I love shopping a Las Vegas
di Sophie Kinsella
Mondadori 2016
Traduzione di Stefania Bertola
pp 242
9,99 euro
In questi giorni, i social e
alcuni quotidiani, nelle rubriche “leggere”, stanno facendo un giochetto: ci
ricordano che sono trascorsi trent’annii anni dalla prima messa in onda del
cartone “Mila e Shiro”, ventuno dalla prima puntata di “Sailor Moon” e simili
punti fermi sulla nostra personale linea del tempo. Facendo leva sui nostri
ricordi d’infanzia e sulla nostalgia (che sia canaglia o meno), ci ricordano
che siamo cresciuti e che il tempo è passato.
Portando lo sguardo dallo schermo
alla carta stampata, ci accorgiamo che sta succedendo lo stesso anche ai
personaggi letterari. In particolare, il genere chick lit assiste alla maturità
e alla crescita di due eroine icona del genere: Bridget Jones e Becky Brandon
nata Bloomwood.
Nel precedente capitolo della
serie “I love shopping” avevamo lasciato Becky in preda ad una delle situazioni
più tragiche della sua vita. Fallito il suo tentativo di diventare personal
stylist delle star di Hollywood dopo aver messo in pericolo il suo matrimonio e
le sue amicizie più care, si trovava a fare i conti con la sparizione del padre
e di Tarquin, il marito della sua migliore amica, partiti alla ricerca di un
vecchio amico e in balia di un subdolo insegnante di yoga New Age. In questo
sequel, Becky, e con lei la sua famiglia, intraprende un viaggio on the road, per
la prima volta non a caccia di svendite o saldi, ma alla ricerca dei suoi cari scomparsi e per
scoprire alcuni misteri sul proprio passato.
Le persone cambiano, la vita cambia… Il mondo va così. Forse è destino.
Le appassionate di genere
ricorderanno la pubblicazione del primo fortunatissimo romanzo che vedeva come
protagonista Rebecca (Becky) Bloomwood. Nel 2000 usciva The Secret Dreamworld of a Shopaholic poi
tradotto come I love shopping. Nel corso degli anni si sono susseguiti ben sette
capitoli. Abbiamo visto Becky trasformarsi da disastrosa giornalista
finanziaria ad appassionata personal shopper, innamorarsi, sposarsi, ritrovare
una sorella perduta, diventare madre cacciandosi però sempre nei guai per il
suo vizio dello shopping compulsivo. In nessuna di queste pietre miliari della
vita di ognuno l’abbiamo vista acquisire la maturità che, ad un certo punto,
raggiunge tutti. Becky si è sempre comportata con una leggerezza a volte al
limite dell’irritante e si è sempre tirata fuori dai guai con più fantasia che
buonsenso. Un po’ ci infastidiva, diciamolo. Con questo nuovo capitolo, dopo il
finale con il fiato sospeso dell’episodio di Hollywood, assistiamo all’arrivo
dell’età adulta.
Oddio, non so proprio cosa mi stia succedendo. Mi è piaciuto moltissimo comprare la giacca per Luke, e anche il piccolo puzzle per Minnie, ma non perché non riesco ad andare a comprare dei trucchi per me. Non è… mi sento così strana… non… Non me lo merito.
Becky non fa più shopping, non ne
trae più piacere. I recenti rivolgimenti della sua vita, la sparizione del
padre che getta ombre sul suo passato, il rapporto incrinato con Suze, la sua
migliore amica, le hanno tolto entusiasmo e gioia di fare. Lo shopping
compulsivo, sua caratteristica principale con cui esprimeva il suo entusiasmo
per la vita (ammettiamolo: vorremmo usare tutte questa scusa quando vediamo l’estratto
conto!) è magicamente scomparso. Così come Becky ha perso il suo tratto
distintivo, anche gli altri personaggi ricorrenti della serie si sono trovati
ribaltati. L’algida suocera Elinor si ubriaca per la prima volta in vita sua,
il serio e pragmatico Luke si lascia andare ad espressioni come “niente panico!”
da sempre marchio di fabbrica di Becky, Minnie diventa docile rispetto alla
viziata bambina già con i sintomi dello capitalismo più sfrenato. Finalmente Becky
Brandon (nata Bloomwood) è diventata adulta! Ma è un “finalmente” molto amaro perché
il personaggio e la saga hanno perso un po’ di smalto. Certo, l’umorismo da
commedia inglese e le scene divertenti non mancano come la caricaturale, ma
deliziosa scena di Minnie a cavallo di una pecora da rodeo. Le tematiche si
fanno più serie: l’infedeltà, la fine di un’amicizia, la mancanza di lavoro, il
desiderio di un altro figlio invece di una nuova borsa. I personaggi e le situazioni
sono cresciuti e noi siamo cresciute con loro. Il finale è ovviamente roseo e
pieno di speranza, perché il mondo chick lit è la versione adulta della favola
della buonanotte, ma tutto il romanzo manca della vena frizzante a cui siamo
abituate.
E per qualche minuto tutta l’ansia e l’angoscia si dissolvono in cielo. E siamo soltanto due amiche che camminano al sole, facendo dondolare una bambina.
Così come Bridget Jones è
diventata mamma (e vedova) anche Becky ha trovato la sua dimensione adulta. è
giusto così e la Kinsella ha fatto in modo di non rendere il passaggio troppo
brusco. Forse però vuole anche dire che è il momento di lasciare Becky alla sua
vita e accettare che i tempi delle buste colme di vestiti sotto il letto sono
ormai terminati. Con un sorriso e un grazie per tutte le risate che ci ha
strappato in questi anni.
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