a cura di Maurizio Ceccato
Ifix, 2015
152 pp.
€ 22,00
Difficile capire dalla copertina di B Comics - Fucilate a strisce. Gnam! se il nostro punto di vista è quello di chi sta mangiando o di chi è già stato divorato. E così mentre ci si chiede se è possibile cominciare a masticare o se quel pizzicorio che sento è già l'effetto dei succhi gastrici, l'unica certezza a cui possiamo aggrapparci è che oltre l'ugola c'è un mondo da esplorare. Per fortuna a guidarci in questo safari gastronomico troviamo Maurizio Ceccato, esploratore, mad doctor e curatore di B Comics.
Questo secondo volume, che arriva a un anno da B Comics - Fucilate a strisce. Crack!, porta sulle spalle la pesante eredità del suo predecessore, contenitore di storie di grande qualità e di autori che di lì a poco sono letteralmente esplosi, come la coppia Taddei e Angelini (autori di Anubi, il miglior graphic novel italiano dello scorso anno) e Martoz, che col suo Remi Tot in stunt ha fatto più di un botto (in attesa poi del fumetto di Fabio Tonetto edito da Eris Edizioni). Ma questo in fondo non ci interessa. Ora ci interessano le storie di questo B Comics - Fucilate a strisce. Gnam!.
Come sempre Maurizio Ceccato propone un menu variegato dove non c'è nulla di biologico: tutto è stato trattato, pompato di steroidi, geneticamente modificato per aumentarne la conservazione, arricchito di coloranti e polifosfati per rendere la forma bella come la sostanza. Ceccato è un editor contro il chilometro zero perché spinge gli autori ad andare lontano, a mettersi alla prova per farsi assaggiare anche da chi non mastica i fumetti.
E ora giù nel tritacarne.
"Annibale" di Lorenzo Mò |
ANNIBALE di Lorenzo Mò
Annibale è il più grande eroe della città. Eppure sembra abbia giocato un brutto tiro ai suoi compari, i supereroi Torcicollo, Marcantonio e Testatetra, così brutto da metterli in pericolo di vita. Riuscirà a riacquistare la fiducia nei suoi compagni o le forze del male trionferanno sul super gruppo?
I supereroi di Lorenzo Mò sembrano usciti direttamente da un cartone animato di Tex Avery, non solo per lo stile vintage del disegno, quanto per la modalità con cui l'autore innesta una violenza esasperata e una descrizione grottesca delle caratteristiche umane in un'atmosfera che invece di adulto ha ben poco. A Mò piacciono i contrasti e infatti da lì a poco Annibale diventa un noir tarantiniano fatto di tradimenti e doppiogiochismo, dove invece del folle Mr. Blonde ci troviamo un paperotto altrettanto violento e sanguinario. Ma come ne Le Iene" niente va per il verso giusto e tutti i personaggi ci rimettono, non prima però di uno spettacolare mexican standoff a colpi di vomito.
Lorenzo Mò è un narratore che sa stupire. La sua storia cambia continuamente forma, facendosi sempre più assurda eppure straordinariamente coerente con l'universo tra i cartoons e l'hard-boiled che è riuscito a modellare con così poco spazio a disposizione. Salta all'occhio proprio questa cura nello studio dei personaggi, cui riesce a donare un'ambiguità di fondo (ad esempio il costume dell'amatissimo Annibale ricorda molto un completo sadomaso) che si traduce in una continua lotta interna al racconto tra innocenza e colpevolezza.
IL CANE E L'OSSO di Francesco Caporale
La famosa favola di Esopo rivive in chiave capitalista e industriale grazie alla doodle art di Francesco Caporale. Il suo horror vacui è perfetto per raccontare un mondo stracolmo di oggetti, di case, di industrie e di rifiuti, in un racconto che non scade nella banalità di una visione decadente e putrescente. Anzi, lo stile pulito, chiaro, affollato ma non confusionario di Caporale, funge quasi da filtro anti-moralistico perché scansando il facile decadentismo, si trasforma in una lente beffarda, cinica e a tratti ironica con cui rileggere la favola classica.
