L'appuntamento - nel corso dello splendido ScrittuRa Festival di Ravenna, diretto Matteo Cavezzali e giunto alla terza edizione - è in centro a Ravenna, in piazza Unità d'Italia. Elisabetta Sgarbi arriva un poco in ritardo. La segue
Eugenio Lio, un altro dei naviganti de La Nave di Teseo, la casa editrice
fondata appena sei mesi fa. Arriva quasi correndo, bellissima, passa di fianco
alla platea in attesa e ci saluta uno a uno con un “buonasera, scusate il
ritardo, c’era un incidente a Lodi”. Ci tiene a spiegare che in prima fila c’è
anche suo padre, novantenne autore esordiente per Skira. Ora sta scrivendo un
altro libro, il terzo. Sorride. “Pubblicarlo da noi...? No, non lo soffierei
mai all’editore Skira che per primo ha creduto in lui.” Essere
intellettualmente onesta le viene naturale, come respirare.
Ringrazia di nuovo il padre per essere venuto. Racconta che
il fine settimana trascorrono del tempo insieme. “Gli ho chiesto di venire a
Ravenna con me, altrimenti non ci saremmo potuti vedere, e lui ha accettato.” Ora
Ravenna, lo scorso weekend a Torino al Salone del Libro. “Torino è stata una
splendida esperienza. Avevamo un piccolo stand ma la gente si fermava e faceva
domande. È andato tutto bene anche dal punto di vista economico”, sguardo
complice con Eugenio. “Eugenio pensa sempre ai conti, e per fortuna. Sempre a
controllare quanto stiamo vendendo. È un vero editore.” Il pensiero va a
Umberto Eco. “Con lui avevamo deciso che Torino in qualche modo sarebbe stato
il nostro battesimo. Poi purtroppo ci ha lasciati, e anziché ad aprile abbiamo
iniziato le attività in febbraio.” Si dice un poco a disagio nel dover discutere
della casa editrice. “Parlare delle case editrici è un po’ autocelebrarsi e io
odio queste cose. Penso che non si debba parlare delle case editrici. È il
catalogo che deve parlare per loro.”
A novembre l’addio a Bompiani, mentre la Nave di Teseo è nata
a febbraio. Sono stati mesi duri. “Lasciare Bompiani è stato per me qualcosa di
davvero innaturale. Bompiani sono io, è il mio volto. Ero lì da 25 anni.
Inoltre proprio in quel periodo ho perso mia madre”, i suoi occhi si velano di
malinconia. “Non riesco a farmene una ragione”, racconta. “Tutte le domeniche
vado da lei e le leggo l’articolo di Vittorio che esce sul Giornale. Le
avevo tanto parlato del mio progetto della Nave di Teseo. Continuo a parlarle
così.” L’approdo in Bompiani Elisabetta lo fa dopo una laurea in farmacia, per compiacere
i genitori. “Già Vittorio studiava arte, ma mio padre era farmacista e ho
dovuto accontentarlo”. Non c’è alcun rimpianto, perché “poi l’amore per la letteratura
ha vinto”. In Bompiani inizia all’ufficio stampa, ma ammette che
il suo carattere schivo l’ha spinta al lavoro redazionale, dietro le quinte. Un
lavoro che è la sua vita, la sua passione. Poi nell’autunno dello scorso anno
la notizia: Mondadori acquisisce RCS. Un’assurdità dal sapore orwelliano. “Inizialmente
gli alti dirigenti negavano. In fondo il gruppo RCS stava a galla grazie alla
Bompiani, alla Rizzoli. E poi salta fuori che il principale concorrente –
quello con cui c’era da sfidarsi nelle aste letterarie per aggiudicarsi i
migliori autori internazionali – aveva deciso di comprarci. Ci siamo
confrontati con gli autori: sono loro il cuore di Bompiani. E sono stati
loro in qualche modo a decidere per noi. In fondo bisogna andare nella
direzione in cui si crede: ho seguito gli autori.” Tutto è nato dal confronto loro,
la merce pensante dell’editoria. “Eco ha detto subito ‘io non sono in vendita’
e così abbiamo capito dovevamo seguire lui e gli altri come lui. Poi anche Cunningham*
ha fatto sapere tramite il suo agente che avrebbe lasciato la Bompiani se io e
Eugenio fossimo andati via.” Perché in fondo l’editore è una persona che ama e
crede nei suoi autori, li coltiva e li fa conoscere al pubblico. “Cercano di
convincerti che la casa editrice è il marchio, ma non è vero. L’editore è e
sempre sarà una persona. Gli autori lo sanno. Lasciando Bompiani hanno scelto
le persone.” Ma cosa significa realmente per un autore di successo scindere un
contratto con il proprio editore?
