di Paolo di Paolo
Feltrinelli, 2016
pp. 176
€ 15 (cartaceo)
Quand'è che siamo diventati stronzi? Come abbiamo fatto a non rendercene conto? Qualcosa sopravvive - il talento, che diventa mestiere. Più raffinato, più disinvolto. Ma lo stupore? E l'attenzione autentica, profonda, che ci teneva incollati alle cose per ore, alle scoperte della vita intellettuale, alle parole degli sconosciuti, un po' a tutto. [...] Mentre il resto precipita nell'incuria e nel degrado - i princìpi, l'onestà, il nostro stesso corpo - qualcosa ancora laggiù emana calore. Ma non basta. Non brilliamo più. Qualcuno, da lontano, scambia per luce vera il neon freddo e sterile del saperci fare. (p. 87)
Può colpire tutto in un libro: e in Una storia quasi solo d'amore, nuovo romanzo di Paolo di Paolo, colpisce proprio ciò che amore non è. O almeno, non è amore convenzionale. L'io narrante Grazia, onnisciente e commentante, è un'insegnante di teatro riconosciuta nel suo ruolo, o solo un'attrice fallita, a seconda di come si vogliano vedere i due lati di una medaglia che coesistono. E l'amore per la sua professione e la delusione per quello che non è stato alternano sorrisi e malinconia nella narrazione di ciò che vede Grazia. Sì, perché Grazia vede tutto, assiste come un'ospite ora silenziosa ora voce fuoricampo alla conoscenza tra il suo allievo (forse il prediletto) Nino e sua nipote Teresa. I due si incontrano a teatro e, quasi senza accorgersene, scendono dai rispettivi palcoscenici quotidiani, per iniziare a studiarsi. Viene da pensare che ci sia un'energia nascosta, nei corpi di questi ragazzi (ventitreenne, egocentrico, convinto di essere destinato a grandi cose, lui - quasi trentenne, frustrata agente di viaggi, decisamente umile, lei), che non osano avvicinarsi troppo, eppure si cercano.
Su e giù dal palco, nel dietro le quinte di ognuno dei due si celano insicurezze e segreti: Nino vorrebbe esplorare tutta Teresa, anche se via via la scopre diversa da come la immaginava. La fede di lei, ad esempio, si scontra contro il laicismo e il razionalismo estremo di Nino, che su certe cose non ha forse mai voluto interrogarsi. O ancora, lui non si chiede perché lo infastidisca tanto tenere un corso di teatro a gente della terza età: paura della morte? Del pressapochismo? Del fallimento? O del confronto con altre generazioni? Eppure Nino è tornato a Roma da Londra proprio per gestire questo corso... Già, ma Grazia non gli aveva spiegato i dettagli anagrafici dei suoi futuri studenti, né gli aveva pronosticato un raffronto inevitabile con la propria entrata nell'età adulta.
Lui, Nino, che tanto sembrava maturo sul palco, è molto più fragile e infantile di quanto Grazia avrebbe mai pensato. Forse è per questo che ama tanto il passo adulto con cui Teresa avanza nel mondo.
Sotto lo sguardo - ora benevolo ora amaro - di Grazia, anche noi siamo spettatori di una tenzone, forse, destinata a risolversi in commedia o tragedia. Non lo sappiamo, seguiamo i dialoghi svelti tra Nino e Teresa, vogliamo sapere che ne sarà dello spettacolo della terza età, e sotto sotto ci chiediamo come faccia Grazia a sapere tutte queste cose.
E la risposta c'è, ma arriverà nelle ultimissime pagine. Nel frattempo, non resta che sederci al nostro posto e accettare di seguire le scelte registiche di Grazia, su e giù dal palco.
GMGhioni