Al suo esordio nel mondo del fumetto, Francesco Caporale sfrutta il suo talento di illustratore e grafico per alcune trovate narrative davvero ben riuscite, su tutte il balloon colmo d'acqua che finisce dritta nella gola del cane, e un'operazione matematica che diventa profetica per il destino dell'animale, entrambe capaci di sintetizzare e rendere visivo un concetto senza alcuna forzatura.
ZIA di Mattia Moro
Da un paio di mesi a questa parte, in un paese di provincia stretto tra mare, montagne e campagna, le cose cominciano a scomparire. Sono scomparse pecore, macchie, persone, persino intere porzioni di territorio. E mentre le autorità tacciono, l'unica a indagare sul questo strano caso è un detective privato sovrappeso, disilluso e pronto all'azione. Dimenticavo, il detective privato in questione riveste anche il ruolo di amorevole zia e di riflesso, l'inesperto e giovane nipotino, è il suo aiutante pronto a imparare ogni trucco del mestiere.
Il fumetto di Mattia Moro vive di piccole cose. Non è la cornice con le sue misteriosi sparizioni a trascinarci nel racconto, né tanto meno la conclusione metafisica dell'enigma ci sembrerà un colpo di scena indimenticabile, sono invece le piccole cose che Mattia Moro inserisce nella narrazione a fare di Zia un buon fumetto. C'è una bicromia azzeccatissima (blu e arancione), capace di creare un'atmosfera straniante ma familiare, con cui intuiamo il pericolo imminente ma anche un senso di infantile protezione. C'è il personaggio della zia che è scritto così bene che meriterebbe altro spazio in altre storie. Questa zia è una Jessica Fletcher scritta da Raymond Chandler, tenera e risoluta, protettiva e spietata, pronta a infrangere la legge ma anche a chiedere scusa se le è scappata una parolaccia. C'è infine il modo con cui è delineato il rapporto tra nipote e zia. Lui, insicuro e spesso spaventato, osserva con ammirazione da dietro le lenti le grandi capacità di sua zia, cercando di apprendere non solo la tecnica, ma anche la sua moralità. La zia di contro è sempre pronta a dispensare consigli, a volte come un datore di lavoro, a volte come un amorevole parente.
WENDIGO di Emanuele Giacopetti
Annibale è il più grande eroe della città. Eppure sembra abbia giocato un brutto tiro ai suoi compari, i supereroi Torcicollo, Marcantonio e Testatetra, così brutto da metterli in pericolo di vita. Riuscirà a riacquistare la fiducia nei suoi compagni o le forze del male trionferanno sul super gruppo?
I supereroi di Lorenzo Mò sembrano usciti direttamente da un cartone animato di Tex Avery, non solo per lo stile vintage del disegno, quanto per la modalità con cui l'autore innesta una violenza esasperata e una descrizione grottesca delle caratteristiche umane in un'atmosfera che invece di adulto ha ben poco. A Mò piacciono i contrasti e infatti da lì a poco Annibale diventa un noir tarantiniano fatto di tradimenti e doppiogiochismo, dove invece del folle Mr. Blonde ci troviamo un paperotto altrettanto violento e sanguinario. Ma come ne Le Iene" niente va per il verso giusto e tutti i personaggi ci rimettono, non prima però di uno spettacolare mexican standoff a colpi di vomito.
Lorenzo Mò è un narratore che sa stupire. La sua storia cambia continuamente forma, facendosi sempre più assurda eppure straordinariamente coerente con l'universo tra i cartoons e l'hard-boiled che è riuscito a modellare con così poco spazio a disposizione. Salta all'occhio proprio questa cura nello studio dei personaggi, cui riesce a donare un'ambiguità di fondo (ad esempio il costume dell'amatissimo Annibale ricorda molto un completo sadomaso) che si traduce in una continua lotta interna al racconto tra innocenza e colpevolezza.