“Lasciare una casa editrice per un autore con contratti
aperti significa abbandonare la propria storia nel vecchio editore. Si perdono
diritti. Ci sono di mezzo offerte, anticipi. In fondo sono gli autori i veri
eroi di questa storia. Umberto Eco è il più importante scrittore italiano del
mondo. Era in Bompiani da ben 52 anni, dove aveva esordito come editor. Insomma
non aveva alcun motivo economico per andarsene, anzi. Rivolgersi a un editore
concorrente avrebbe significato in qualche modo tradire la Bompiani, eppure Eco
sentiva che per rimanere fedele ai propri principi non avrebbe potuto rimanere.
La soluzione era una sola: fondare una nuova casa editrice.” Eco ci ha creduto
e ci ha investito anche economicamente, così come molti degli autori
pubblicati. Il CDA è composto anche da persone della società civile, convinti
che le idee abbiano un valore. “Sandro Veronesi, Edoardo Nesi e Perrone solo
per citarne alcuni. Quando c’è la qualità poi in qualche modo si riesce.
Bisogna lavorare sì a testa bassa, ma a cuore alto.”
Ma qual è l’idea dietro al nome La nave di Teseo? Spiega Eugenio
Lio: “Il nome l’ha scelto Eco. Nelle Vite Parallele di Plutarco si racconta della
nave di Teseo. Questa nave era spiaggiata ma i pezzi che si deterioravano venivano
via via sostituiti, e si finì per ricostruirla completamente. Questo diede vita
a un paradosso: la nave è sempre quella spiaggiata tempo prima o è diventata un'altra? Volevamo trasmettere questa idea di nuovo, siamo noi, ma la
Nave di Teseo non è un’altra Bompiani”.
Certo, la cultura si fa con le idee, ma spiega Eugenio Lio
che il libro è un prodotto dagli equilibri fragili. “Il libro ha pochissimo
margine di guadagno. Su un prezzo di copertina di 18 euro è già tanto se all’editore
ne arrivano 2. È un prodotto delicato in un’economia che non perdona: si
possono fallire al massimo un paio di titoli, altrimenti si chiude. I rischi ci
sono, eccome.” E la concorrenza è necessaria per un’economia in crisi come
quella dell’editoria. “Si pensi anche solo dal punto di vista del libraio. Gli
agenti vanno in libreria a proporre i libri e i librai ovviamente trattano per
uno sconto sul prezzo di copertina. Che trattativa c’è se il 40% del mercato è
occupato da un unico editore?”
Per far comprendere cosa sia davvero il mercato dei libri
Lio usa una metafora. “Il mercato dei libri è uno stagno, non un oceano
burrascoso. Noi in acqua gettiamo dei branzini, dei pesci di qualità. Ma cosa
accade se qualcuno libera uno squalo? La vita stessa dello stagno è a rischio,
è questo che molti editori non comprendono. Anche l’antitrust ora ha imposto a
Bompiani e Marsilio l’uscita forzata da RCS. Eco dunque aveva ragione.” Elisabetta
sorride: “Certo Eugenio, noi siamo branzini, ma ricorda che il branzino è un
pesce cannibale!”.
L’incontro volge al termine, faccio una domanda. Eugenio Lio
e Elisabetta Sgarbi hanno raccontato la storia di un trionfo, eppure ci sarà stata
qualche delusione. “Certo, moltissime,” risponde Elisabetta. “Abbiamo avuto
problemi di ogni tipo. Dal telefonino aziendale bloccato a piccoli disagi
logicistici. Ci sono state già delle stroncature, come per Smash**, da un
redattore oltretutto anonimo de Il sole 24 ore. Ma va bene così, fa tutto parte
del gioco. Certo umanamente molte persone mi hanno delusa: mio fratello è stato
male e niente, nemmeno una telefonata. Io sono di più del ruolo che ricoprivo
in Bompiani, sono una persona.” E che persona.
Manuela Cortesi
* Michael Cunningham, ora edito da La Nave di Teseo,
vincitore del Premio Pulitzer.
**Smash. Quindici racconti di tennis, La Nave di Teseo,
2016.
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