Come
salvare il capitalismo
di Robert B.
Reich
Traduzione di
Nazzareno Mataldi
Fazi Editore, 2015
pp. 290
€ 22
Scrive Paul
Mason in un articolo apparso su The Guardian qualche tempo fa: “L’individualismo ha preso il posto del collettivismo e della solidarietà,
mentre la forza lavoro mondiale, cresciuta a dismisura, somiglia a un
proletariato, ma non ragiona né si comporta
più come un tempo. (...) Il capitalismo non sarà abolito con una marcia a tappe
forzate, ma grazie alla creazione di qualcosa di più dinamico”. La tesi
sostenuta dal giornalista britannico è quella secondo la quale, grazie alle nuove tecnologie
e alle nuove tipologie di lavoro che da esse scaturiscono e scaturiranno, l’obsoleto
capitalismo post-Ottocentesco verrà, una volta per tutte, spazzato via. Apparentemente
il libro pubblicato da Fazi Editore,
Come salvare il capitalismo di Robert B. Reich va totalmente nella
direzione opposta. L'ex Segretario di Bill Clinton nelle quasi 300 pagine del
volume “le tenta tutte” per proporre soluzioni innovative per “salvare” il
capitalismo e prepararlo alle sfide dell’umanità. Ma quindi il capitalismo è
morto, o comunque è destinato a morire in un futuro prossimo, oppure è
destinato a resistere? Tutte e due le cose, un po’ sulla scia del motto
goethiano del “Muori e divieni”.
Infatti le due
analisi di Mason e di Reich solo appartenente sono opposte. In realtà entrambi
sostengono come il capitalismo, per come fino ad oggi l’abbiamo è destinato a modificarsi
in modo, quasi, totale. E sulla sfumatura da dare a quel quasi si “gioca” la
partita tra Mason e Reich. Per il britannico il capitalismo è destinato a
morire, per essere sostituito da un’altra forma di economia globale. Marxisticiamente
parlando, ad “una classe economica” che se ne esce, una nuova classe economica
entra in scena. L’americano invece presenta una sorta di “vademecum” per un
nuovo capitalismo e lo fa prendendo spunto dal fatto che, almeno negli Stati
Uniti “il pragmatismo si oppone, sempre e comunque, all’idealismo e le
soluzioni si trovano”.
Molto
interessante, per comprendere appieno la natura intima dello scritto, è trattare
questo assunto preliminare di tipo filosofico più che economico. Infatti Reich
sostiene che solo gli Stati Uniti hanno saputo anteporre le logiche della
prassi, ovvero della realtà, a quelle dell’idealismo o “ideologismo” che tanto
hanno preso piede, da praticamente sempre, in Europa ma anche in Asia.
Ecco allora che
solo e soltanto in America il capitalismo può rinascere, perché solo e soltanto
lì vi sono i pretesti filosofici per far ciò.
Ma qual è la
ricetta dell’ex Consigliere di Bill Clinton? Reich, in maniera semplice ed
agile (uno stile bene riproposto nella traduzione di Nazzareno Mataldi),
propone via via una nuova tipologia di proprietà, una nuova idea di monopolio,
di fallimento etc. Si fa qui, mi si consenta la parola, quasi un “abuso” dell’aggettivo
nuovo, proprio per rimarcare il fatto che, nonostante sia sempre appartenente al
“fenotipo del capitalismo”, quello propugnato da Reich è, radicalmente, nuovo.
Non mi addenterò
qui nella bontà o meno delle proposte economiche presentato dall’americano, non
è qui il caso né la sede. Ma, in ultima analisi, mi piace sottolineare come l’importanza
di questo volume, di non piccolo peso, è quello di non “abbandonarsi alla
logica del cupio dissolvi e della fine dei tempi” che, da qualche anno a questa
parte, pare aver ammorbato una buona schiera di “intellighenzia europea”.
Reich, da perfetto americano, rilancia la sfida e non s’arrende: il capitalismo
s’ha, ancora da fare.
Il capitalismo è
morto, evviva il capitalismo… oppure no?
Social Network