IL CANE E L'OSSO di Francesco Caporale
La famosa favola di Esopo rivive in chiave capitalista e industriale grazie alla doodle art di Francesco Caporale. Il suo horror vacui è perfetto per raccontare un mondo stracolmo di oggetti, di case, di industrie e di rifiuti, in un racconto che non scade nella banalità di una visione decadente e putrescente. Anzi, lo stile pulito, chiaro, affollato ma non confusionario di Caporale, funge quasi da filtro anti-moralistico perché scansando il facile decadentismo, si trasforma in una lente beffarda, cinica e a tratti ironica con cui rileggere la favola classica.
Al suo esordio nel mondo del fumetto, Francesco Caporale sfrutta il suo talento di illustratore e grafico per alcune trovate narrative davvero ben riuscite, su tutte il balloon colmo d'acqua che finisce dritta nella gola del cane, e un'operazione matematica che diventa profetica per il destino dell'animale, entrambe capaci di sintetizzare e rendere visivo un concetto senza alcuna forzatura.
"Zia" di Mattia Moro |
Da un paio di mesi a questa parte, in un paese di provincia stretto tra mare, montagne e campagna, le cose cominciano a scomparire. Sono scomparse pecore, macchie, persone, persino intere porzioni di territorio. E mentre le autorità tacciono, l'unica a indagare sul questo strano caso è un detective privato sovrappeso, disilluso e pronto all'azione. Dimenticavo, il detective privato in questione riveste anche il ruolo di amorevole zia e di riflesso, l'inesperto e giovane nipotino, è il suo aiutante pronto a imparare ogni trucco del mestiere.
Il fumetto di Mattia Moro vive di piccole cose. Non è la cornice con le sue misteriosi sparizioni a trascinarci nel racconto, né tanto meno la conclusione metafisica dell'enigma ci sembrerà un colpo di scena indimenticabile, sono invece le piccole cose che Mattia Moro inserisce nella narrazione a fare di Zia un buon fumetto. C'è una bicromia azzeccatissima (blu e arancione), capace di creare un'atmosfera straniante ma familiare, con cui intuiamo il pericolo imminente ma anche un senso di infantile protezione. C'è il personaggio della zia che è scritto così bene che meriterebbe altro spazio in altre storie. Questa zia è una Jessica Fletcher scritta da Raymond Chandler, tenera e risoluta, protettiva e spietata, pronta a infrangere la legge ma anche a chiedere scusa se le è scappata una parolaccia. C'è infine il modo con cui è delineato il rapporto tra nipote e zia. Lui, insicuro e spesso spaventato, osserva con ammirazione da dietro le lenti le grandi capacità di sua zia, cercando di apprendere non solo la tecnica, ma anche la sua moralità. La zia di contro è sempre pronta a dispensare consigli, a volte come un datore di lavoro, a volte come un amorevole parente.
WENDIGO di Emanuele Giacopetti
1865, Columbia Britannica. Un gruppo di pionieri parte per la corsa all'oro affrontando le dure temperature invernali. Documenta la loro vita Carlo Gentile, un fotografo napoletano emigrato negli Stati Uniti che tra il 1861 e il 1866 operò in Canada, dove nacque il suo interesse nel documentare la vita e le usanze dei nativi americani.
Partendo da questi presupposti storici Emanuele Giacopetti innesta un racconto di finzione storicamente attendibile. E questo sembra all'inizio il suo fumetto, una semplice cronaca (anche emotivamente distante) delle vicende. La narrazione infatti procede tramite vignette mute che documentano le tappe del cammino di questo gruppo di persone, accompagnate da didascalie che aggiungono dati storici, citazioni da libri dell'epoca e altri dati utili per il lettore. Ma mentre la cronaca scorre indifferente ma puntuale, il viaggio dei nostri protagonisti si complica. Con un tratto drammatico che riesce anche a cogliere l'eleganza di quel mondo passato, Giacopetti racconta un paesaggio ostile che divora l'uomo. Con l'avanzare della storia i volti inizialmente chiari dei suoi personaggi, si sporcano, si riempiono di tratteggi sino a confondersi con lo stesso tratteggio con cui Giacopetti ha illustrato questa natura brutale.
