di Pierre Lemaitre
Mondadori, 2011
Traduzione italiana di Stefano Viviani
pp. 341
€ 17,90
Quattro anni dopo il rapimento e la la morte di sua moglie Irène
(che dà il titolo al primo volume di questa trilogia noir) Camille
Verhœven si è trincerato
in un perimetro di sicurezza dal quale affronta solo casi
“tranquilli”, evitando accuratamente quelli che potrebbero
implicare nuove uccisioni riaprendo la sua ferita personale. Un
giorno, però, è l'unico poliziotto disponibile ed è quindi
costretto a prendersi carico della sparizione di Alex, una giovane
infermiera che un testimone ha visto esser stata violentemente
caricata su un furgone da un misterioso aggressore.
Rispetto al romanzo d'esordio, da subito si intuisce un registro
più vivace nel racconto, come se dopo la prima incursione nel noir
(che era anche un omaggio letterario agli autori amati da Lemaitre)
lo scrittore abbia abbandonato alcuni toni “alti” (che peraltro
non inficiavano affatto gli esiti di Irène)
per attestarsi su uno stile perfettamente calibrato per il genere.
Lemaitre si è avvicinato al lettore; qua e là gli fa l'occhiolino, concedendosi qualche battuta ed un po' di
comicità. L'uso del presente aiuta la trama a farsi incalzante
quando serve: a volte la scrittura sfiora il parlato, si riempe di
virgole, si fa addirittura sincopata. Veniamo calati nella realtà
dei personaggi e ci sentiamo al fianco di Camille nella sua
tormentata ricerca, così come partecipiamo al terrore di Alex nelle
grinfie di un bruto dalle intenzioni insondabili; assistiamo in
diretta ad ogni istante della sua prigionia: in un luogo solitario e
abbandonato, la donna è costretta a chiudersi in una cassa, una
gabbia che potrebbe trasformarsi nella sua bara. In testa una sola
domanda: perché io?
Il rapimento è un crimine di un genere abbastanza particolare: la vittima non è sotto i tuoi occhi, come nel caso di un omicidio, devi immaginarla.
Passano le ore, i giorni. Alex si rivela una guerriera:
l'approssimarsi della morte (e dei topi attorno al suo corpo
immobilizzato) le fa trovare energie nascoste con le quali combatterà
strenuamente per rimanere aggrappata alla vita.
Nell'alternarsi di capitoli incentrati sulle indagini di Camille e
parti dedicate alla ragazza, lentamente emerge un piano dietro l'apparente
gratuità del rapimento. La stessa prigioniera si convince di aver
capito il motivo dell'accanimento nei suoi confronti. Ma non facciamo
in tempo a conoscerli perché improvvisamente le cose precipitano
grazie ad una svolta originale: l'aguzzino, braccato, si uccide
lasciando alla polizia solo una serie di interrogativi, il più
impellente dei quali è: dove si trova ragazza? Accompagnato da una
seconda, terribile domanda: la troveremo prima che muoia?
Ad incantarci è di nuovo la precisione di Lemaitre, cui basta
una frase per inquadrare tutta una situazione. Alex mantiene
la qualità eccelsa dell'esordio: l'autore francese, lo ribadiamo, è
scrittore di razza e la sua prosa si distingue dal panorama delle
detective stories. Egli mantiene infatti una certa grazia nel
descrivere le situazioni: l'agonia di Alex (che con lo scorrere delle
pagine si fa davvero terrificante) in altre mani si sarebbe
trasformata in un parossismo pulp, mentre Lemaitre non va mai sopra
le righe.
Come già succedeva nel primo romanzo, anche in questo la
seconda parte scompiglia le carte in tavola, con un ribaltamento
avvincente: la preda diventa cacciatore, chi veniva cercato per esser
salvato si dà alla fuga per non soccombere. Parte una nuova
indagine, ed altri delitti stanno per essere commessi. Alex trasforma
il suo personaggio, ora è una provocante e determinatissima femme
fatale,
con ironico accento sull'ultimo aggettivo. Si aggiunge
anche una terza parte, cui corrisponde un nuovo cambio di
prospettiva: se non proprio tre indagini distinte, certamente
differenti filoni dettati dagli avvenimenti che prendono in
contropiede la squadra di Camille. La conclusione, con l'alternanza
magistrale dei due interrogatori decisivi ed il duello verbale
finale, mette di nuovo in discussione i ruoli di vittima e carnefice
che avevamo stabilito. E chissà se le discutibili scelte del
comandante Verhœven
avranno conseguenze nel prosieguo della sua avventura letteraria.
Nicola Campostori