di Raymond Carver
Einaudi, 2010
Traduzione di Riccardo Duranti
pp. 248
€ 6,99 ebook
Sono ventidue i racconti con cui Carver travolge i lettori in Vuoi star zitta per favore?, raccolta uscita per la prima volta nel 1976 e fin subito rivoluzionaria. Rivoluzionaria senza smuovere apocalissi e fatti epocali. Con uno stile volutamente minimalista, parco di aggettivi e asciutto nell'interpretazione dei fatti, Carver racconta cosa accade nel piccolo mondo delle nostre quotidianità: i punti in cui si incrina un equilibrio sentimentale o familiare; lo squallore celato in piccoli gesti abituali.
Quanto può ferire la routine? E quanto fa male l'indifferenza? Sono solo due delle domande che trovano risposta se si va ad interpretare i singoli racconti come epifanie. I personaggi si rendono (talvolta drammaticamente) conto della realtà che si cela dietro alla loro apparente routine, dietro a rapporti coniugali scoppiati ma ancora tenuti sotto controllo. E dunque? Non aspettatevi omicidi, divorzi burrascosi, o simili: la reazione è decisamente sotto-traccia, a volte in minore, a volte è una non-reazione, se vogliamo più aggressiva di un ceffone. Perché anche questo dà decisamente uno schiaffo al lettore, che spera - almeno sulla carta - di veder trionfare una giustizia.
La riscossa dei personaggi sta nel loro lasciarsi raccontare per come sono, senza abbellimenti, a volte senza nemmeno un nome. Sì, perché Carver dosa tutto, persino le identità dei personaggi: d'altra parte, non sono rari i racconti in cui si rivela un tipo, e l'attenzione si sposta dal tradizionale personaggio all'azione e al dialogo. Mancano descrizioni, ma tutto emerge dalle parole, dai fatti, dal minimo spostamento di attenzione da un oggetto a un altro.
Il risultato è qualcosa di epocale, che non si riesce a descrivere - avrebbe mai senso andare a scavare tra i racconti, togliendo il gusto della lettura? -. Molto meglio aprire Vuoi star zitta per favore?, con l'unico avvertimento di riservarsi il tempo per leggere d'un fiato l'ultimo racconto, quello eponimo, che è l'apoetosi della raccolta (e giustamente l'intitola).
GMGhioni
Quanto può ferire la routine? E quanto fa male l'indifferenza? Sono solo due delle domande che trovano risposta se si va ad interpretare i singoli racconti come epifanie. I personaggi si rendono (talvolta drammaticamente) conto della realtà che si cela dietro alla loro apparente routine, dietro a rapporti coniugali scoppiati ma ancora tenuti sotto controllo. E dunque? Non aspettatevi omicidi, divorzi burrascosi, o simili: la reazione è decisamente sotto-traccia, a volte in minore, a volte è una non-reazione, se vogliamo più aggressiva di un ceffone. Perché anche questo dà decisamente uno schiaffo al lettore, che spera - almeno sulla carta - di veder trionfare una giustizia.
La riscossa dei personaggi sta nel loro lasciarsi raccontare per come sono, senza abbellimenti, a volte senza nemmeno un nome. Sì, perché Carver dosa tutto, persino le identità dei personaggi: d'altra parte, non sono rari i racconti in cui si rivela un tipo, e l'attenzione si sposta dal tradizionale personaggio all'azione e al dialogo. Mancano descrizioni, ma tutto emerge dalle parole, dai fatti, dal minimo spostamento di attenzione da un oggetto a un altro.
Il risultato è qualcosa di epocale, che non si riesce a descrivere - avrebbe mai senso andare a scavare tra i racconti, togliendo il gusto della lettura? -. Molto meglio aprire Vuoi star zitta per favore?, con l'unico avvertimento di riservarsi il tempo per leggere d'un fiato l'ultimo racconto, quello eponimo, che è l'apoetosi della raccolta (e giustamente l'intitola).
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