È in questo momento però che Windigo fa un salto di qualità: sempre più assorbiti da un ambiente selvatico, gli uomini sono messi davanti alla scelta di cedere ai morsi della fame e trasformarsi in animali, oppure perire rimanendo però esseri umani. Questa improvvisa svolta morale del racconto stupisce e sorprende e aggiunge in eguale misura profondità e tensione emotiva.
SPAGHETTI di Margherita Morotti e Cammello
L'inedita coppia formata da Cammello e Margherita Morotti (il primo alla sceneggiatura, la seconda ai disegni) sforna una storia d'amore e di mostri.
The strangest love story a man has ever known, recitavano i manifesti del Dracula di Bela Lugosi, ma sembra perfetta anche per Spaghetti. Una donna viene lasciata dal fidanzato mentre sta cucinando un piatto di spaghetti. La disperazione finisce quando gli spaghetti prendono improvvisamente vita e si scoprono essere il compagno ideale, tanto da convolare immediatamente a nozze. Ma qualcosa durante la cerimonia va storto.
Cammello ha la strana capacità di rendere credibili le cose più assurde. Non so come faccia. Prendete il suo web-comics Tumorama (un Adventure Time con le paranoie della droga) e avrete la stessa sensazione di folle realismo che aleggia per tutto Spaghetti. Nello straordinario, tutto diventa credibile: un mostro di pasta al sugo, un ex fidanzato punk, il letale virus che fa impazzire la Creatura; il suo realismo è il nocciolo di un reattore nucleare a fissione che dà combustibile e crea delle folli e assurde reazioni nucleari.
Margherita Morotti sembra conoscere l'oscuro segreto di Cammello, e infatti rinuncia alle abusate iconografie mostruose per concentrarsi con delicatezza e brutalità sulle emozioni provate dalla protagonista. La straordinaria tavola iniziale in cui la ragazza viene lasciata, descrive le fasi della sua disperazione con una composizione folle delle vignette: si inizia con le prime tre vignette in cui la ragazza apprende la notizia; poi compare un grande ritratto monocromatico sullo sfondo dell'intera tavola (concentratevi sulla mano rapace che riempie la bocca e buca le guance), e il tutto esplode in una sequenza davvero spaventosa in cui tutto il dolore della perdita si trasferisce in un tratto che via via perde controllo e diventa graffio, deforma l'anatomia del personaggio sino a riportarlo nella realtà con l'illustrazione a piè di pagina che - pur nel suo manifesto dolore - sembra riportare un poco di tranquillità nella scena.
Anni di cinema horror ci hanno spesso raccontato che l'orrore deriva spesso dal dolore, e questa tavola potentissima - pur raccontando una cosa comune - è la creazione del mostro, la metamorfosi del licantropo, la mano dello zombie che buca il terreno.
GORETEX di Maurizio Lacavalla
Il fumetto di Maurizio Lacavalla svela la sua anima tattile sin dal titolo che riprende il nome del materiale impermeabile con cui solitamente si fabbricano le suole delle scarpe da trekking. Lo stile di disegno di Lacavalla dona a una storia sin troppo metafisica una fisicità potente e variegata capace di farsi narrazione. Un tratto sporco e nervoso, grandi campiture monocromatiche, l'assenza di sfumature, i retini a grana grossa, fanno di Goretex un fumetto d'atmosfera che sembra disegnato nella polvere e stampato sull'asfalto.
FORMICHE di Roberto Grossi
Con un tratto dimesso ma molto morbido, Roberto Grossi intesse una metafora tra uomini e formiche. Lo fa attraverso un monologo pronunciato dai due gemelli protagonisti, che ci guidano per la strada che compiono ogni giorno con l'anziano zio. Il tutto nella periferia di una grande città, colma di violenza, fame, egoismo.
Nonostante la metafora non sia tra le più originali, Formiche arriva dritto al punto senza ricatti morali e falso buonismo. Lo sguardo di Grossi non è da entomologo e quindi evita qualsiasi analisi politica e sociale: si getta invece con semplicità e in maniera pratica nell'impresa di raccontare una fetta d'umanità. Ci riesce appunto, all'interno di una metafora ben costruita che evita il cinismo ma non ci risparmia di una certa ferocia.
