Novecento e altre storie
di Maria Teresa Antonarelli
Start Press, 2015
pp. 114
€ 12,50
e-book € 3,99
Lo storico marxista Eric Hobsbawm coniò un termine per
descrivere il XIX secolo: lo definì il Secolo Lungo, in quanto caratterizzato
da eventi di difficile collocazione temporale, straripanti tra XVIII (rivoluzione francese del 1789) e XX (alba della
Prima Guerra Mondiale nel 1914) secolo. Al Novecento assegnò invece il
soprannome di Secolo Breve, caratterizzato dal disastroso fallimento dei sogni
e delle speranze del secolo precedente. I personaggi della raccolta di Maria
Teresa Antonarelli stanno stretti nella definizione di Hobsbawm. Il loro Novecento
non è affatto breve e le loro storie si incastrano l’una nell’altra, in un
gioco di scatole cinesi che svela a poco poco il suo misterioso ingranaggio.
Difficile delineare la trama.
Quello che il lettore scopre sfogliando le pagine è la storia di una famiglia
(di cui non si conosce il cognome e, forse, proprio per questo potrebbe essere
la famiglia di tutti o di nessuno) che incontra la storia di tante altre
famiglie e che con semplicità viene descritta in tutte le sue emozioni
caratteristiche. Con una scrittura che non brilla per chiarezza o bellezza
semantica ed espositiva, le vite di Giuseppina, Antonio, Gennaro, Nina, Kira,
Amina e degli altri vengono scarnificate e impietosamente presentate su un
tavolo operatorio bianco e sterile. Difficile provare un forte coinvolgimento
emotivo per le loro vicende ma è apprezzabile l’istantanea che viene restituita:
un gesto, un ricordo (come la neve che papà Antonio amava guardare dalla
finestra del paesino abruzzese), una vita nata e una spenta diventano le
esperienze di ogni lettore, che ha inconsapevolmente su di sé un bagaglio carico
di storie (molto spesso sconosciute).
In questi cento anni, lasso di
tempo apparentemente disteso ma che in realtà avvolge su stesso i fili degli
eventi con una frenesia spesso incontrollabile, Maria Teresa Antonarelli
intarsia su un ceppo di legno fini decorazioni. Ognuna porta con sé un
dettaglio ma spesso il legame tra loro non appare subito chiaro e logicamente
connesso. Il leitmotiv di fondo emerge, tuttavia, con chiarezza: il nostro
passato non ci abbandona. Non perché costituito da impalpabili ricordi che
riaffiorano alla mente con più o meno frequenza ma perché un metro di acido
desossiribonucleico, come dice Richard Dawkins, “non sa nulla e non si cura di
nulla. Il DNA, semplicemente, è. E noi danziamo alla sua musica”. Con lui è
impossibile mentire sul passato. Tutto rimane e tutto torna. Per i personaggi
dell’Antonarelli, così come per tutti noi.
“... nessuno è solo vittima o solo carnefice, nelle storie degli uomini, spesso si tratta soltanto di creature smarrite sulla terra, alla ricerca di un senso, dimenticate da qualche destino distratto, a volte sfiorate dall’orrore e dal disastro, ma mai nessuna perde totalmente la bellezza...”
La bellezza non la fa da padrona nel testo. Tuttavia è possibile scorgerla in ogni pagina e in ogni parola per il semplice fatto che la vita stessa è bellezza.
Federica Privitera