I
puntata
Anche quest’anno, per la terza edizione,
la primavera a Perugia arriva inoltrata con una delle manifestazioni culturali
più vivaci della stagione; dal 4 all’8 maggio infatti diversi ospiti del mondo
letterario ispanico si succederanno trattando temi che spaziano dalla
letteratura all’attualità.
Quest’anno però si delinea sin dall’inizio
come un anno particolare, non solo per il calendario fittissimo e i grandi nomi
che compaiono, ma soprattutto perché il 2016 è una data dai molteplici
significati. Quattrocentesimo anniversario della morte di Cervantes da un lato
e trentennale dalla data di inizio della guerra civile spagnola.
Proprio queste due chiavi di lettura –
passato remoto e passato recente – sembrano concentrare gran parte del
dibattito iniziale ed elevarsi a grande modello interpretativo.
Il primo evento – “Quando i libri
cambiavano il mondo” - con la presenza straordinaria di Arturo Pérez-Reverte
non ha fatto altro che sottolineare questa dicotomia. Presentando il suo nuovo
romanzo Due uomini buoni (pubblicato
in Italia da Rizzoli) ha da subito collocato la contemporaneità in un quadro di
immensa desolazione, angoscia scienza ritorno, dove la cultura ormai non è
altro che una vuota parola. E lo stesso tono viene mantenuto nel secondo
intervento – “Il mio Don Chisciotte” – dove Pérez-Reverte non fa altro che
accostarsi pensieroso al mondo in rovina che aveva disegnato Cervantes secoli
prima.
Siamo (e questo noi è riferito a chiunque ami la letteratura, non solo a chi ha partecipato
fisicamente), lì ad ascoltare la narrazione di un mondo che non crede più nei
libri, che non vede più la salvezza nella finzione; un mondo dove le storie non
ci portano più in realtà meravigliose nelle quali essere eroi (magari a lottare
irrazionalmente contro mulini a vento). Ascoltiamo con un sorriso ironico le
battute sulla politica che non ci tiene, sulla scuola che non insegna, ridiamo
con lo scrittore quando infila divertito qualche commento disperato alla “tanto
tutti dobbiamo morire”.
Eppure qualcosa non suona, c’è qualcosa
che non torna.
Perché in realtà questa situazione ci
ricorda proprio quanto si possa ancora ascoltare; quanto ancora la letteratura –
in questo caso quella spagnola – sia viva e vibrante. Non solo per il dato
oggettivo delle vendite editoriali o della grande fama, quanto per l’attenzione
che lui stesso pone al fattore polemico. Nel momento in cui vediamo l’indignazione,
a tratti molto accesa, verso un presente che non si condivide più, con l’indice
puntato fermo di fronte a sé, sentiamo che in fondo (anche se forse troppo
infondo per molti): se a qualcuno ancora importa allora, magari, c’è ancora
qualcosa da salvare.
Politica, letteratura, passato, presente,
si fondono in questi due momenti con apparente semplicità in una discussione
che illumina senza vergogna uno dei maggiori prosatori spagnoli del momento,
nello stesso contesto in cui si ricorda uno dei mostri sacri della storia del romanzo.
Come, nella sua lettura molto originale
del Chisciotte, solo noi popoli del sud europeo possiamo avere una chiara
prospettiva sul mondo cervantino perché comprendiamo cosa siano i soprusi, le
angherie… allora siamo ancora una volta spettatori privilegiati quando si parla
degli stessi temi nel 2016.
Alla fine poi, quasi a risollevare i
nostri animi affranti, il coordinatore, sorridendo verso Pérez-Reverte, ci
ricorda che l’autore è membro della Real Academia e uno degli inventori di
ZENDA, progetto online dove si pubblica e si discute di letteratura.
Ecco che anche il più cinico non può non
credere. È vero che l’attenzione è sempre minore, che gli studi sono sempre
scarsamente supportati e i fondi lasciano a desiderare; eppure qualcuno pronto
ad ascoltare sembra non mancare mai.