di Pierre Lemaitre
Mondadori, 2015
Traduzione italiana di Vittoria Vassallo
pp. 295
€ 17,00
L'inesorabile puntualità del destino, la somma casuale delle
coincidenze. È questo che ci salva, o ci condanna. Questione di
pochi secondi: quelli che bastano ad Anne, la nuova compagna del
comandante Camille Verhœven, per
incrociare per caso due efferati rapinatori prima che indossino il
passamontagna. Visti in viso, i criminali non perdono tempo e
massacrano di botte la malcapitata prima di entrare nella gioielleria
che vogliono derubare.
Già dalla scena d'apertura, Lemaitre dimostra tutta la sua
maestria: la ricostruzione da parte di Camille di ciò che è
successo segue ritmi perfetti, spruzzati dell'ironia prospettica con
cui si guarda un avvenimento nel suo svolgersi ma già sapendo cos'è
successo (lasciando però il lettore sulle spine in attesa di
scoprire la fine che ha fatto Anne). Nonostante non ci sia stato un
assassinio, sarà infatti Verhœven (che è a capo della Omicidi) ad
occuparsi del caso, per rintracciare la banda di criminali che ha
fatto così male alla sua donna. Inaspettatamente, però, si troverà
di fronte ad un piano machiavellico, davvero geniale. Nonostante Anne
li abbia visti in volto, l'accanimento nel volerla eliminare
(cercando anche di colpirla in ospedale) sembra esagerato: nel
comandante nasce il sospetto che sotto ci sia qualcosa di più
scottante, e subito subisce il peso della sua responsabilità nel
salvaguardare l'incolumità della compagna. Ma come fare, visto che
l'indagine non dovrebbe nemmeno spettargli? Per quanto tempo Camille
potrà tenere nascosta la sua relazione con Anne, quanto potrà
mentire ancora ai suoi superiori? Il pericolo che lei sta correndo,
oltretutto, riapre la ferita della morte di Irène, mai davvero
superata; quel lutto complica i sentimenti di Camille, che nella
nuova compagna ha trovato uno stimolo per vivere e amare ancora, ma
che non può dimenticare sua moglie, afflitto dal modo brutale con
cui è stata assassinata. Lo stesso atteggiamento di Anne, che si
ostina a definire il loro rapporto “transitorio” nonostante ormai
sia consolidato, rende la situazione emotiva del protagonista un vero
guazzabuglio.
Al terzo volume dedicato a Camille, la scrittura di Lemaitre è
ormai inconfondibile. Il narratore esterno, grazie all'uso del tempo
presente e ad una prosa vivace, è l'intermediario tra i protagonisti
e i lettori, spiega le intenzioni e i pensieri dei primi chiamando in
causa le esperienze dei secondi. Nella prosa vi sono anche incursioni
in prima persona di uno dei rapinatori, sicuro di sé fino alla
spavalderia, che dona al personaggio quel fascino che hanno i cattivi
più riusciti. Lemaitre ci ha abituati ai ribaltamenti, ed anche in
Camille arriva il colpo di
scena, che sconvolge la vita del protagonista rivoltandola
completamente; il comandante è giunto alla conclusione di un ciclo
(degno finale per la trilogia) e sembra disposto a giocarsi tutto,
carriera e posto in polizia compresi, pur di mettere termine al caos
che il destino gli ha impiantato nel cuore. Ma siamo proprio sicuri
che sia il fato a regolare le nostre vite? Esistono due cose che non
sono collegate tra loro? Come da tradizione, l'eroe dovrà fare i conti col
passato. Per Camille si tratterà di una scelta davvero definitiva,
che chiude la sua bella saga letteraria. È troppo sperare in un
ripensamento di Lemaitre?
Nicola Campostori