ALLA FIERA DELL'EST di Cecilia Valagussa
Non so se a qualcuno di voi è mai capitato di ritrovarsi i topi in casa. Non è una cosa bella e non tanto per i danni che i topi possono causare, quanto perché non ci si sente più padroni di niente. I topi comandano e fanno quello che vogliono e a te non resta che dargli la caccia con le maniere che credi più opportune e veloci.
Non è un caso che nel fumetto di Cecilia Valagussa i giochi prospettici e la costruzione della tavola facciano diventare i topi quei mostri giganteschi che in realtà sono. Con il loro sguardo vuoto e determinato, sono i parassiti che nessuno pensa di eliminare. Perché la storia di questi topi giganteschi si intreccia con quella di una famiglia che ha occupato una casa fatiscente in via di demolizione e per questo vessata da un gruppo di razzisti. E così mentre gli esseri umani si affannano a eliminare i parassiti della società, i topi consumano, depredano, sopravvivono al crollo della casa e a qualsiasi altra tragedia.
Per Cecilia Valagussa la casa diventa la base su cui costruire le sue tavole: è sulla sua architettura e sulle sue macerie che il racconto prende vita, che la regia trova il suo ritmo e i suoi toni. Il suo punto di vista è quello distaccato dei topi, creature immortali a cui la vita dell'uomo pare infinitamente piccola, breve e stupida.
GENTIANA di Simone Pace
Gentiana è un racconto di radici, e non solo perché tutto ruota attorno proprio alla radice di questa erba. Il fumetto di Simone Pace infatti non ci racconta una semplice storia, ma la leggenda di come la genziana ha ricevuto quel gusto amaro che la contraddistingue. Simone Pace non solo si trova a suo agio nel raccontarci questa leggenda gestendo bene il narratore e scegliendo un lessico appropriato, ma il suo disegno mostra di avere le caratteristiche perfette per darle corpo. Il suo tratto semplice ma espressivo dona la necessaria austerità all'atmosfera, le linee e le macchie di inchiostro invece ricostruiscono una natura selvaggia che l'uomo non solo rispetta, ma teme e venera come una divinità. Il flashback inserito nel mezzo del racconto invece si stacca nettamente da prologo ed epilogo grazie all'uso del colore che irrompe in scena per raccontarci una battaglia. Qui Simone Pace dimostra ulteriormente la sua capacità nel gestire un racconto epico grazie a un dinamismo statico nelle scene di battaglia che riporta alla mente gli affreschi dell'antichità e che lui movimenta con la recitazione melodrammatica dei suoi personaggi.
ETEROZIGOTI di Emanuele Racca
Eterozigoti è la storia di due fratelli e di uno scambio di identità. È una storia di malavita e inseguimenti e - di conseguenza - è anche la storia di una fuga senza speranza che non include speranza alcuna. In realtà una piccola speranza c'è e quindi la fuga è in parte anche l'inizio di un viaggio per cercare di riconquistare la donna amata.
Emanuele Racca scrive e disegna un noir che non si fa spaventare dal numero esiguo di pagine destinate alla storia. Pagina dopo pagina Racca aggiunge densità alla sua storia, le fa prendere corpo come una palla di neve che si trasforma in valanga, addizionando elementi e spessore con la certezza di riuscire a centrare il suo bersaglio, ovvero il perfetto equilibrio dei personaggi sul filo sottile della tragedia. E tutto si compie secondo i piani dell'autore, verso un'inevitabile autodistruzione che diventa in qualche modo anche romantica. Completa il tutto una colorazione molto espressiva e un tratto duro di matita che mette in luce tutta la forza e la fragilità del protagonista.
SBAFFINI di Spugna
Immaginatevi per un secondo soltanto (di più rischiereste di perdere il senno) di trovarvi davanti a un film scritto da Nora Ephron e diretto da John Carpenter. Dovrebbe uscire qualcosa come una commedia romantica dove a un certo punto il desiderio si trasforma in un mostro gigantesco che divora il cinico ma tenero protagonista. In pratica quello che succede più o meno nel fumetto di Spugna.
