Traduzione italiana di Alfredo Colitto
pp. 330
€ 17,00
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Ho partecipato a processi in cui ero stato io ad arrestare l'accusato, eppure a un certo punto volevo alzarmi e parlare in sua difesa.
Il detective Jack Laidlaw è sempre stato un uomo pieno di dubbi.
All'inizio di questo romanzo, però, lo troviamo immerso in una crisi
senza precedenti: che senso ha il suo lavoro? Cosa vuol dire
“giustizia” in un mondo in cui il crimine non è tanto
“personale” quanto “istituzionale”? Può un poliziotto che
crede che la Legge sia aliena alla vita dei poveri cristi continuare
a fare il suo mestiere? Se poi ci aggiungiamo che il peso degli anni
comincia a farsi sentire e che il suo carattere comincia a collidere
con quello di Jan, la donna con la quale ha legato dopo essersi separato
dalla moglie, il quadro è completo. A scatenare i più cupi pensieri di Jack è stata innanzitutto la morte di suo
fratello Scott, investito da un'auto in quello che sembra un normale
incidente ma che Laidlaw, devastato dal dolore, si rifiuta di
riconoscere come tale.
Ma la colpa, pensavo assurdamente, non era soltanto mia. In quello ero sempre stato generoso. Praticamente in tutti i casi sui quali avevo indagato, avevo voluto implicare il maggior numero possibile di persone, compreso me stesso. Il mio tribunale ideale avrebbe potuto ospitare tutta la popolazione del mondo. Avremmo tutti presentato la nostra testimonianza, avremmo raccontato le nostre storie tristi, poi ci sarebbe stato un proscioglimento di massa e saremmo andati via, liberi di riprovarci (ma non andate a raccontare al comandante della Squadra Omicidi che ho detto una cosa del genere).
Girovagando tra i paesini attorno a Glasgow (dove è ambientata
tutta la trilogia, che oltre a questo volume comprende Come cerchi
nell'acqua e Il caso
Tony Veitch) e Edimburgo, Jack
incontra i conoscenti del fratello, chi gli era vicino negli ultimi
giorni, alla ricerca di una risposta per una domanda che sembra non
averne nessuna. Un viaggio che lo porterà nel passato di Scott,
quando il fratello era giovane e condivideva casa con altri tre
studenti i cui destini tocca ora a Jack rintracciare, ma che lo
avvicinerà anche a piccoli spacciatori e boss locali che in qualche
oscura maniera hanno incrociato la vita di Scott.
Per puro caso Laidlaw sembra davvero trovare qualcosa di misterioso
sul fratello, che negli ultimi tempi pareva piombato in una crisi
profonda tanto quella del detective: eccessi rabbia insoliti per il
suo temperamento, un'amante ed una frase indecifrabile detta in una
delle ultime chiacchierate al pub, “L'uomo in giacca
verde è morto di nuovo”.
Si delinea così un poliziesco
particolare: non tanto un giallo metafisico alla Dürrenmatt,
quanto un'investigazione esistenziale, un'indagine sull'uccisione
dell'idealismo in cui il colpevole è la vita.
Ma se un delitto ha un
movente chiaro e un autore preciso la cui scoperta rassicura perché
si giunge ad una spiegazione esaustiva, l'esistenza di una persona è
invece terribilmente più complicata e nemmeno il più abile dei
detective può risolverla definitivamente. Se il noir è più
congeniale alla nostra contemporaneità rispetto al giallo proprio
perché non offre soluzioni facili né ci illude che si possa
restaurare un fantomatico ordine provvisoriamente rotto da un
omicidio, questo romanzo di McIlvanney mette in evidenza proprio il
rapporto tra la complessità del genere noir e la visione postmoderna
dell'esistenza, fatta di dubbi che possono (devono) essere indagati
ma mai sciolti.
L'autore scozzese, recentemente scomparso, si riconferma un grande della
letteratura, con la sua capacità di scolpire frasi memorabili che
vanno dritto al cuore della sua poetica sociale ed esistenzialista,
sofferta ma anche piena di umorismo, che dipinge un'umanità
affannata, i cui sforzi per la dignità
assumono i tratti di una bellezza malinconica. Nella sua prosa, ricca
di similitudini originali ed efficaci, le interiorità delle persone
sono luoghi abitabili, acquistano una dimensione spaziale,
accogliente o desolata, territori da scoprire o posti da riconoscere.
Il suo protagonista è un uomo fragile, che sbaglia ma che è anche
totalmente onesto con se stesso e che porterà avanti le proprie
ossessive convinzioni fino al punto di mettere in pericolo tutto il
resto. D'altronde la vita è proprio una questione di lealtà: ognuno
sceglie a cosa restare fedele, se agli ideali della gioventù o alle
piccole ipocrisie quotidiane delle quali ci serviamo per conservare
le apparenze dello status e della sicurezza che abbiamo raggiunto
sacrificando altri valori. Per quanto lo riguarda, Laidlaw ha deciso di onorare la verità e
di rispettare l'umanità che ci affanniamo così tanto a nascondere.
Nel ricordo Jack vede il
fratello minore simile a se stesso; ma se l'idealismo del detective
ha col tempo imparato “alcune regole di sopravvivenza”,
quello di Scott è rimasto “totalmente vulnerabile”.
E' l'altra faccia dell'idealismo determinato “che non
impara dall’esperienza” di
cui McIlvanney parlava ne Il caso Tony Veitch:
se nel secondo libro della trilogia esso veniva definito una delle
“porcherie principali della vita”
e se ne sottolineava il carattere astratto, che non riesce mai a
confrontarsi con la realtà e diventa quindi una fede assoluta e
fanatica, nel caso di Scott rappresenta sempre un'impasse ma dai
contorni più positivi: l'incapacità di convivere col mondo
derivante dal non volersi rassegnare alla sua meschinità. Pur
guardando il fratello con benevolenza proprio per questa sua indole,
Jack marca ancora una volta la sua differenza, stagliandosi come un
vero eroe tragico della modernità: come tutte le vere ricerche,
anche quella di Laidlaw lo condurrà infatti a scoprire qualcosa di sé, e
non sarà una piacevole rivelazione. La conoscenza può essere
insopportabile (si cita esplicitamente Edipo), la verità uno
specchio deformante. E' così per tutti i personaggi, perché
questo destino è comune ad ogni uomo. Alcuni fingono di
ignorarlo, altri si adeguano anche troppo facilmente. I migliori
ingaggiano una lotta senza fine. La sfida magnifica cui Jack Laidlaw
non si sottrae è proprio questa: in mezzo al dolore,
all'ingiustizia, all'insensatezza e alle tenebre dei nostri cuori,
provare comunque a vivere.
Nicola Campostori