Qualche anno fa una ragazza che si era laureata su un autore tedesco, tornata dalla Germania, dove era stata per scriver la tesi, mi aveva detto che per metà del tempo aveva lavorato con gli occhi e per metà del tempo con le orecchie, perché nelle biblioteche tedesche, oltre a consultare dei libri, aveva ascoltato molti file sonori [...]. Pensavamo che parallelamente all’archivio sarebbe stato bello fare un festival sonoro della letteratura [...] che ci sembrava potesse riuscire una cosa singolare e forse anche utile, ammesso che, come ci auguravamo, potesse servire per riavvicinare a una pratica, quella della lettura ad alta voce, che ci sembra molto legata alla natura della letteratura, ammesso che la letteratura abbia una natura.[1]Il festival sonoro della letteratura nasce da un'idea di Paolo Nori per tornare a una dimensione orale della letteratura attraverso la lettura ad alta voce, pratica molto più antica della lettura individuale che svolgiamo oggi nel silenzio delle nostre stanze.
Nel luglio del 2014, con l'Arci di Reggio Emilia, viene organizzata la
prima edizione del festival e quest'anno l'iniziativa si ripete a dicembre, dal 18 al 20, presso la Fonderia 39 di Reggio Emilia.
Il nome del festival, Questa è
l'acqua, riprende il titolo del
discorso di David Foster Wallace pronunciato, nel 2005, davanti ai laureati del
Kenyon College:
Perché questo riferimento? Paolo Nori ci risponde così:Saluti, ringraziamenti e congratulazioni ai laureandi dell'anno accademico 2005. Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: - Salve, ragazzi. Com'è l'acqua? - I due pesci giovani nuotano un altro po', poi uno guarda l'altro e fa: - Che cavolo è l'acqua?[2]
Secondo me la cosa che si fa, in un festival di letteratura, è costruire dei silenzi; la qualità dei silenzi di chi ascolta un discorso, o una lettura, mi sembra rifletta la qualità del discorso o della lettura e il silenzio che segue il discorso di Foster Wallace del 2005 (che si può ascoltare qui: https://www.youtube.com/watch?v=8CrOL-ydFMI) è molto eloquente.[3]Richiamando questo discorso, sembra che gli ideatori del festival si propongano inoltre di recuperare l'ovvio, ciò che sembra dato per scontato, perché «il fatto è che nelle trincee quotidiane dell'esistenza da adulti le banalità belle e buone possono diventare questione di vita o di morte»[4], per riprendere ancora le parole di Wallace.
Tuttavia, si può osservare che la volontà di recuperare l'apparentemente
banale in Emilia ha una certa tradizione: l'intera poetica di Gianni Celati e
di un gruppo di scrittori e fotografi che decidono di riattivare lo sguardo
sull'esterno, per ricominciare a vedere il mondo, negli anni Ottanta, ruotava
già attorno a questo concetto.
I luoghi sono normalmente "non visti" perché dati per scontati, e tutta la varietà delle cose del mondo viene ridotta al "noto", al "già visto", "già saputo".[5]
Con Gianni Celati, soprattutto con la prima fase della sua produzione,
alcuni degli autori del festival hanno inoltre in comune lo stampo dell'oralità,
del registro "basso", parlato, "detto" e di una ricercata
semplicità, teorizzato dagli intellettuali radunati attorno alla rivista «Il
Semplice», come Cavazzoni, Manganelli, Celati appunto, Cornia e molti altri. Il
festival sonoro della letteratura sembra proseguire, per certi aspetti, sul
filone di queste tradizioni, anche perché alcuni degli autori ideatori o ospiti
del festival presentano a loro volta, all'interno delle loro opere, un legame forte
con l'oralità e il parlato, primo fra tutti, in questo senso, Paolo Nori.
Riassumiamo ora in breve il programma delle tre giornate.
Riassumiamo ora in breve il programma delle tre giornate.
