Piani di fuga
di Leyla Khalil
Ensemble Edizioni, 2015
pp. 132
12€
Piani di fuga è una parentesi sulla
frenesia della nostra esistenza, che permette di dare un nome e un cognome a
quel pizzicore che si avverte di fronte alla paura e all’incertezza e che pochi
riescono a concretizzare in un atto fermo e deciso: Patrizio e Tommaso, protagonisti
“per caso” della storia scritta da Leyla Khalil, si spingono fino a raggiungere
quei recessi della propria esistenza che non credevano di poter raggiungere
mai.
Ma Piani di fuga è anche una storia di amicizia e libertà, concretizzata
dopo ventiquattro anni di silenzio e di lontananza in un momento in cui ognuno
è, appunto, in fuga da qualcosa. Un autogrill anonimo lungo un’autostrada
secondaria d’Italia diventa il blocco di partenza da cui iniziare una nuova storia.
Tommaso naviga lontano dal desiderio di riabbracciare la donna che l’ha
lasciato e Patrizio sceglie di buttarsi alle spalle la convivenza con una madre
malata che ha monopolizzato la sua quotidianità. I due decidono di tornare alle
origini dell’infanzia, in quella fase in cui tutto sembra possibile e in cui i
sogni rimangono genuini e innocenti. Su una macchina sgangherata inizia così un
doppio viaggio: per i protagonisti e per i lettori.
Patrizio e Tommaso hanno una diversa
visione della libertà e quindi del senso dell’avventura come proiezione totale
verso il futuro, provando a tagliare, a dimenticare quello che c’è dietro: Patrizio,
alla fine della fiera, non si dà per vinto e adotta una risoluzione definitiva
facendo dell’avventura la marca distintiva della sua esistenza; Tommaso, invece, sembra essere su un’altalena,
sospeso tra il bisogno di restare ancorato al passato e l’incapacità di
prenderne le distanze; in mezzo c’è l’amore, che va oltre la pura emozione che
resta imprigionata nel presente.
Il lettore, dal canto suo, compie
un viaggio nelle duplici possibilità della vita. Da un lato, scegliere di fare
della fuga il proprio modus vivendi, sempre pronti ad abbandonare la nave prima
di tutto l’equipaggio, prima che i giochi diventino duri perché non si è in
grado (o non si vuole) affrontare l’asprezza che il cammino lungo la montagna
della vita porta inevitabilmente con sé. Dall’altro scegliere di restare, di
prendere atto del fatto che non esiste mai un’unica soluzione e, se anche ce ne
fosse una sola, di certo quella non sarebbe la fuga. Il tempo mischierà a suo
piacimento le carte del nostro destino e il nostro compito sarà solo quello di
diventare giocatori esperti e fare la nostra puntata. In fondo, la vera libertà
non è quella data dalla possibilità di fare quello che si vuole ma dal fatto di
scegliere che ritmo dare alla propria musica. Tommaso, giocatore d’azzardo con
la libertà; Patrizio, emblema del codardo che, nonostante tutto, trionfa all’interno
della storia.
Il libro ha un buon ritmo, specialmente
l’incipit si dimostra subito avvincente; a tratti la storia sembra una
sceneggiatura cinematografica, con descrizioni scarnificate e dialoghi
incalzanti ma le riflessioni sul tema della libertà e della voglia di avventura
si insinuano con maturità nell’insieme della storia, sospese tra gesti
avventati e decisioni ponderate. Dispiace la veste tipografica a tratti
approssimativa e la velocità con cui la storia si conclude: sarebbe stato
davvero piacevole saperne di più sullo straordinario percorso di Tommaso e Patrizio;
chissà se avremmo scoperto qualcosa in più anche su di noi.
Federica Privitera