di Tommaso Pincio
NN Editore,
2015
pp. 200
€ 13,00
Di Panorama
di Tommaso Pincio bisogna dire innanzitutto che è un oggetto bellissimo: NN Editore
inaugura la sua nuova collana dedicata ai vizi capitali con un volumetto di
meravigliosa fattura, dalla carta pesante e l’ottima impaginazione, con una
quarta di copertina suggestiva che da sola vale l’acquisto. Si tratta però, e questo
deve essere aggiunto, di un romanzo complesso, che andrebbe letto più volte per
dipanare i diversi fili narrativi e cogliere la profondità della riflessione
che soggiace ad uno stile elegante ed efficace.
Panorama si apre e si sviluppa all’insegna dello sguardo: innanzitutto
quello di Ligeia Tissot, misteriosa donna del web che attrae tanto per il fascino
evocativo del suo nome quanto per “quella sua luce nello sguardo, una luce
irruenta e folle, da assassina” (11). Se si ricorda che Ligeia è anche la
protagonista di un noto racconto di Edgar Allan Poe, si comprende fin da subito
che quella che si andrà a leggere è una vicenda di ossessioni totalizzanti e
forse mortifere. Un secondo sguardo è quello indiscreto e invasivo degli utenti
di Panorama, un social network che consente un accesso diretto, immediato e
illimitato all’esistenza dei fruitori: come nel Panopticon descritto da Jeremy Bentham, la Rete diventa prigione in
cui la vita dell’individuo è continuamente esposta all’indagine del prossimo;
il soggetto si sottopone alla malevolenza dell’occhio altrui in piena
consapevolezza e volontà, facendosi custode e carceriere di se stesso e del
proprio agire. C’è poi il protagonista, Ottavio Tondi, che per quattro anni
porta avanti una fitta relazione esclusivamente digitale con Ligeia, fino a
scoprire sulla propria pelle quanta angoscia possa gravare sulla semplice
operazione del guardare: “I suoi occhi vivevano per quel giaciglio in
disordine. Lo fissavano, lo contemplavano, lo studiavano, lo sorvegliavano. Ci
fosse un verbo che raduni queste quattro azioni sotto il senso di un’estenuante
attesa, quel verbo renderebbe un’idea di cosa volesse dire, per Tondi,
guardare” (12). Anche il narratore, interno e inizialmente non identificato,
osserva: osserva la storia di Ottavio e Ligeia e la giudica, riportando i
sentimenti alterati del protagonista alla loro dimensione oggettiva e chiarendo
la reale dinamica dei fatti al di là delle interpretazioni parziali. Si
scoprirà che il suo accesso alle vicende è dovuto a un’intromissione
voyeuristica e non del tutto legittima nel profilo personale di Tondi su
Panorama: del resto l’io narrante è uno scrittore, e cos’è la letteratura se
non pettegolezzo, violazione, “insopprimibile voglia di sbirciare e origliare
nelle vite altrui” (34)?
Al centro del racconto è dunque la vista in
tutte le sue declinazioni (e in questa sede, per ragioni di spazio, non abbiamo
potuto esplorarne che alcune): per chiarire il significato di tale scelta, l’autore
dissemina il testo di indizi che il fruitore è chiamato a raccogliere e
collazionare, come in un poliziesco esistenziale che suscita domande senza
formulare risposte definitive. Panorama
si configura poco alla volta come un’allegoria che descrive un presente
distopico in cui la lettura è stata sostituita dallo sguardo: non è un caso che
Ottavio Tondi, Lettore per eccellenza e per professione, diventi protagonista
di una serie di performance
artistiche in cui la gente lo osserva bramosamente leggere in silenzio sul
proprio divano, con un gusto profanatorio dell’intimità pari soltanto a quello
che prova il consumatore abituale di pornografia. Nel presente che viene
descritto da Pincio, non c’è più spazio per il Lettore (né per le librerie, le
biblioteche, le case editrici, la comunità intellettuale): si realizza la fosca
profezia di Marshall McLuhan, si ritorna ad una nuova oralità che trova spazio
solo sul web, la letteratura sopravvive soltanto adattando la propria forma al
mutare dei tempi. In questo presente l’opera letteraria non può più essere protagonista,
diviene margine (e infatti anche Panorama non è che un lungo prologo a un
testo ancora da pubblicare, cioè il carteggio di Ottavio e Ligeia).
Quella che
doveva essere la storia di un amore fallito diventa piuttosto la storia di un
fallimento esistenziale: quello del protagonista, inabile per la propria
accidia mortale a reinventarsi pienamente in un nuovo contesto. Il romanzo
racconta dell’ascesa, del trionfo e del tracollo di un uomo che è sempre stato
incapace di incidere sulla realtà circostante, di farsi carico del proprio
desiderio, di vivere la propria vita invece che lasciarsi vivere. Per Ottavio
la lettura è sempre stata un’operazione passiva, ricettiva, mai attiva e
costruttiva. E anche quando è costretto dalle circostanze a smettere di leggere
e inizia a scrivere, la sua scrittura è sempre una rielaborazione di cose
apprese in passato (Memoria delle cose
lette prima di dire m’addormento) o scoperte nel presente di Panorama, tra
le lenzuola disfatte del letto di Ligeia (Quaderni
del letto). Un simile personaggio non è pensato per suscitare simpatia,
nasce come personificazione dell’idea che l’autore sta conducendo in quello che
potrebbe essere letto come un romanzo a tesi: è simbolo, icona del tramonto di
un’epoca, e come tale deve soccombere. È però anche un monito per i
destinatari, un invito alla rivolta, il suggerimento che forse un’alternativa
esiste perché, dopotutto, la letteratura continua a vivere. Panorama racconta di una sconfitta
portando avanti una resistenza silenziosa. Forse anche per questo motivo
Tommaso Pincio ha chiesto e ottenuto che il suo libro venisse pubblicato soltanto
in versione cartacea. Questa decisione ci dice che, se deve giungere un momento in
cui le lettere moriranno, soppiantate dall’avanzata inarrestabile della “cosa
fluida” che tutto travolge, quel momento può essere rimandato attraverso una
serie di azioni forti, attraverso una presa di posizione decisa tanto da parte dello scrittore, quanto del lettore.