Carissimi Padri... è un progetto, promosso da ERT, che ha
coinvolto la città di Modena per la durata di un anno, attraverso eventi,
spettacoli e attività legate al centenario della prima guerra mondiale.
Intervistiamo il regista del progetto, Claudio Longhi, e l'assistente
alla regia Giacomo Pedini.
1) Buongiorno e grazie
per la vostra disponibilità a rispondere a questa intervista. Potreste spiegare, a chi non lo conosce, qual
è l'idea di fondo del progetto Carissimi Padri...? L'elemento che salta
subito all'occhio è il coinvolgimento di un'ampia comunità di pubblico.
Claudio - L'idea che sta al fondo di Carissimi Padri... è, in qualche
misura, il portato di un più lungo percorso – sempre condotto con Emilia
Romagna Teatro Fondazione e il suo direttore Pietro Valenti– che risale alla Resistibile
ascesa di Arturo Ui, uno spettacolo debuttato nella primavera del 2011 a
Roma (era infatti, quella, una co-produzione ERT e Teatro di Roma). In quel
caso si trattava di una messa in scena più “regolare”, da una drammaturgia di
Bertolt Brecht, ma accanto allo spettacolo erano state pensate, a Roma e Modena (le due città degli allora teatri coproduttori), delle attività
culturali e didattiche (lezioni, laboratori e piccoli spettacoli) che andavano
a integrazione e completamento di quanto proposto sul palcoscenico del Teatro
Argentina, prima, e del Teatro Storchi, poi. Sul filo di quella prima, parziale
ma fortunata, esperienza, con Emilia Romagna Teatro realizzammo Il ratto
d'Europa (durante la stagione 2012-2013), che poi, con tutti gli opportuni
adattamenti, fu rifatto insieme al Teatro di Roma anche nella capitale. Il
ratto d'Europa, progetto ideato nell'estate del 2011, impiantato
nell'estate del 2012, inaugurato nell'ottobre di quell'anno e terminato, con
uno spettacolo omonimo al Teatro Storchi di Modena nel maggio del 2013, è sul
piano del metodo – e in parte anche su quello del contenuto – il precedente diretto
di Carissimi Padri... L'idea di fondo era (e resta) quella di invertire
i termini con cui, abitualmente, si opera nell'ambito della costruzione di
spettacoli nei teatri “pubblici”: invece di pensare e realizzare in primis
uno spettacolo, corredandolo di attività culturali e didattiche (come avvenne
ancora con La resistibile ascesa di Arturo Ui), con Il ratto d'Europa
prima e con Carissimi Padri... ora (ma di mezzo bisognerebbe anche
citare i percorsi fatti nelle zone colpite dal sisma del 2012 con Raccontare
il territorio e Beni Comuni) si
è cercato di generare un processo culturale, condiviso con una città, intorno a
un tema dato: soltanto alla fine del processo si sarebbe passati alla
realizzazione di un vero e proprio spettacolo. Ecco perché Carissimi
Padri... è durato un anno intero (così come Il ratto d'Europa visse
tra l'ottobre 2012 e il maggio 2013, per poi replicarsi a Roma tra il dicembre
2012 e, addirittura, il maggio 2014) e ha visto il coinvolgimento di numerose
istituzioni e associazioni (più di sessanta), attraverso la cui collaborazione
è stato possibile coinvolgere più o meno direttamente i cittadini, intendo come
partecipanti a laboratori e spettacoli oppure come spettatori. L'obiettivo era
proprio quello di dare corso, grazie a diverse collaborazioni e alla
realizzazione di tipologie varie di attività (da messe in scena a mostre, a
proiezioni cinematografiche, a lezioni, a cene e biciclettate, etc..., etc...),
a una riflessione il più allargata possibile (intendiamo dalle scuole alle università,
alle biblioteche, alle associazioni di categoria, ai centri anziani, etc...) sul tema in oggetto: in questo caso
la Grande Guerra, vista dalla prospettiva “anomala” e straniante delle sue
complicate (e spesso, purtroppo, dai toni tragicamente grotteschi) “origini”.
2) Questo largo coinvolgimento dei cittadini ha favorito il
contatto delle persone non solo con l'aspetto performativo del teatro ma anche
con i testi sui quali gli spettacoli, le letture e i vari eventi si sono
basati. Che spazio hanno avuto questi testi, drammaturgici e non, nel progetto Carissimi
Padri...? Sto pensando anche alle letture a puntate di La montagna incantata di Thomas Mann e ai diversi laboratori di
scrittura teatrale.