A seguito dell'anteprima di venerdì,
in compagnia di Andrea Moro,
docente della LUISS, che inaugura il festival con un intervento sul cervello e
la struttura del linguaggio, nella giornata di sabato si entra nel cuore
dell'iniziativa, con un intervento di Ermanno Cavazzoni,
che introduce e legge Intervista a Dio
onnipotente di Giorgio
Manganelli. Il testo, scritto negli anni delle celebri Interviste
impossibili, è rimasto a lungo inedito per poi essere pubblicato nei primi
anni Duemila su «Il caffè illustrato». La prima parte del testo lascia quasi
spiazzati: Dio formula il linguaggio, combinando assieme, con incertezza,
pronomi e predicati. Prima viene la grammatica, poi la sintassi, con una serie
di tentativi combinatori: «Io vedo io». «Tu vedo io»[6]. Dopo di che, si passa
a riflettere sull'edilizia, "la summa dell'universo", sulla sconcezza
del plenilunio, sulla storia delle strade e sulle rovine che ricoprono il
mondo. Infine, si approda all'intervista vera e propria, dove l'umanità, che
Dio chiama"giovanotto", in quanto giovanissima rispetto a lui, tenta
una serie di maldestre domande. Tutto è già successo per l'onniscienza di Dio,
tutto è ugualmente irrilevante.
L'intervento
di Cavazzoni è seguito da un innovativo esperimento: la lettura a alta voce di
un fumetto, con Leo Ortolani che interpreta il numero di Rat-Man
dedicato alla parodia di Harry Potter e Twilight (con la saltuaria apparizione di Darth
Vader). L'autore di Rat-Man legge il fumetto modulando le voci e riproducendo
le onomatopee, mentre le tavole scorrono ingrandite alle sue spalle in modo che
il pubblico possa seguire anche visivamente le scene.
La serata si
conclude con l'intervento del Premio Strega Antonio Pennacchi,
che legge L'autobus di Stalin,
uscito nel 2005 insieme a altri scritti per Vallecchi. Il testo si propone di
contraddire il senso comune su alcune grandi questioni storiche riguardanti il
regime comunista.
L'ultima giornata di festival si apre con
la lettura dell'Etimologiario di Maria Sebregondi, il celebre testo,
ripubblicato quest'anno da Quodlibet, che propone un'etimologia alternativa di
alcune parole della nostra lingua, come «amaro agg. (crasi tra il s.m. amore e l’agg. raro) – dicesi di cosa o
persona che ama pochissimo» o ancora «baldanza s. f.
(com. dal s.m. ballo e dal s. f. danza) – atteggiamento del
corpo e dello spirito posto ambiguamente tra il ballo e la danza, nell’incerto
ma inebriante interstizio tra due sinonimi».[6] Il
testo, divertente, spiazzante ma allo stesso tempo ancorato a una profonda
riflessione sulla lingua, è letto da Paolo Nori, con
un accompagnamento sonoro di Sara Loreni e Lorenzo Buso.
Nel tardo pomeriggio, Fabio Genovesi,
Premio Strega Giovani, legge estratti di Morte dei Marmi[7], uscito per la collana Contromano di
Laterza nel 2012, un esilarante ritratto della Forte dei Marmi di oggi, tra
fiction e saggistica.
Il festival si conclude, infine, con un incontro serale in
compagnia del grande Paolo Poli e di Luisanna Messeri che leggono La scienza in cucina
e l'arte di mangiar bene, il famoso manuale di cucina scritto da Pellegrino
Artusi alla fine dell'Ottocento, solitamente noto come "L'Artusi".
Tre giornate dense di eventi per un festival che poggia su un
progetto intellettuale importante: recuperare la dimensione orale della
letteratura, per ampliarne i significati, le potenzialità e le modalità di
approccio. La fruizione dei testi proposta è alternativa ma non arbitraria,
volta a recuperare la tradizione della lettura a alta voce che nel
contemporaneo rischia di andare perduta. Il progetto si inserisce in un
contesto di ricerca sull'oralità dentro la scrittura che ha una tradizione
importante e propone un ulteriore passo avanti in questa direzione, attraverso
la lettura a alta voce dei testi.
Ci auguriamo quindi che dopo questo secondo anno di festival, possano esserci altre e altrettanto ricche edizioni in futuro.
Ci auguriamo quindi che dopo questo secondo anno di festival, possano esserci altre e altrettanto ricche edizioni in futuro.
[1] Paolo Nori, Questa è l'acqua 2015, 25 novembre 2015,
http://www.paolonori.it/questa-e-lacqua-2015/.
[4] Ivi, p. 143.
[5] Il disponibile quotidiano. Gianni Celati risponde a Fabrizio Grosoli,
in Documentari imprevedibili come i sogni. Il cinema di Gianni Celati, a cura
di Nunzia Palmieri, Fandango, Roma, 2011.
[7] Maria Sebregondi, Etimologiario, Milano, Longanesi, 1988.
[8] Fabio Genovesi, Morte dei Marmi, Bari, Laterza, 2012.
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