di Pierre Lemaitre
Mondadori, Milano 2015
Traduzione di Stefania Ricciardi
pp. 120
€ 45 (costo del cofanetto che comprende anche Irène, Alex e Camille)
Le nostre preghiere sono state esaudite: alla fine dei tre noir di
Lemaitre avevamo sperato in un ritorno del protagonista, il
comandante Camille Verhœven; ispirandosi a Dumas e ai suoi tre
moschettieri, con questo romanzo breve (che cronologicamente precede
Camille) l'autore aggiunge un tassello alla sua trilogia
trasformandola in “tre tomi e mezzo”.
Influenzato dalle ricerche sul periodo bellico che stava
conducendo per Ci rivediamo lassù,
Lemaitre passa da omicidi singoli a crimini su larga scala: una bomba
esplode in una via commerciale di Parigi. Scartata l'ipotesi del
terrorismo religioso, l'unica pista parrebbe quella di matrice
politica, ma non ci sono rivendicazioni; allora chi è l'autore
dell'attentato, il bombarolo che Lemaitre ci fa conoscere subito
senza però svelarci le sue intenzioni? Chi è questo Jean, o John, e
perché maneggia granate della Prima Guerra Mondiale? Non passa
nemmeno un giorno dall'esplosione che è l'attentatore stesso,
presentatosi alla polizia, a confessare esplicitando il suo piano a
Camille con estrema freddezza: se non rilasceranno sua madre Rosie,
detenuta per omicidio, permettendo loro di rifarsi una vita
all'estero, farà scoppiare altri sei ordigni, uno al giorno. Per
questo suo libro, Lemaitre ha scoperto una storia incredibile ma
vera: “Dalle parti di Châlons,
nella Marne. Ogni anno, decine di granate del '14-18 riaffiorano in
superficie; gli agricoltori le accumulano ai margini della strada in
attesa degli sminatori”.
In Rosie e John lo
scrittore francese accentua la presenza del narratore, che già in
parte aveva mostrato nei libri precedenti: qui è evidente il suo
ruolo di maestro di cerimonie, che guida il lettore da un personaggio
all'altro celando e svelando i dettagli con una tecnica da esperto
affabulatore. Uno sguardo dall'alto, intriso di leggera ironia sui
destini dell'umanità, ma mai indifferente, sempre simpatetico nei
confronti dei protagonisti.
Più Camille indaga su Jean, più
la sua storia appare confusa, incomprensibile: lui e sua madre si
odiavano, lei ha addirittura ucciso la sua fidanzata; perché ora il
ragazzo dovrebbe spendersi tanto per liberarla? Impenetrabile, il reo
confesso sfoggia una calma sorprendente. A dispetto della sua aria
non troppo intelligente, il piano che ha elaborato appare progettato
scrupolosamente come solo una mente sopraffina può fare. Brevi
paragrafi scandiscono il passare delle ore, il tempo gioca un
ruolo primario in questa indagine: se davvero Jean ha piazzato quelle
bombe, bisogna fargli confessare i luoghi prima che esse esplodano. La
palla passa all'Antiterrorismo, ma i suoi metodi spicci al limite
della tortura non servono a niente: John vuole solo Camille, che
darà fondo a tutte le sue forze per penetrare nello sguardo
insondabile di Jean, per cogliere i contorni del suo folle piano, che
si rivelerà calibrato alla perfezione. Di
fronte a questa sfida il comandante Verhœven metterà da parte anche il
rapporto con Anne, sacrificata alla necessità.
Come insegna la lezione hitchcockiana, Lemaitre punta alla
suspense e non alla sorpresa: proprio come nell'esempio che il grande
regista fa a Truffaut nella celebre intervista, anche lo scrittore
francese mostra al suo pubblico l'ubicazione della bomba pronta a
esplodere, lasciando i lettori col fiato sospeso. Atmosfere più da
thriller che da noir, dunque, toni che Lemaitre gestisce con sapienza
tenendo in tensione il lettore sino alla fine ma, come sua
consuetudine, senza affettazioni o effetti speciali, solo con la sua
prosa perfetta che ci conduce leggera ad una conclusione poetica che,
purtroppo, sancirà probabilmente la fine (questa volta davvero)
della saga di Camille, scritta in maniera eccelsa e così intrisa di
letteratura.
Nicola Campostori