infinita Russia, lentamente, cambia, trascorre.  E, come scrive Marina Ivanovna Cvetaeva nella raccolta La Lanterna Magica del 1912,

Tutti passeranno in un attimo febbrile,
il cavaliere, il mago, lo zar e il paggio…
Bando ai pensieri! Ogni libro femminile
di una lanterna magica è raggio!

Chi l’avrebbe mai detto che, anche  a queste latitudini, quelle di Popoff (“Nella steppa sconfinata/ a 40 gradi sotto zero/ se ne infischiano del gelo/ i cosacchi dello Zar”), ci si potesse tanto riscaldare con i raggi di una lanterna che proietta immagini, storie e persone.


Mattia Nesto