L'amore ai tempi dell'Apocalisse
di AA.VV.
Galaad Edizioni, 2015
Pp. 306
16 €
Era per questioni condominiali e sentimentaliper gli scontri tra gli inter-regionalitra i treni merce per i diluvi universali dei tuoi piantiera per l'alta marea dei nostri sguardiper i cd dipinti con i pennarelli scarichie altri cieli coperti dai copertoni bruciatie dai tuoi sbattimentidai nostri martedì magri dai tuoi voli aerei economici
(L'amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici, Le luci della centrale elettrica)
Quando si tratta di fare una raccolta o miscellanea, la si indichi come voglia, di racconti quasi naturalmente il rischio è quello di fare un'operazione non omogenea. Quando i racconti sono scritti da penne diverse e non da un unico autore è quasi biologico incappare in questo caso della sorte. Ed è quello che è capitato per questo L'amore ai tempi dell'Apocalisse, raccolta curata da Paolo Zardi ed edito da Gaalad Edizioni.
Il libro in questione presenta 21 racconti di altrettanti autori differenti e quando lo si inizia si è come venire trasportati sulle montagne russe. Infatti i saliscendi che i vari autori costringono a provare il lettore non sono così dolci e graduali ma, spesso e volentieri, sono davvero ripidi e repentini. Questo per dire che, sebbene vi sia un filo rosso molto forte che tiene insieme l'intera operazione libresca, giustappunto il tema dell'amore colto nel momento dell'Apocalisse, questo viene declinato in modi diversissimi.
Diversissimi e non sempre riusciti va detto. Ad esempio il racconto in esordio, Amen di Ilaria Vajngerl è uno strano episodio in cui si descrivono due adolescenti intenti a chattare (con tanto di punteggiatura un po' délabré che contraddistingue quel modo di comunicare) sul fatto che, da giorni e giorni ormai, non incontrino più anima viva. Se le battute iniziali possono ancora "starci" nell'ottica di un racconto che, sebbene non debba per forza risultare un capolavoro, deve per lo meno avere le caratteristiche rituali del letterario, il prosieguo è abbastanza deludente. Il racconto si chiude in un modo scontato e banale e il lettore, diciamo così, non parte col piede giusto.
Tuttavia se queste sono note negative che non possono essere taciute ve ne sono (e anche molte) di positive. Ad esempio il terzo racconto, ambientato sorprendentemente a Bologna (certamente non la città più immediatamente riconducibile ad un'idea, seppur vaga, di fantascienza) a firma di Marina Sangiorgi, è una pregevolissima architettura letteraria nella quale il tema "principale", ovvero l'apocalisse, fa solo da sfondo ad una riflessione (tutta interna, sia in senso spaziale che spirituale) ai tre protagonisti, la moglie, il marito e l'amante, costretti per forza di cose a vivere tutti insieme sotto lo stesso tetto. Un giudizio universale ad ogni passo è ben scritto, lucente nella sua chiarezza e ombroso nei baratri che espone al lettore, facendolo commuovere, arrabbiare, immedesimare e riflettere sulle vicende presentate. Un esempio di come in poche pagine si possa dire molto, moltissimo.
Altro "capitolo" di grande qualità è quello titolato Larice di Michele Rossi in cui si vagheggia di una società nella quale, al posto della morte naturale, si sceglie di farsi "trapiantare" dentro alle piante, di modo da poter percepire diversamente il senso della vita. Il finale tragico, intenso e inaspettato vale da solo "il prezzo del biglietto". Ma ci sono anche nuove cadute, come il confuso Miss Four Sex di Simona Castiglione o anche il racconto di Caterina Falconi Il cielo rosa di Marte.
Ma forse il brano più emozionante di tutti e quello maggiormente risonante di perfezione, pur nella sua brevità, è Kairos di Francesca Bonafini. Il racconto meno fantascientifico e rivolto al futuro di tutti è quello meglio realizzato perché, quasi in un'operazione da filosofo cartesiano, scarnifica la realtà delle cose e le mostra per quello che sono: fango ed ossa bianche rilucenti come la pietra del Carso.
L'amore ai tempi dell'Apocalisse è un buon libro, non totalizzante, ma utile per ripensare con occhi diversi al proprio futuro. Anche il più tragico dei futuri possibili.
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