Il grande futuro
di Giuseppe Catozzella
Feltrinelli, gennaio 2015
pp. 259
16 €
Luce su luce, dice il testo sacro. Nurun ala nur.E così fu per me.
La psicostasia, bellissimo nome dato da un greco (il grande storico Erodoto di Turi) è forse uno dei miti egizi più conosciuti e analizzati di sempre. Letteralmente psicostasia significa "pesature delle anime" e indica la cerimonia alla quale viene sottoposto il defunto prima di entrare nel regno dell'aldilà. Il momento cardine è quando Anubi, il dio infero, pone su di una bilancia una piuma e il cuore del dipartito. Se il cuore peserà quanto la piuma, il defunto sarà decretato dal dio della giustizia in persona, Thot, maa-kheru, ovvero giusto e potrà accedere all'aldilà. Altrimenti precipiterà in un oblio senza fondo.
Allo stesso modo la storia di Alì che divenne Amal, il ragazzo nato due volte nella luce e passato nella tenebra, non è altro che una "pesatura della propria anima" lunga una vita: benvenuti dentro a Il grande futuro, il nuovo libro di Giuseppe Catozzella, edito da Feltrinelli.
Il grande futuro, come ci ha detto lo stesso autore incontrato a Milano presso la sede di Feltrinelli, è "un racconto che ha voluto rispondere, in un certo qual modo, ad un mio bisogno come scrittore: il bisogno di conoscere i motivi e le conseguenze della violenza e dei conflitti generati dagli uomini". Ed è quindi per un'esigenza "letteraria" che Catozzella, quattro anni fa, è partito alla volta del confine tra Somalia e Kenya, uno dei luoghi più pericolosi del Pianeta: Catozzella è andato lì a cercare l'orrore e il "nostro" nemico, il guerrigliero jihadista. E l'ha trovato, e noi con lui. Il guerriero, quasi a livello ancestrale, è lo stesso Alì, il quale è "il più umile degli umili", appartenendo ad una famiglia di servi ma, secondo una leggenda , è anche erede dello spirito guerriero dei primi coloni che fondarono il villaggio. Anzi, ancora di più. Egli, che porta una cicatrice sul petto proprio come Maometto ("ricordo" di quando, da piccolo, una mina gli perforò quasi il cuore), è anche discendente diretto del guerriero Alì, suo omonimo, che portò la guerra nel villaggio. Alì, il nato due volte, che dopo essere stato salvato dalla mina viene ri-nominato Amal, cioè "speranza" ("Perché tu, rinascendo nella luce, sei la nostra speranza" gli dice sua madre) è anche portatore di un destino segnato: nei suoi grandi occhi neri cova lo jinn, il demone malvagio della guerra.
Alì/Amal è quindi un ragazzo la cui esistenza è sempre in bilico, "danza" sempre sul crinale tra santità e perdizione, guerra e pace, amore e dolore. E così come i libri di Catozzella sono in fondo "campi di battaglia entro i quali il reale e il letterario si scontrano, per poi accorgersi di essere in perfetta parità", così le nature scisse di Alì/Amal, sopravanzandosi ora, rinculando poi, si scoprono in equilibrio.
Amal è il più umile degli umili, nato servo, ma rinato "speranza" dopo lo scoppio della mina, trascorre un'infanzia fondamentalmente pacifica sino a quando la guerra, la guerra che è nel suo destino come una profezia non scritta, non irrompe nel villaggio. Sono i "neri" (trasposizione dei guerriglieri di Al-Shabaab, sorta di gemmazione di al-Qaeda) che spaventano e al contempo seducono i giovani come lui. Contrapposti ai Neri vi sono i Regolari (ovvero le Forze Onu) e spesso la differenza tra gli uni e gli altri, come tra le nature diverse e opposte di Amal/Alì, sfuma.
Un giorno il suo migliore amico parte per arruolarsi nell'esercito Regolare e Amal, perché da ora lo chiameremo così, capisce che la sua infanzia finisce quel giorno. Venendo a scoprire, o per meglio dire ad intuire, alcuni segreti inconfessabili tra suo padre, sua madre e il più ricco del villaggio (che porteranno all'abbandono della propria casa da parte del padre stesso), Amal prima si avvicina alla fede, frequentando il mite Imam locale e poi, dopo un lungo "colloquio" con il mare un tramonto quando era andato al largo per la pesca, decide che era venuto il momento di intraprendere il viaggio nella Grande Moschea del Deserto.
A questo punto Il grande futuro "apre" la sua parte più mistica nella quale assistiamo alla progressiva crescita spirituale di Amal. Nella Grande Moschea del Deserto il ragazzo conosce le profondità della contemplazione, ma più "si astrae" dal mondo più sente, forte, il desiderio di azione. "Quando un ragazzo sta troppo fermo a riflettere, per tutta una serie di motivi, va a finire che poi in lui esplode il desiderio di fare qualcosa di concreto". Ecco perché Amal decide un brusco cambiamento alla sua vita, una nuova "pesatura" della propria esistenza. Dalla stasi passa al movimento, dalla preghiera passa allìimprecazione, alla pace dell'anima sceglie la guerra dei sensi.
Senza svelare troppo di un romanzo denso e nel quale avvengono tantissime cose (tanto da chiedersi se Amal, pur essendo molto giovane, non sia un vegliardo ottuagenario, alla fine del racconto), Il grande futuro è quello che si potrebbe bene definire "un pastiche di generi: dal romanzo di formazione, ai fumetti, da Game of Thrones al racconto d'avventura". Senza dimenticare il ruolo svolto dall'amore, materno, paterno e verso un'altra persona che, sempre più, svolgerà un ruolo dominante nella storia.
Il destino accetta i mutamenti solo se non sono annunciati
Il grande futuro è un libro quindi nel quale assistiamo ad un ragazzo Alì/Amal che prende in mano il proprio destino, la propria vita e la "pesa" continuamente sulla bilancia dell'eternità, alla maniera degli Antichi Egizi, come in una sempre rinnovata psicostasia. Non sappiamo quanto pesi il suo cuore, ma sappiamo che i suoi grandi occhi neri "hanno vissuto molte vite", pur rimanendo sempre fedeli alla propria natura: di bimbo, di santo, di guerriero, di essere umano.