#8Marzo - L'anticonformismo e l'incertezza di Vianne Rocher



Da ragazzina lettrice, sempre alla ricerca di modelli di ruolo che uscissero dalle pagine stampate, non sono mai stata una grande fan delle eroine “classiche”, eccessive e monolitiche. Anna Karenina mi sembrava poco pragmatica; Elizabeth Bennet di una supponenza fastidiosa; Scarlett O’Hara semplicemente cattiva, anche se affascinante. Ovviamente sono semplificazioni portate all’estremo che oggi sono pronta a ritrattare ed argomentare. Da adolescente mi  sono rivolta ad un’eroina estremamente sfaccettata che non rientra nel firmamento delle grandi donne della letteratura: Vianne Rocher, protagonista di “Chocolat” e dei fortunati seguiti di Joanne Harris.
- Oh- mi ha guardata con circospezione, come se stessero per spuntarmi le corna – E a che cosa, se non è una domanda impertinente, a che cosa crede lei?-

Voli su tappeti magici, la magia dei simboli, Alì Babà e le visioni della Santa Madre, viaggi astrali e il futuro nei fondi di un bicchiere di vino rosso… Buddha. Il viaggio di Frodo a Mordor. Transustanziazione del sacramento. Dorothy e Toto. Il Coniglio di Pasqua. Gli alieni dallo spazio. La Resurrezione e la vita quando si gira una carta… Ho creduto a tutto, prima o poi. O fingevo. Oppure fingevo di no. E ora? In cosa credo in questo preciso momento?

- Credo che essere felici sia l’unica cosa importante- gli ho detto alla fine.

Vianne Rocher non ha paura di essere un elemento di rottura e disordine nel piccolo paese di Lasquennet, borgo della campagna francese appesantito da una visione piuttosto limitata e conservatrice. Non si vergogna nel girare con abiti sgargianti e sedurre gli abitanti con del cioccolato proprio nel sacro periodo della Quaresima. E pur essendo una donna tormentata da incertezze e inquietudini, non rinuncia mai a perseguire, per sé e per gli altri, l’obiettivo ultimo e più importante: essere felici, qualunque cosa significhi.
Come può un personaggio simile non fare presa sulla mente di una ragazzina lettrice? Eppure ancora oggi, anche se sono passati diversi (non troppi!) anni, alla domanda “a quale eroina letteraria vorresti assomigliare” la risposta resta per me invariata.