“Non sono uno particolarmente
tosto, non sono un eroe, non ho mai voluto esserlo”: lo dice Riccardo Magris,
protagonista di “L’esatto contrario” di Giulio Perrone, primo romanzo
dell’editore romano. Giulio Perrone lo incontro un pomeriggio di primavera a Messina,
ed è una persona di quelle che ti scatta subito la simpatia – è alla mano,
autoironico, non si dà le pose che il suo mestiere in teoria giustificherebbe (lui
che ha scoperto talenti come Paolo di Paolo). Mi viene in mente Riccardo, mi
chiedo quanto di lui ci sia in quel personaggio, glielo chiedo. “Non è
autobiografico –Riccardo è scapolo, io ho famiglia e figli” dice “anzi,
addirittura in una prima versione del romanzo Riccardo era un personaggio più
tecnico, un addetto ai lavori, molto cerebrale e poco umano”. “E poi?”. “Poi
c’è stata una virata, quando il romanzo era ormai finito e pronto per essere
spedito all’editore. Quando mia moglie, editor, fuori dai denti e a romanzo
quasi in stampa mi ha detto: “non c’è la tua voce dentro”. E’ stato allora che
ho bloccato tutto, ho rimesso mano al manoscritto, ed è venuto fuori un
personaggio che incarna tante delle persone vere che mi circondano, tanti
amici, preari esistenziali”.
Perché Riccardo Magris è così:
trentacinque anni, professore alla Sapienza, amante incallito della Roma e
delle donne, cronista di un fogliaccio di cronaca, idiosincrasico verso regole,
imposizioni e responsabilità, eterno procrastinatore. Fino a quando non è la
vita a sbattergli contro, finché non viene a sapere dell’omicidio di un
professore, a sua volta implicato nell’omicidio, dieci anni prima, di una
studentessa nei bagni della facoltà, finché il nome della ragazza uccisa non ti
travolge come un tir: “La conoscevo” dirà Riccardo, dinnanzi alla foto di
Giulia, la vittima, in televisione.
E allora la vita tranquilla
diventa un alibi ingombrante, e allora quella morte come una bomba in mare
porta a galla ricordi che sulla carta diventano flashback che si inseguono,
quasi allucinazioni, volti e nomi di un passato sempre più presente, e tutti
assieme cominciano ad urlare: verità.
E’ così che il tranquillo
Riccardo si mette, finalmente, nei guai: con uno zio-supporter (Italone,
commercialista addentro a nomi e circostanze di una Roma opaca), una
caporedattrice, Dora, esempio del peggior giornalismo immorale e scandalistico,
due coinquilini strani e un magistrato che indaga sul caso, ansiogeno e
perturbante. Personaggi tutti che bucano la pagina, attori di un thriller di
quelli che giunto a metà ti metti ad andare avanti e indietro con le pagine,
dubitando di tutto e di tutti. E che sembra non vogliano esaurire, dopo la
parola fine, la loro esuberante voglia di stare in scena. Me ne accorgo, e giro
la domanda all’autore: “Già da tre quarti del romanzo ci sono porte che si
aprono e non sembrano richiudersi del tutto” dico “E quando questo accade,
solitamente l’autore ha in mente un sequel…”.
Giulio sorride. “Non hai visto
male. Riccardo Magris è già pronto a rimettersi nei guai, di nuovo, nelle
pagine del mio prossimo romanzo”
Eliana Camaioni
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