La storia è quella di un cameriere con due grandi amori: gli hamburger e Poldo Sbaffini. Qui si innesta un racconto onirico (e completamente muto) dove Spugna ha la possibilità di sbizzarrirsi con i suoi mostri raccontandoci una metamorfosi carpenteriana e inscenando un attacco alla città in stile Godzilla. Tutto qua? No, perché Sbaffini è davvero una storia d'amore e Spugna non se lo dimentica. I colori psichedelici e l'illuminazione fluorescente da luna park in cui il racconto è immerso, danno a tutto quanto una strana atmosfera romantica che Spugna non getta da parte facendola diventare un semplice artificio ironico, ma la porta fino in fondo con sincerità e partecipazione emotiva. Un capolavoro di scrittura breve (l'acne del protagonista che, zoomando, diventa i semi di sesamo dell'hamburger) e gestione funambolica dei toni del racconto. Stupefacente e sentimentale.
B Comics - Fucilate a strisce. Gnam! è frizzante come un digestivo e indimenticabile come un'indigestione. Con il vantaggio che coi fumetti, al contrario di quello che succede a tavola, non c'è il pericolo di stare male e nemmeno di mischiare i sapori se si assaggiano cibi troppo diversi tra loro. Qui ogni portata ha il suo gusto e i suoi ingredienti e in questo caso i nostri occhi sono la bocca migliore con cui divorare le pagine di B Comics - Fucilate a strisce. Gnam!.
Matteo Contin
@matteocontin
Tavole riprodotte per autorizzazione della casa editrice
Partendo da questi presupposti storici Emanuele Giacopetti innesta un racconto di finzione storicamente attendibile. E questo sembra all'inizio il suo fumetto, una semplice cronaca (anche emotivamente distante) delle vicende. La narrazione infatti procede tramite vignette mute che documentano le tappe del cammino di questo gruppo di persone, accompagnate da didascalie che aggiungono dati storici, citazioni da libri dell'epoca e altri dati utili per il lettore. Ma mentre la cronaca scorre indifferente ma puntuale, il viaggio dei nostri protagonisti si complica. Con un tratto drammatico che riesce anche a cogliere l'eleganza di quel mondo passato, Giacopetti racconta un paesaggio ostile che divora l'uomo. Con l'avanzare della storia i volti inizialmente chiari dei suoi personaggi, si sporcano, si riempiono di tratteggi sino a confondersi con lo stesso tratteggio con cui Giacopetti ha illustrato questa natura brutale.
È in questo momento però che Windigo fa un salto di qualità: sempre più assorbiti da un ambiente selvatico, gli uomini sono messi davanti alla scelta di cedere ai morsi della fame e trasformarsi in animali, oppure perire rimanendo però esseri umani. Questa improvvisa svolta morale del racconto stupisce e sorprende e aggiunge in eguale misura profondità e tensione emotiva.
"Spaghetti" di Margherita Morotti e Cammello |
L'inedita coppia formata da Cammello e Margherita Morotti (il primo alla sceneggiatura, la seconda ai disegni) sforna una storia d'amore e di mostri.
The strangest love story a man has ever known, recitavano i manifesti del Dracula di Bela Lugosi, ma sembra perfetta anche per Spaghetti. Una donna viene lasciata dal fidanzato mentre sta cucinando un piatto di spaghetti. La disperazione finisce quando gli spaghetti prendono improvvisamente vita e si scoprono essere il compagno ideale, tanto da convolare immediatamente a nozze. Ma qualcosa durante la cerimonia va storto.
Cammello ha la strana capacità di rendere credibili le cose più assurde. Non so come faccia. Prendete il suo web-comics Tumorama (un Adventure Time con le paranoie della droga) e avrete la stessa sensazione di folle realismo che aleggia per tutto Spaghetti. Nello straordinario, tutto diventa credibile: un mostro di pasta al sugo, un ex fidanzato punk, il letale virus che fa impazzire la Creatura; il suo realismo è il nocciolo di un reattore nucleare a fissione che dà combustibile e crea delle folli e assurde reazioni nucleari.
