Hieronymus
Bosch: le tentazioni di Sant'Antonio
di Wilhelm
Fraenger
Abscondita,
2007
Traduzione
di Irene Bernardini e Enza Gini
160 pp., 18
€
Bosch
coinvolge lo spettatore col realismo quasi ossessivo dei particolari, incorporati
tra di loro per una resa spesso surreale e onirica. La natura umana viene
manipolata e stravolta per realizzare personaggi dalle inquietanti fattezze
antropomorfe, degne del più cupo degli incubi: così il peccato distorce l’uomo,
che da immagine di Dio ne diventa parodia e scherno. Ma, scendendo più nel
dettaglio, cosa si cela dietro alle raffigurazioni visionarie di Bosch? Wilhelm
Fraenger ha sfidato il mistero che aleggia attorno alle opere di questo autore:
il risultato è una serie di esegesi tra le più ardite – e discusse – del secolo
scorso.
Hieronymus Bosch: le tentazioni di
Sant’Antonio è il prodotto
di un lavoro filologico compiuto su carte d’incerta datazione che Wilhelm
Fraenger scrisse a partire dagli anni Venti. Si tratta di un testo che
interpreta il trittico dedicato al santo conservato ora a Lisbona, con un tanto
breve quanto illuminante capitolo conclusivo su Le tentazioni di Sant’Antonio conservate invece al museo del Prado
di Madrid.
Doverosa la
premessa prima della lettura: Fraenger sostiene che Bosch fosse un membro
attivo di un gruppo religioso eretico nato nel Duecento, chiamato i Fratelli del Libero Spirito. Sulla setta
– così come sulla presunta appartenenza di Bosch al gruppo – poco o nulla è
dato sapere. I suoi iniziati erano chiamati adamiti
per via della ricerca della purezza originaria di Adamo, ricerca che si sarebbe
tradotta in riti religiosi sessualmente promiscui. Fece scalpore l’interpretazione
di Fraenger su Il giardino delle delizie di
Bosch (Museo del Prado), visto come una sorta di ritratto di quelle supposte pratiche.
Il testo venne accolto con clamore, sull’onda anche dell’entusiasmo che le
teorie freudiane riferite alla sfera della sessualità incontravano a metà del secolo scorso.
In questo
libro invece, Fraenger lega la pala de Le
tentazioni di Sant’Antonio alla storia personale del Gran Maestro degli adamiti, che sarebbe committente e primo ispiratore del contenuto delle Tentazioni: il pannello interno sinistro
nasconderebbe, al di là dell’immagine del santo che compie il volo coi demoni e
viene raccolto dopo la caduta, il racconto dell’assassinio della moglie del
Gran Maestro e un atto d’accusa verso i mandanti.
A
prescindere dai presupposti certo incauti sul legame con gli adamiti,
ripercorrere l’esposizione di Fraenger è un’esperienza davvero emozionante. Se
la maggioranza degli studiosi odierni tende a interpretare buona parte delle
stranezze visionarie di Bosch quale ricettacolo di modi di dire popolari resi
figurativamente, l’esegesi dei singoli personaggi o dei gruppi pittorici di
Fraenger è arguta e coraggiosa: si tratta di un volo che porta dai riti
misterici dell’antica Grecia sino a simbologie di origine egizia, dai bestiari
medievali sino alla letteratura talmudica. Al di là di accostamenti talvolta
discutibili, le annotazioni di Fraenger sono sempre sagaci e piene di pathos.
Come nuova espressione della vendetta di Geova, Jacob van Almaengien ha voluto che Bosch rappresentasse il talmudico Dalles, il fantasma della miseria improvvisa, che incombe sul discendente della strega cortese e la cui maledizione si compirà sul figlio maggiore di lei. Gli occhi cupi e mortalmente spaventati, il nudo ventre affamato e rigonfio, il fantasma se ne sta immobile sul fondo dell’acquitrino. Come il mostro ridotto a testa e gambe sulla scena centrale, è privo di braccia e tiene in equilibrio sul capo una ciotola di pappa che trabocca invischiandogli i capelli. (p. 34)
Illuminanti
anche i commenti sul reciproco posizionamento degli elementi, che vanno a
sottolineare invece la sofferenza e la resistenza di Sant’Antonio, unico
personaggio che, avvicinandosi a Dio, resta degno di una rappresentazione davvero umana, senza le mostruose distorsioni
animalesche che subiscono i malvagi – come
sempre Bosch ritrae senza alterazioni solo i “giusti”, come unici portatori di
genuina umanità.
Bosch ha posto il culto misterico come espressione più alta dell’empietà ritraendo la coppa vicinissima agli occhi del santo, che distoglie lo sguardo da una simile infamia e rinnova il proprio giuramento alla croce. (p. 25)
Quello che
compie Fraenger è un viaggio interpretativo coraggioso che spesso lambisce la
moderna psicoanalisi, suscitando l’accusa di anacronismo e spericolatezza. Certo
le interpretazioni sono forti e talvolta stiracchiate. Eppure si conclude la lettura
con occhi sognanti e la voglia di leggere ancora. L’impressione è che Fraenger,
al di là delle giuste polemiche degli esperti, coi suoi toni pieni e il suo
approccio senza limiti spazio-temporali, sia in qualche modo più allineato a
Bosch di tante tiepide interpretazioni contemporanee. Un artista temerario come
Bosch non merita forse un’altrettanta visionaria volontà interpretativa?
Manuela Cortesi
PS. Tra le
mostre più chiacchierate del 2016 c’è Hieronymus
Bosch – Visioni di un genio: per omaggiare il cinquecentenario della morte il
Noordbrabants Museum ospita la più grande mostra mai allestita dedicata
interamente al genio di Bosch.
http://www.hetnoordbrabantsmuseum.nl/english
http://www.hetnoordbrabantsmuseum.nl/english
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