Claudio - La letteratura
ha certamente avuto nel progetto uno spazio notevole. La lettura dal vivo,
in venti appuntamenti, del capolavoro di Thomas Mann è forse il dato più
evidente, anche perché a interpretare il romanzo – oltre al gruppo di lavoro di
Carissimi Padri... (Donatella Allegro, Nicola Bortolotti, Michele
Dell'Utri, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale, Diana Manea, Eugenio
Papalia, Simone Tangolo) – si sono prestati importantissimi attori del nostro
panorama teatrale nazionale, tra cui, per citarne tre, Gabriele Lavia, Franco
Branciaroli e Ottavia Piccolo.
Al contempo non si può non considerare che nel gruppo di lavoro, a
parte gli attori, c'è Paolo Di Paolo, ovvero uno scrittore, che ha steso il
testo dello spettacolo conclusivo del progetto, Istruzioni per non morire in
pace. Poi bisognerebbe fare il conto di quanti brani, citazioni, passi
letterari hanno composto le tantissime (oltre quaranta) drammaturgie che
abbiamo elaborato nel corso del 2015 per gli eventi teatrali realizzati.
Giacomo - Infine la
letteratura è stata la spina dorsale delle attività laboratoriali, che abbiamo
impostato con l'intento iniziale di chiedere ai partecipanti un lavoro di
scrittura di secondo grado. Sostanzialmente quello che i “laboratoriandi”
si sono trovati in primis a fare è stato leggere brani da noi scelti e
legati al tema della belle époque, perlopiù letteratura, per poi tentare
di operarvi una riscrittura, o in senso attualizzante (trasportando una
testualità nel presente e con personaggi collocati nell'oggi) o spostando solo
l'accento su elementi che i testi di partenza contenevano in nuce.
3) Qual è il rapporto tra il copione e la recitazione e, prima
ancora, fra i testi che ispirano il regista e il drammaturgo e la creazione di
uno spettacolo?
In Istruzione per non morire
in pace[1],
trilogia della durata complessiva di circa nove ore con cui si è concluso il
progetto[2],
sono diversi i riferimenti a grandi opere letterarie, da La metamorfosi di Kafka a La
Recherche di Proust.
Claudio - La domanda, sul fronte generale, apre un orizzonte
molto complesso e richiederebbe forse lo spazio di svariati libri per tentare
di abbozzare una risposta. Mi limiterei così al caso specifico di Istruzioni
per non morire in pace: il copione è stato elaborato sulla scorta di
un'idea condivisa da Paolo e da me, ossia che il tutto fosse strutturato a
partire dal montaggio di materiali testuali eterogenei. Dunque in questo caso la relazione tra dimensione teatrale e
letteraria è forte in quanto ampiamente cercata; d'altronde la letteratura
di quel periodo si mostrava a noi come una fonte diretta preziosissima per
elaborare un discorso incisivo e articolato su quel «mondo di ieri», specie nei
rapporti (di distanza e di analogia) che può ancora intessere con quello di
oggi.
4) Quali sono stati i principali scrittori di riferimento per il
progetto? Nei laboratori si è lavorato molto sui testi di Stefan Zweig, Karl
Valentin e Karl Kraus, per esempio, autori straordinari, spesso poco conosciuti
in Italia.
Giacomo – Difficile scegliere degli scrittori di riferimento in
modo netto. Nei laboratori si è lavorato su testualità varie, anche perché il
campo di scelta è vastissimo e ogni laboratorio era seguito da una persona
diversa del gruppo di lavoro, con le sue preferenze e scelte particolari.
Certamente Stefan Zweig è stato spesso presente nel corso del progetto, così
come Jaroslav Hašek, Joseph Roth (per restare nell'ambito della lingua
tedesca), ma anche degli italiani quali Aldo Palazzeschi o, specie a Cesena
(dove il progetto è convissuto assieme a Modena), Renato Serra.
