di Peter Handke
Traduzione italiana di Giovanna Agabio
Guanda, 2004
88 pp., € 6,50
Scritto nel 1987,
questo brevissimo romanzo di Peter Handke si rivela sin dalle prime
pagine come un prodotto enigmatico: sulla soglia dell'autobiografia,
secondo un metodo che non può che apparire ironico agli occhi di chi
considera che si tratta, in fondo, di un lungo trattato sull'esigenza
di solitudine dello scrittore, Il Pomeriggio di uno scrittore è
un esercizio di bravura, il tentativo di raggiungere quel livello di
pura scrittura che contraddistingue la grande letteratura in quanto
tale, quella che non può essere inquadrata in nessun genere, in
nessuna corrente se non per le esigenze esteriori del mercato
editoriale. Lo scrittore austriaco sembra voler fare un passo
ulteriore, ovvero riuscire nel creare un'opera che non solo non sia
inquadrabile, ma che addirittura non parli di nulla se non della
scrittura stessa. Il regno della pura forma, dunque, adocchiato da
una distanza permanente attraverso lo sguardo del protagonista –
Handke stesso, forse, o forse no – e nelle sue mille riflessioni di
un pomeriggio, raccontate in terza persona come a voler
immediatamente ironizzare sulla pretesa di chiudere il racconto in
una prospettiva rigidamente autobiografica.
Nella semplicità delle
scansioni temporali, nella linearità di un pomeriggio che procede
come mille altri, si rivela dunque l'esigenza di Handke di rivolgersi
a una qualche forma di “scrittura assoluta”, lontana
dall'esigenza di affabulare lo scrittore con tematiche avventurose o
sentimentali, e tuttavia, al tempo stesso, il compito di descrivere i
mille pericoli in cui incorre chi cerca la condizione perfetta per
scrivere. Mille piccole paranoie, incidenti, incontri fortuiti e
spesso distruttivi rischiano di far perdere allo scrittore la sua
ispirazione e il filo del proprio raccontare, di fargli smarrire il
tempo narrativo nel tempo frammentato delle bazzecole quotidiane, dei
piccoli impegni e dei piccoli fastidi. Il Pomeriggio di uno
scrittore, così, è anche un manuale per scrittori, un vademecum per
chi vuole orientarsi in quella particolarissima tonalità emotiva
necessaria allo scrittore.
Qua e là,
costellate nell'abisso di quotidianità che popola il libro, alcune
riflessioni teoriche sul senso
Ciò che è essenziale, invece, è seguire lo scrittore
protagonista del libro nella sua giornata da passeggiatore,
cittadino, uomo: le lettere indesiderate, l'incontro coi lettori per
strada, i tic della vita quotidiana proiettati nel bisogno di
riconoscimento che è sempre, al tempo stesso, orrore per la propria
stessa vanità. Al centro del libro un disperato bisogno di
solitudine, la cura ossessiva per la fragilità dell'ispirazione e
della propria opera. Il pomeriggio di uno scrittore, in fin dei
conti, potrebbe essere descritto adeguatamente come un libro sulla
cura, su quella Sorge che ha costituito uno dei temi
filosofici centrali della filosofia europea del '900. Handke ci dà a
riguardo la sua parola di scrittore, offrendoci lo sforzo di seguirlo
in un piccolo esercizio di concentrazione letteraria, quello che
attinge a nulla e, in questa vicinanza, ci offre un'educazione superiore.