Il canto del ribelle
di Joanne Harris
Garzanti, 2015
Traduzione italiana di Laura Grandi
pp. 320, € 16,90
Io ero il fuoco incarnato, un vero figlio del Caos, felice e libero. Be’ forse non del tutto libero. E neanche del tutto felice.
Anche se non fanno parte della
nostra cultura e del nostro retaggio mitologico, ormai sono entrati nel nostro
immaginario; complici gli action movies Marvel o le serie di ambientazione
nordica, tutti abbiamo presente, almeno di nome, le figure di Thor, Odino e
Loki e lo sfondo epico sul quale si muovono. Soprattutto la figura di Loki, bad
boy del pantheon norreno, accattiva e conquista.
Joanne Harris, a tutti nota come
l’autrice del fortunatissimo romanzo “Chocolat”, già da qualche anno ha
abbandonato gli ambienti culinari e si è rivolta ad altri filoni letterari. Ci
ha sottilmente inquietati con alcune opere più tendenti al noir come “Il
ragazzo dagli occhi blu” e ha iniziato sfruttare la ricchissima vena della
mitologia scandinava con la saga “Runemarks” di cui fino ad ora sono usciti i
primi due volumi: "Le parole segrete" e "Le parole di luce". "Il canto del ribelle" ne è un piacevole e scorrevole
prequel.
Io la chiamo Lokabrenna o, tradotto approssimativamente, il vangelo di Loki. Loki sono io. Loki, il Portatore di Luce, l’eroe incompreso, elusivo, bello e modesto di questo particolare intreccio di bugie. Non prendetelo come oro colato, ma è vero almeno tanto quanto la versione ufficiale e, oserei dire, più divertente.
Qualunque storia è sempre scritta
da e per gli eroi e i vincitori che, com’è ovvio, riservano agli antagonisti e
agli anti eroi ruoli poco lusinghieri, oscuri o farseschi: nemmeno le divinità
sfuggono, pare, a queste piccinerie. Odino, alias in Guercio, Padre di Tutti,
il Vecchio, il Generale e colui che sa come vendere sé stesso (e gli altri),
non ha riservato un gran trattamento al narratore di questa storia. Loki,
demone di fuoco e figlio del Pandemonio, viene attirato nel mondo degli Aesir
come braccio destro di Odino: la sua natura caotica gli consente di non seguire
i dettami del mondo dell’Ordine inaugurato dalle nuove divinità e la sua
furbizia è una dote quanto mai preziosa e ricercata. Marchiato con la runa di
fuoco Kaen e fratello di malia del Generale, Loki lascia il suo mondo di Caos
per entrare nella ristretta cerchia di divinità che governa i mondi dai palazzi
dorati di Asgard. Ma sia la sua natura caotica che la sua intelligenza sono armi
a doppio taglio per gli Aesir che non esiteranno a sfruttarle e a
rivolgergliele contro a loro piacimento.
L’autrice ha commercialmente
colpito nel segno: prolungando ancora un po’ l’attesa per il finale della saga “Runemarks”,
ci ha lanciato un bocconcino per placare la fame e farci restare nella
rivisitazione del mondo norreno da lei creato. Abbandonata la scrittura (fin
troppo) sinestetica dei precedenti lavori, tesse un vivace e sarcastico arazzo
delle vicende degli Aesir. Sia che si abbiamo o meno conoscenze della mitologia
scandinava, la narrazione si segue facilmente e con piacere e ci si orienta
bene negli intricati rapporti che regolano la vita ad Asgard.
Inutile negare che Loki abbia una
sua malia: gli eroi tutti d’un pezzo possono essere ammirati, ma risultano
essere sempre inevitabilmente noiosi e prevedibili. Il protagonista di questa
storia è invece sfaccettato, amorale e affascinante e non si può fare a meno di
fare il tifo per lui e comprenderlo. Che colpa ne ha se il caos dentro di lui
lo porta a tradire ed ingannare? Forse non lo sapeva Odino quando l’ha
reclutato? In fondo, è sempre stato trattato ingiustamente e con disprezzo
dagli altri dei, anche e nonostante tutte le volte che li ha aiutati e salvati. Poteva forse comportarsi diversamente?
Ci avete creduto? Vi siete fidati
di quanto avete letto? Sia che la risposta sia affermativa o negativa,
consiglio comunque una lettura dei miti “originali”. È vero che la storia
scritta dai vincitori non va presa come aprioristicamente buona, ma è
altrettanto vero che non ci si può fidare nemmeno delle parole di una divinità
ingannatrice.