Io sono Achille
di David Malouf
Frassinelli,
2010
pp. 218
€ 17,50
pp. 218
€ 17,50
Titolo originale: Ransom
Traduzione di Francesca
Pe’
Addentrarsi nell’opera di David Malouf non è
semplice: lo stile è lirico e complesso, l’inizio volutamente lento. Quello che
l’autore propone al lettore è un percorso graduale che lo accompagni all’interno
di un mondo epico ed eroico, lontano nel tempo, ma portatore di valori
universali e sempre attuali.
Achille ha assistito sconvolto e impotente alla
morte di Patroclo – per lui più che amico, più che fratello – e se ne sente
responsabile. Neppure l’uccisione di Ettore basta a placare la furia cieca che
lo domina, rivolta tanto verso gli uomini e gli dei quanto verso se stesso.
Così, per undici giorni, dimentico di ogni legge e di ogni pietà, infierisce
barbaramente sul cadavere dell’eroe troiano, senza trovare pace. È a questo
punto che la storia decolla perché, a differenza di quanto suggerisce il titolo
nella traduzione italiana, il vero protagonista dell’opera non è Achille, ma Priamo.
Soltanto dunque quando la scena si sposta dall’accampamento acheo alle
fortificazioni di Ilio la narrazione prende vita, accelera e diventa più piana
e accessibile. Secondo Malouf, Priamo è il re di una città che vede cadere uno
dopo l’altro i suoi campioni e con loro ogni possibilità di salvezza, ma è
anche e soprattutto il padre di un figlio amato e morto. Grazie ad una
sensibilità non comune e ad un sogno premonitore, Priamo si rende conto che l’unico
modo per riavere il corpo di Ettore e forse rovesciare le sorti della battaglia
è tentare qualcosa di nuovo, fuoriuscire dai sentieri tracciati, dalle
convenzioni legate al suo ruolo, dalla sua stessa maschera regale, per
riscoprire una dimensione umana, emotiva, genitoriale:
“Talvolta proprio le azioni in apparenza folli sono le più
sensate. È proprio il fatto che non sia mai stato compiuto, che sia innovativo,
impensabile – se non che io ci ho pensato –, a indurmi a credere che
bisognerebbe provarci. È possibile perché non è possibile. E perché è semplice.
Perché pensiamo sempre che le cose semplici siano indegne di noi? Perché siamo
sovrani?”
Il sovrano intuisce che questo atto unico e
folle consiste nel presentarsi “umilmente, come padre e come uomo,
dall’assassino del figlio” e offrirgli un riscatto (il ransom del titolo originale) in cambio della sua compassione. Il
percorso che lo conduce da Troia alla tenda di Achille, accompagnato solo da un
umile carrettiere, da due muli e da un giovane dio garrulo ed autocompiaciuto,
diventa un itinerario di crescita, di formazione, di apprendimento. Priamo,
privato delle sue ricche vesti e dei segni distintivi del potere, è
semplicemente un vecchio, ingenuo come un bambino, che impara il piacere di
piccole cose mai provate prima: la curiosità; la conversazione semplice e
spontanea, “inutile” eppure arricchente più di tanti discorsi formali; l’acqua
di fonte che scorre sui piedi nudi e il benessere che ne deriva; le focaccine
dolci e leggere impastate da mani amorose; l’affetto per i figli vissuto non come
un dovere, ma come attaccamento a quei dettagli insignificanti e insostituibili
che si imprimono nella memoria e rendono atroce il distacco. La poesia esplode
sulla pagina e avvince il lettore, commuovendolo e trascinandolo a forza nel
mondo evocato con pochi dettagli sapienti e incisivi:
Priamo pensa con affetto all’episodio di poco prima. All’acqua,
a come gli rinfrescava i piedi mentre sedeva con la veste drappeggiata in
grembo lasciandoli a mollo. E ai pesciolini. E al buon sapore delle focaccine,
e alla giovane che le aveva cucinate: ben fatta, aveva la parola di un dio al
riguardo, anche se zoppicava. Il ricordo lo scalda come se rievocasse un
momento dell’infanzia, con in mezzo un’intera vita vissuta, sebbene in realtà
sia accaduto solo poche ora fa.
Date tali premesse, l’incontro tra il re
troiano e il comandante nemico diventa uno sfiorarsi di anime, un’esposizione
nuda e onesta di sentimenti, un’accettazione dolorosa del fato che incombe e
che non può essere cambiato. Io sono
Achille è un romanzo potente, coinvolgente, che merita la fatica richiesta
al lettore per accedervi. Chi non ha paura di immaginare i lati reconditi e
inesplorati della tradizione, di vedere gli eroi immutabili della classicità
indossare una veste nuova, non potrà che uscire dall’impresa pienamente
appagato.
Carolina Pernigo