Esercizi preparatori all'armonia del mondo
di Maurizio Crosetti
Baldini & Castoldi, 2016
p. 155
€ 15
Nel nostro mondo contemporaneo spesso la cronaca è come un enorme blob che ci avvolge lentamente tra le sue spire gelatinose e poi ci fa sparire dentro di sé. Dopo poco, le creature mostruose alle volte sono strane, però invece di venire digeriti e risucchiati nell'orrido stomaco, ritorniamo a respirare la fresca aria di tutti i giorni. Ma non è un lieto fine: non abbiamo compreso fino in fondo il peso, l'importanza, la gravità della cronaca. Anche i fatti di sangue più terrificanti, le stragi di Parigi, di Bruxelles, di Damasco o di Baghdad prima ci sfiorano, poi ci avvolgono e poi ci lasciano andare, perché tutto passa e va in questo veloce mondo contemporaneo. Maurizio Crosetti, cronista sportiva di "la Repubblica", nel suo Esercizi preparatori alla melodia del mondo uscito per Baldini&Castoldi ci dice invece, con uno stile asciutto e poetico che conquista, che "la cronaca è fatta di tanti piccoli gesti quotidiani, di esercizi preparatori: la cronaca non è mai un grande evento ma una somma di più piccoli". Solo un cronista poteva essere tanto spietato e generoso con la cronaca, materia che, sembra quasi pleonastico affermarlo, maneggia ogni giorno.
Il pianista è stato un ragazzo innamorato di una ragazza che suonava "il suo" strumento. La osservava per ore esercitarsi al Conservatorio. Le mani di lui strette intorno alla gelida inferriata del cancello, le mani di lei a muoversi su e giù per la tastiera. I due non si sono mai praticamente rivolti la parola, eppure, in qualche maniera, sono due esseri simili. Tuttavia il caso e la vita portano le strade del ragazzo e della ragazza ad allontanarsi inesorabilmente.
Da questo primo "non-incontro" si dipartono così due storie uguali e differenti. Il girovagare per tutto il mondo sulla bicicletta di un pianista che ha finito di prendere lezioni "perché ormai quanto potevi apprendere l'hai imparato, ora si tratta solo di tenerlo in esercizio" e gli esercizi, "da pulce ammaestrata", di una pianista molto dotata tecnicamente, forse troppo dotata tecnicamente che, un bel giorno (anzi un giorno e basta) decide di piantarla lì con gli studi al conservatorio. Il giorno scelto è quello d'esame davanti alla commissione. La ragazza non ce la fa e decide di non presentarsi.
Le due storie, l'abbiamo detto, sono uguali e diverse. Uguali perché entrambe sono fatte di viaggi e di divagazioni, anche musicali ma diverse perché diversi sono i modi in cui vengono effettuati. L'uno in solitaria, quello del ragazzo, l'altro in compagnia, quello della ragazza. La ragazza infatti, sempre per caso, conosce una sera un giovane marionettista, Luce, che, tra il serio e il faceto, la invita a viaggiare con lui.
Ne nasce così un viaggio assieme ma non di coppia. Ma qui Crosetti effettua uno scarto, si direbbe nel gergo ciclistico "uno scatto". Se per buona parte del libro il tono era stato trattenuto e asciutto ma non privo di venature poetiche ora il suo stile si innalza. Rimane certamente sempre misurato e sicuro di sé ma ora presenta, di tanto in tanto, dei vertici che lasciano il lettore a bocca aperta.
Luce l'aveva ascoltata senza dire niente, ma senza perdersi neppure una parola. La stava guardando ancora in quel modo nuovo, bello e senza spiegazione. E lei venne sorpresa da un pensiero strano, non cercato: Luce sarebbe stato un buon padre. Non gli sarebbero mai mancate le storie, quando la sera si fosse disteso nel letto insieme a un figlio o a una figlia per inventare trame buffe e tenere lontana la notte. I suoi bambini non avrebbero mai voluto che smettesse, rifiutando l'ultimo bacio per una storia in più. Gli avrebbero chiesto: e adesso come continua, cosa succede, dove vanno. Lo avrebbero fissato al buio, con gli occhi già pieni di sonno e la ferma volontà di resistervi - appena una bava di luce tra le imposte socchiuse, il riflesso del lampione sulla strada e il suono piccolissimo dell'acqua che scende dalla fontanella - e sorridendo tra gli sbadigli lo avrebbero implorato di non andare via. E lui sarebbe stato un padre innamorato e arreso, e stringendosi a loro avrebbe continuato l'invenzione e l'incanto, perché le storie non finiscono mai.
Questo spezzone, dall'evidente qualità letteraria, l'ha scritto Maurizio Crosetti, un cronista di sport. Questo per dire che non conta la materia e che un tiro a giro di Del Piero ha la stessa valenza di una sonata di Debussy o di una poesia di Ungaretti. La cosa che davvero conta è il modo con il quale si affrontano le cose. E se le cose si affrontano con un buon esercizio, come si può fare tramite la lettura di questo libro, beh le cose sono molto più semplici. E anche più belle.
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