Margherita Morotti sembra conoscere l'oscuro segreto di Cammello, e infatti rinuncia alle abusate iconografie mostruose per concentrarsi con delicatezza e brutalità sulle emozioni provate dalla protagonista. La straordinaria tavola iniziale in cui la ragazza viene lasciata, descrive le fasi della sua disperazione con una composizione folle delle vignette: si inizia con le prime tre vignette in cui la ragazza apprende la notizia; poi compare un grande ritratto monocromatico sullo sfondo dell'intera tavola (concentratevi sulla mano rapace che riempie la bocca e buca le guance), e il tutto esplode in una sequenza davvero spaventosa in cui tutto il dolore della perdita si trasferisce in un tratto che via via perde controllo e diventa graffio, deforma l'anatomia del personaggio sino a riportarlo nella realtà con l'illustrazione a piè di pagina che - pur nel suo manifesto dolore - sembra riportare un poco di tranquillità nella scena.
Anni di cinema horror ci hanno spesso raccontato che l'orrore deriva spesso dal dolore, e questa tavola potentissima - pur raccontando una cosa comune - è la creazione del mostro, la metamorfosi del licantropo, la mano dello zombie che buca il terreno.
GORETEX di Maurizio Lacavalla
Il fumetto di Maurizio Lacavalla svela la sua anima tattile sin dal titolo che riprende il nome del materiale impermeabile con cui solitamente si fabbricano le suole delle scarpe da trekking. Lo stile di disegno di Lacavalla dona a una storia sin troppo metafisica una fisicità potente e variegata capace di farsi narrazione. Un tratto sporco e nervoso, grandi campiture monocromatiche, l'assenza di sfumature, i retini a grana grossa, fanno di Goretex un fumetto d'atmosfera che sembra disegnato nella polvere e stampato sull'asfalto.
"Formiche" di Roberto Grossi |
Con un tratto dimesso ma molto morbido, Roberto Grossi intesse una metafora tra uomini e formiche. Lo fa attraverso un monologo pronunciato dai due gemelli protagonisti, che ci guidano per la strada che compiono ogni giorno con l'anziano zio. Il tutto nella periferia di una grande città, colma di violenza, fame, egoismo.
Nonostante la metafora non sia tra le più originali, Formiche arriva dritto al punto senza ricatti morali e falso buonismo. Lo sguardo di Grossi non è da entomologo e quindi evita qualsiasi analisi politica e sociale: si getta invece con semplicità e in maniera pratica nell'impresa di raccontare una fetta d'umanità. Ci riesce appunto, all'interno di una metafora ben costruita che evita il cinismo ma non ci risparmia di una certa ferocia.
ALLA FIERA DELL'EST di Cecilia Valagussa
Non so se a qualcuno di voi è mai capitato di ritrovarsi i topi in casa. Non è una cosa bella e non tanto per i danni che i topi possono causare, quanto perché non ci si sente più padroni di niente. I topi comandano e fanno quello che vogliono e a te non resta che dargli la caccia con le maniere che credi più opportune e veloci.
Non è un caso che nel fumetto di Cecilia Valagussa i giochi prospettici e la costruzione della tavola facciano diventare i topi quei mostri giganteschi che in realtà sono. Con il loro sguardo vuoto e determinato, sono i parassiti che nessuno pensa di eliminare. Perché la storia di questi topi giganteschi si intreccia con quella di una famiglia che ha occupato una casa fatiscente in via di demolizione e per questo vessata da un gruppo di razzisti. E così mentre gli esseri umani si affannano a eliminare i parassiti della società, i topi consumano, depredano, sopravvivono al crollo della casa e a qualsiasi altra tragedia.
Per Cecilia Valagussa la casa diventa la base su cui costruire le sue tavole: è sulla sua architettura e sulle sue macerie che il racconto prende vita, che la regia trova il suo ritmo e i suoi toni. Il suo punto di vista è quello distaccato dei topi, creature immortali a cui la vita dell'uomo pare infinitamente piccola, breve e stupida.
