Foto di Barbara Merendoni |
In questa giornata di celebrazione della Mamma, il mio pensiero è affollato dalle tante figure di donne e non-madri che ho incontrato nelle letture degli ultimi tempi.
Sono loro che intendo celebrare in questa Festa importante,
quelle donne che si sono misurate con la spinta naturale alla maternità,
l’hanno soppesata, elaborata e, spesso per paura o impossibilità, l’hanno
dovuta accantonare.
La non maternità, soprattutto quando non è una scelta
sentita nel profondo ma una realtà imposta (dalla vita, dalla salute, dal
timore), è una condizione totalizzante, foriera di dubbi, incertezze e ardue
riflessioni.
Perché ogni donna, anche quando non concepisce, si misura con il proprio
spirito materno, una dimensione intima e profondissima che contribuisce a
determinarla.
È a tutte quelle donne non-madri (biologiche) che va oggi il
mio pensiero.
E la riflessione più intensa è quella suscitata dal
personaggio protagonista dell’ultimo capitolo di “Interruzioni”, il nuovo libro
di Camilla Ghedini, uscito pochi giorni fa per Giraldi Editore (qui, trovate la
recensione). Una donna, in cui molte di noi possono identificarsi, scrive una
lunga lettera a Giulia, la sua bambina immaginaria, la bambina che, forse, ha
portato in grembo per qualche giorno, prima che il desiderio sfumasse e la
quotidianità tornasse nella sua, tranquilla, carreggiata.
In questa lunga confessione, si intravede il senso di una
mancanza, la misura di un’assenza che pesa nel cuore di una donna moderna, una
di quelle che non si è mai soffermata a pensare di desiderare un figlio, di
aver bisogno di un bambino per avvicinarsi a un concetto di felicità che si è
sempre giudicato stantio, retrogrado.
«Accade spesso coi desideri, arrivano impetuosi, come tuoni, poi scompaiono e rimane il vuoto. Un vuoto grande, più grande di quello lasciato da un sogno, perché un sogno continui a rincorrerlo. È un obiettivo da raggiungere, appartiene al cuore e al cervello. Un desiderio invece è qualcosa che spesso non sai di avere e giunge all’improvviso, ti scuote dentro, creandosi un accesso tra un caos di paure, ansie, felicità.»
«Ma l’avrò sempre, Giulia? L’avrò sempre questa sensazione di incompiuto, d’attesa, di spreco? Ho voglia di concretizzare qualcosa. Vorrei te, ma forse non sono all’altezza. (…) Ma poi perché ti vorrei? Ancora oscillo tra la convinzione che volere un figlio sia il più grande atto di egoismo dell’essere umano e l’idea che sia un richiamo biologico, fisico, come quello degli animali.»
È in questa altalena, tra egoismo e richiamo biologico, tra
spinta naturale e rifiuto di un orizzonte “chiuso”, che spesso si dibattono le
donne.
Ed è a questa indecisione, profondamente femminile,
profondamente materna, che voglio dedicare la mia personale celebrazione della
Festa della Mamma.
Barbara Merendoni