di Giovanni Feliciani
Bibliosofica, 2015
pp. 479, € 20
Vivere al ritmo della radicalità della storia è già un titolo e una voragine, perché quel ritmo, che il filosofo Giovanni Feliciani ci restituisce sotto forma di parole è un vortice di emozioni, di verità urlate, di strappi dell’anima e di certezze assolute, e perciò scomode. Quasi cinquecento pagine di filosofia vissuta e gridata, senza note, senza apparati critici, perché tutto il sapere è già stato assimilato e si è trasformato ad un suo ritmo, e infine propugnando guerra ai condizionamenti ideologici, all’arroganza del potere, alla lentezza della burocrazia e a tutto ciò che ci distrae dall’essere quello che siamo, irrispettosamente e consapevolmente liberi. Il ruolo del filosofo è pensare, annichilirsi nel e per il pensiero, a costo di rimanere soli:
Io appartengo alla famiglia dei solitari. Non riesco a trovare accanto a me persone che si dedicano, con impegno altrettanto intenso, ai problemi “universali” legandoli ai problemi sociali ed umani del nostro tempo.
Una sorta di atto programmatico in prima persona, quello di Feliciani, che non è per nulla facile, ma è condivisibile, nella sua forma così appassionata della ricerca del senso puro della nostra esistenza. Una ricerca che assomiglia a quella dei suoi padri, Nietzsche e Stirner, individualisti puri ed esasperati, come il loro grido solitario di dolore per la perdita della consapevolezza e una ovvia volontà di superamento delle loro posizioni, per poter andar oltre, oltre il presente, oltre la politica, oltre il potere, che una volta superato cessa di esistere e di condizionarci e infine oltre il limite della stessa storia.
Io appartengo alla storia. È vero o non è vero che valgo qualcosa o sono gli altri intorno a me che fanno sì che io valga o non valga? Dipende da me o dagli altri, dall’individuo o dalla società se uno vale? Ognuno vale per sé, cioè per quello che è, oppure per ciò che gli altri fanno o pensano di lui? Dipende dall’individualismo o dalla storia che certe azioni o parole abbiano un significato? Questi alcuni degli interrogativi che l’individuo, prima ancora del filosofo, si pone. Per poi scagliarsi contro i qualunquismi, la vacuità di certi piaceri e la superficialità dei più nell’affrontare un quotidiano privo di interrogativi e di verità. Anche la televisione gioca il suo ruolo nella “manipolazione” che diventa “colonizzazione interiore”, quindi appiattimento e dissoluzione, riprendendo le teorie di Franco Ferrarotti. E nell’abbondare di tecnologie si perde la via dell’interiorità. Coloro che si arrendono alla logica del sopravvivere e del lavoro visto come mezzo di sopravvivenza sono per Feliciani delle vittime sul cammino, sconfitti dalle circostanze della vita. Perché l’uomo si sottomette? Per paura, secondo il filosofo.
Poi una nota sul linguaggio, che crea disparità, nel termine uomini non possono essere inglobate anche le donne, per cui Feliciani indica un nuovo termine “Uona”. E gli esseri umani perché non parlano più, ma si limitano solo a rispondere? Queste premesse aprono il dibattito sui capitoli successivi, che indagano l’arroganza del potere, invitano a non cadere in false verità ma a smascherarle, così come a non infilarsi nel consumismo spettacolare. Ma non c’è solo la denuncia, nel libro del filosofo vi sono anche le soluzioni ed esse parlano di un’arte di vivere, di una creatività che diventa norma di saggezza, fino a dare la sua visione del senso della storia.
Si tratterà di capire non dove va il futuro ma il “senso” del futuro.
Andando oltre l’ovvio, afferrando nella sua totalità il senso della storia, che è in continuo movimento e che non ci dice qual è il suo fine ma ci impone di viverla appieno. Feliciani lo fa da sopravvissuto, col fervore dello studioso, alieno da ogni mistificazione, come un uomo immerso nella Storia, perché la vive, ma anche estraneo ad essa, in quanto ne sa prendere le distanze e valutarne gli effetti. Un saggio, questo, che ha il sapore di un trattato di filosofia e l’impatto di un appello al mondo delle intelligenze, perché escano allo scoperto e comincino a vivere, al ritmo della radicalità della Storia.
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