Claudio – Lo spettacolo conclusivo non poteva non fare i conti
con Karl Kraus e i suoi Ultimi giorni dell'umanità, non solo per ragioni
tematiche, ma perché la struttura drammaturgica di Istruzioni per non morire
in pace e l'idea di montaggio testuale che la sorregge è debitrice del
modello krausiano. Poi all'interno del copione di Paolo sono entrati molti
frammenti letterari, diversissimi fra loro per natura e provenienza, pure
geografica. Sicuramente però c'è una predilezione per il mondo di lingua
tedesca, in parte per il loro modello di “teatro
di varietà” e di letteratura
umoristica (con il suo portato demitizzante e realista), in parte perché
gli scrittori di tradizione asburgica con più nettezza di altri in Europa si
sono gioco forza trovati a mettere in evidenza il disfacimento, il “crollo
delle impalcature”, che seguì la Grande Guerra.
5) Sul versante della creazione, si può dire che tutti questi
autori siano in un qualche modo entrati a far parte dei copioni dei Carissimi
Padri, unitamente al lascito del contatto con le persone che hanno seguito e
partecipato alle iniziative. In questo senso, gli spettacoli dei Carissimi
Padri... si possono definire "in progress", anche se Istruzioni per non morire in pace è
stato scritto da un unico autore, il romanziere Paolo Di Paolo.
Qual è l'idea sottostante a questo processo di conglobazione
dell'esperienza reale e dell'esperienza testuale?
Claudio – Una delle idee sottostanti un'operazione del genere è
che il teatro, se vuole
effettivamente assolvere ancora alla funzione di luogo di incontro e scambio di
una comunità, deve aprirsi il più
possibile all'ottica e al punto di vista della comunità medesima. Nel Ratto
d'Europa avevamo infatti deciso di comporre il copione dello spettacolo
posto a chiusa del progetto montando materiali emersi nel corso delle attività
costruite con i partner. Carissimi Padri..., terminando con uno
spettacolo scritto da Paolo Di Paolo, potrebbe sembrare un passo indietro, in
realtà è una prosecuzione, un arricchimento. L'anno di progetto ha portato
Paolo, gli attori e i sottoscritti a condividere con gli spettatori, i
partecipanti ai laboratori, i partecipanti agli atelier una gran messe
di testi, musiche, avvenimenti, figure, opinioni, immagini legate tema della
prima Guerra mondiale: in altri termini abbiamo elaborato un immaginario
condiviso, largamente condiviso perché assai eccedente il solo gruppo di
lavoro. Paolo, nell'elaborare il copione, ha potuto combinare quell'immaginario
condiviso con il proprio e con la sua esperienza della realtà. Dopo di che noi,
durante le prove, abbiamo potuto ricondividere quanto immaginato,
letterariamente, da Paolo con quanto avevamo elaborato, personalmente e con i
tanti che hanno seguito il progetto, nel corso dell'anno.
Non so se ho reso l'idea, ma è questo procedere per condivisione di
spunti che, credo, abbia portato a un articolato processo di esperienze varie
che convergono.
Giacomo – Sì: ed è stato possibile proprio in virtù di
un'iniziale apertura alla città, un cercare il confronto con chi fosse
disponibile anche solo a fare due chiacchiere sul tema delle origini della
Grande Guerra: l'immaginario si è allargato già ascoltando persone di
formazione e di interessi diversissimi, accogliendo i loro disparati
suggerimenti di lettura o di ascolto. Poi molto è venuto dal fare i laboratori,
o dal fermarsi dopo uno degli eventi (letture, lezioni-spettacolo, mises en
espace che fossero) a scambiare qualche opinione con gli spettatori (e dire
spettatori forse non rende l'idea, visto che spesso si tratta di numerose
persone con cui ormai dal Ratto d'Europa dialoghiamo costantemente a
margine del nostro lavoro).
6) Ora che Carissimi Padri... lascia Modena – non sappiamo
se temporaneamente o no – qual è il vostro bilancio finale? Quali sono le
vostre speranze e le vostre idee per il futuro?
Claudio – Il bilancio è ottimo e la speranza e l'idea è quella
di proseguire – nel metodo – su questa strada.
Giacomo – Intanto però proseguiamo l'avventura di Carissimi
Padri... a Firenze, dove il progetto è partito ai primi di marzo.
Natalia Guerrieri
[1] Paolo Di Paolo, Istruzioni
per non morire in pace, Edizioni di Storia e Letteratura, 2015.
[2] Al Teatro Storchi di Modena dal 7 al 17 gennaio, al Teatro Bonci di
Cesena dal 28 al 31 gennaio, in programma al Teatro della Pergola di Firenze.
Con la collaborazione di Emilia Romagna Teatro Fondazione e Fondazione Teatro
della Toscana.