di Gianni Mura
Feltrinelli, 2012
pp. 175
€ 14,00
Mura ricomincia da dove ci aveva lasciati con Giallo su giallo:
dal commissario Magrite e dal “giornalista” che è molto più che
un alter ego dell’autore; dal Tour e dal buon cibo. Tutto come
prima allora? Non esattamente, perché se personaggi e temi ricalcano
quelli del romanzo d’esordio e, soprattutto, se l’architrave è
ancora il cortocircuito tra realtà e finzione (portata a livelli
estremi: la prima avventura scritta dall’autore è citata
esplicitamente come prodotto librario, mentre Ischia è
dedicato a Carlo Pierelli, quel Carletto amico di Mura di cui si
parla nel romanzo), questo nuovo capitolo presenta un vistoso
cambiamento, ovvero la scelta della terza persona a narrare le
vicende; una presa di distanza, un passo che si muove da territori
pesantemente autobiografici verso lidi più letterari, tanto che il
citato “giornalista” si accomiata praticamente subito e lascia
spazio al commissario, vero centro del romanzo.
In questo episodio Magrite, “baffi alla Paolo Conte, occhi tra
il grigio e il verde, vagamente ironici, camminata da orso
addomesticato”, va ad Ischia: una vacanza-terapia per la sua
compagna, la giudice Michelle Lapierre. Come da tradizione di tutti i
detective letterari, non fa in tempo a sistemarsi che già arriva il
morto: un ragazzo rumeno, caduto in mare da una scogliera, forse
accidentalmente ma forse, anzi (e ovviamente) no. Una vacanza
sfortunata, quella dei protagonisti: in pochi giorni la coppia si troverà coinvolta in
diverse spiacevoli situazioni, compresi due delitti, che macchieranno
delle ferie altrimenti estremamente piacevoli. Decisivo
è l'incontro con Peppe (o’ Francese per i suoi trascorsi nella
terra del Tour), una vera e propria guida alternativa a Ischia, non
quella turistica ma quella vissuta, coi suoi scorci e i suoi anfratti
più nascosti che custodiscono ognuno una storia che vale la pena di
ascoltare, accompagnandola con del buon cibo e del buon vino. Il
fascino esotico dell'isola si fa complice della storia d’amore tra
Magrite e Michelle, cullati dal loro sentimento come due fidanzatini
in vacanza. Ma Ischia è minacciata dall’abusivismo e dall’incuria, da un turismo mordi e fuggi in
una terra che era per pochi ed è diventata per troppi. Mura cuce per
il suo commissario francese un’isola colma di bellezza e oscurità,
“un riassunto splendido e crudele” dell’Italia.
Presto arrivano i nomi dei colpevoli, tra i quali Rocco ‘o
Purp, il polpo, boss di una camorra tentacolare, leader nel traffico
di droga. L'indagine è praticamente assente: in questo libro non c’è
nulla da scoprire, quindi non è un giallo. Sarebbe dunque un noir,
se l’aspetto criminale fosse più centrale. Come definirlo allora?
Dovessi azzardare un’etichetta, userei “romanzo con delitti”.
Le pagine sono piene della cultura dei luoghi, tipica dei racconti
di Mura: ogni viaggio (giornalistico o romanzesco) è incontro con
persone e memorie, tradizioni culinarie e artistiche, vita; a volte
la mancanza di una trama forte si fa sentire, le situazioni narrate
rischiano d’esser solo occasioni per elencare le (comunque
interessanti) nozioni che Mura possiede e dar sfogo ai suoi pensieri, espressi con la consueta padronanza. Sintomatica di questo
pericolo è una tirata politica sull’Italia e sulla crisi,
condivisibile ma francamente esposta in maniera implausibile per
dover sembrare un dialogo tra persone reali.
Con questo romanzo, comunque, l'autore conferma la sua capacità
affabulatoria, ed è questo che conta. La prosa di Mura non stanca
mai e ci restituisce un sano piacere nei confronti della vita. I
toni, che per tutto il libro erano stati leggeri, si fan più foschi
nel finale. C’è solo da sperare che Ischia non sia, come
sembra, l'addio dello scrittore a Magrite, perché questo personaggio irregolare di romanzi altrettanto irregolari può ancora offrire
molto, se solo il suo autore volesse concedergli altre opportunità.
Nicola Campostori
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