"Gentiana" di Simone Pace |
Gentiana è un racconto di radici, e non solo perché tutto ruota attorno proprio alla radice di questa erba. Il fumetto di Simone Pace infatti non ci racconta una semplice storia, ma la leggenda di come la genziana ha ricevuto quel gusto amaro che la contraddistingue. Simone Pace non solo si trova a suo agio nel raccontarci questa leggenda gestendo bene il narratore e scegliendo un lessico appropriato, ma il suo disegno mostra di avere le caratteristiche perfette per darle corpo. Il suo tratto semplice ma espressivo dona la necessaria austerità all'atmosfera, le linee e le macchie di inchiostro invece ricostruiscono una natura selvaggia che l'uomo non solo rispetta, ma teme e venera come una divinità. Il flashback inserito nel mezzo del racconto invece si stacca nettamente da prologo ed epilogo grazie all'uso del colore che irrompe in scena per raccontarci una battaglia. Qui Simone Pace dimostra ulteriormente la sua capacità nel gestire un racconto epico grazie a un dinamismo statico nelle scene di battaglia che riporta alla mente gli affreschi dell'antichità e che lui movimenta con la recitazione melodrammatica dei suoi personaggi.
ETEROZIGOTI di Emanuele Racca
Eterozigoti è la storia di due fratelli e di uno scambio di identità. È una storia di malavita e inseguimenti e - di conseguenza - è anche la storia di una fuga senza speranza che non include speranza alcuna. In realtà una piccola speranza c'è e quindi la fuga è in parte anche l'inizio di un viaggio per cercare di riconquistare la donna amata.
Emanuele Racca scrive e disegna un noir che non si fa spaventare dal numero esiguo di pagine destinate alla storia. Pagina dopo pagina Racca aggiunge densità alla sua storia, le fa prendere corpo come una palla di neve che si trasforma in valanga, addizionando elementi e spessore con la certezza di riuscire a centrare il suo bersaglio, ovvero il perfetto equilibrio dei personaggi sul filo sottile della tragedia. E tutto si compie secondo i piani dell'autore, verso un'inevitabile autodistruzione che diventa in qualche modo anche romantica. Completa il tutto una colorazione molto espressiva e un tratto duro di matita che mette in luce tutta la forza e la fragilità del protagonista.
"Sbaffini" di Spugna |
Immaginatevi per un secondo soltanto (di più rischiereste di perdere il senno) di trovarvi davanti a un film scritto da Nora Ephron e diretto da John Carpenter. Dovrebbe uscire qualcosa come una commedia romantica dove a un certo punto il desiderio si trasforma in un mostro gigantesco che divora il cinico ma tenero protagonista. In pratica quello che succede più o meno nel fumetto di Spugna.
La storia è quella di un cameriere con due grandi amori: gli hamburger e Poldo Sbaffini. Qui si innesta un racconto onirico (e completamente muto) dove Spugna ha la possibilità di sbizzarrirsi con i suoi mostri raccontandoci una metamorfosi carpenteriana e inscenando un attacco alla città in stile Godzilla. Tutto qua? No, perché Sbaffini è davvero una storia d'amore e Spugna non se lo dimentica. I colori psichedelici e l'illuminazione fluorescente da luna park in cui il racconto è immerso, danno a tutto quanto una strana atmosfera romantica che Spugna non getta da parte facendola diventare un semplice artificio ironico, ma la porta fino in fondo con sincerità e partecipazione emotiva. Un capolavoro di scrittura breve (l'acne del protagonista che, zoomando, diventa i semi di sesamo dell'hamburger) e gestione funambolica dei toni del racconto. Stupefacente e sentimentale.
B Comics - Fucilate a strisce. Gnam! è frizzante come un digestivo e indimenticabile come un'indigestione. Con il vantaggio che coi fumetti, al contrario di quello che succede a tavola, non c'è il pericolo di stare male e nemmeno di mischiare i sapori se si assaggiano cibi troppo diversi tra loro. Qui ogni portata ha il suo gusto e i suoi ingredienti e in questo caso i nostri occhi sono la bocca migliore con cui divorare le pagine di B Comics - Fucilate a strisce. Gnam!.
Matteo Contin
@matteocontin
Tavole riprodotte per autorizzazione della casa editrice